Fragmentum - Vanitas Vanitatum

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Se ora guardi allo specchio il tuo volto sereno,

non immagini certo quel che un giorno sarà della tua vanità.

(Vanità di vanità, Angelo Branduardi)

Isa fissò il proprio riflesso sull'acqua per alcuni secondi, dopodiché con un gesto repentino della mano scacciò quell'immagine e tornò nella camera. Goffamente si stese sul letto e lì restò per tutta la notte. Pianse a lungo e in silenzio, soffocando le mani nelle pieghe dell'ampio vestito, con rabbia e paura. Sentiva qualcosa nel suo ventre che pulsava, per venire alla luce.

"Ho paura di morire" si disse e continuò a singhiozzare.

«Che cos'è?» si chiese, guardando la superficie argentea che rifletteva la stanza e il letto sfatto.

Nessuno rispose. Era sola lì dentro e l'uomo che aveva incontrato alla cerimonia, scivolando nell'oscurità, era scomparso, poco dopo averle indicato la strada verso i piani superiori.

Allungò la mano verso quell'oggetto lucido e vide la propria pelle candida, riflessa. Si avvicinò ancora e si sporse oltre la cornice elaborata, quindi vide il proprio viso dolce che seguiva una linea sottile e ovale. Le labbra carnose e i denti, sotto di esse. Gli occhi chiari e capelli neri come la notte.

Scese con lo sguardò, studiando il collo esile, la scollatura e i seni prepotenti che si gonfiavano a ogni respiro. Inavvertitamente la mano scivolò sul ventre e risalì. E fu come se una forza invisibile la spingesse a toccarsi, a sentire le palpitazioni del proprio cuore. Il respiro accelerò e il volto divenne rosso. Isa si sentì avvampare, con le orecchie che fischiavano, la vista che si annebbiava e un brivido freddo che correva lungo la schiena.

«Vieni qui» disse una voce. «Vieni da me.»

Isa si spaventò e si guardò attorno. La stanza era deserta e la porta ancora chiusa.

«Isa, vieni da me» insisté la voce. Era un sibilo bramoso che la chiamava. «Io ti desidero. Tu sarai mia.»

Solo allora la ragazza tornò a guardare lo specchio. C'era un volto che emergeva dalle tenebre e Isa ebbe immediatamente l'impressione che lo sconosciuto della cerimonia fosse alle sue spalle, ma quando si voltò di scatto, non vide nessuno.

«Vieni qui» chiamò ancora la voce e il volto bellissimo tornò a mostrarsi sullo specchio.

Isa indietreggiò, ma non per paura. Si lasciò cadere sul letto e per poco non svenne, sentendo le parole di quell'uomo risuonarle nella mente. Poteva percepire le mani grandi e rudi correre sul suo corpo, sfilarle l'abito, accarezzarle il collo e poi le sue labbra, quelle labbra di fuoco che si univano alle sue e la lingua umida che penetrava nella bocca.

Poi lo sentì dentro di lei, sempre più forte e concupiscente. Aprì le gambe e lasciò che lo sconosciuto la amasse e si sfogasse perché ciò che sentiva era bellissimo, ma la paura le serrò lo stomaco quando lasciò cadere lo sguardo in tralice verso lo specchio e vide soltanto il proprio corpo nudo, guizzante di sudore e lussurioso.

Volle alzarsi, ma non ne ebbe la forza. Quel perverso gioco continuò finché Isa non sentì le lacrime solcarle gli occhi e infine svenne.

Quando si svegliò, era sola e il ventre le faceva male. Tra le gambe scendevano due rivoli di sangue e il lenzuolo era macchiato.

Rialzò gli occhi verso lo specchio e rivide il volto malvagio dello sconosciuto che svaniva nelle tenebre. Allora si maledisse per ciò che aveva fatto.

Continuando a guardare il ventre cresciuto e l'ombelico che sporgeva verso l'esterno, Isa non poteva fare altro che piangere e temere quel giorno che si stava avvicinando sempre più.

"Ho paura di morire" continuò a pensare.

E intanto il mostro che teneva dentro il proprio utero stava scalciando.

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