Supermarket

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6 Ottobre, 2015
JK

Al prof non erano piaciuti i miei disegni. Li aveva definiti stereotipati e senza nessuna intenzione di sentimenti. Erano spenti, privi di luce propria, simili a quelli di qualunque altro studente alle prime armi. Non erano quello che mi rappresentavano, e per questo ne era rimasto molto deluso. Ne ero rimasto molto deluso. Deluso perché era tutta colpa di Miki se non riuscivo più in nulla. Mi sentivo scarico. E inoltre ci si metteva la scuola, incominciata solo da qualche settimana. Non credo sarei andato lontano se avessi continuato ad avere quell'atteggiamento, ma il senso di colpa e la tristezza di aver perso un'occasione mi impedivano di affrontare la vita con l'entusiasmo tipico di un diciottenne. Perfino, adesso, mentre osservavo pizze, panini, focacce di ogni gusto, mi sentivo demoralizzato. Dovrei comprare qualcosa per il pranzo, soprattutto perché il mio stomaco brontola, ma proprio non mi decido poiché non faccio che pensare allo sguardo contrito del professore quando ha visto lo scempio che ho messo su tela. I pomodori che escono da una focaccia mi ricordano il rosso che ho usato per quel disegno che il prof ha ritenuto troppo convenzionale e la mozzarella leggermente bruciata sulla pizza mi ricordava le sfumature che avevo usato per un altro disegno che, invece, il prof aveva ritenuto falsamente anticonformista.

- Allora, cosa hai scelto? -

La voce della ragazza dietro al bancone mi rimbomba nella testa come la sveglia delle sei di mattina. Ritorno in me e le indico un pezzo di pizza qualunque sotto il suo sguardo per nulla amichevole. Aspetto giusto il tempo che mi consegni la pizza e poi mi dirigo alla cassa, contrariato. Oltre che brutta era anche stata odiosa.
Sono solo le dodici, eppure alla cassa c'era già una fila infinita. Mi posiziono quindi dietro una signora, sulla quarantina, lunghi capelli biondi ed un profumo così forte che mi inizia subito a girare la testa. Diamine, anche mia madre aveva quel vizio. Litri di profumo, per cosa? Ma soprattutto per chi? Tanto papà si era già fatto un'altra vita con quella sciaquetta della sua collega, di certo non aveva più fame di donne attempate come mia madre. Eppure lei sperava invano di riconquistarlo, di fargli tornare alla mente chissà quale ricordo del loro sfortunato amore. Era fuori di testa, ma senza di lei non sarei qui, con i soldi in tasca, per quel panino.
È quasi il mio turno finalmente, quando sento un tuffo al cuore e sono certo che abbia sgranato gli occhi: ma proprio non me lo aspettavo, dopo mesi, di rivederla proprio lì, nella fila opposta alla mia, leggermente più avanti di me. La coda alta, una camicia verde scozzese a coprirle quello che credo sia un top nero, e il viso serio. In una mano aveva una bottiglia di Coca-Cola e nell'altra del pane. Ogni tanto si guarda intorno, sembrava che non mi avesse visto fino a quando i suoi occhi non ricadono su di me. E mi manca il respiro quando il suo sguardo ferisce il mio orgoglio.

Key non mi aveva mai guardato con tanta altezzosità.

救い出すよ必ず// I'll Save uDove le storie prendono vita. Scoprilo ora