Stool

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23 Ottobre, 2015
Key

Anche quel venerdì sera avevo finito il mio turno al pub. Ero così stanca che non mi sentivo più le gambe, nemmeno quello sgabello accanto al bancone, su cui mi ero seduta, riusciva a darmi sollievo. Forse era mezzanotte passata, e nonostante questo c'era ancora qualcuno nel locale. Gli ultimi superstiti di un venerdì sera insignificante. Sulla trentina, avevano le occhiaie scure e brutte come quei sessantenni non ancora in pensione ma il tono acuto della loro voce e le loro risate accese erano più vive di quelle dei diciottenni. Speravo di arrivare anche io così fresca alla loro età, ma in quel momento l'unica cosa a cui aspiravo era il mio letto. Caldo, morbido, tremendamente comodo, il mio letto e basta. Invece, ero costretta ad aspettare che Linda finisse il turno in cucina così che saremo potute tornare a casa. Oltre che stanca, ero anche tesa quel venerdì. Non sentivo Joon da quel pomeriggio alle cinque, mi aveva detto che sarebbe andato a seguire un corso e poi a studiare in biblioteca con alcuni colleghi, ma era come scomparso. In realtà quella storia andava avanti da una settimana, esattamente da quando aveva cominciato anche lui l'università. Era così preso da quel mondo, che si dimenticava sempre più spesso di richiamarmi o di rispondere ai miei messaggi. Meritava tutto quello che gli stava accadendo, ero felice di far parte di quel momento della sua vita, ma questa distanza, questo suo sparire per ore, stava mettendo a rischio tutto quello che avevamo costruito, ma soprattutto quello che provavo per lui. Probabilmente avrei sempre amato Joon, anche se fossimo stati costretti a mettere una fine a quella nostra bellissima storia d'amore.
Ma l'amore non era solo quello.
Non era solo la consapevolezza di aver vissuto momenti felici e aver collezionato ricordi indimenticabili, non era solo il primo bacio o la prima volta, era ben altro. E più Joon si allontanava da me, più io dimenticavo di avere un fidanzato.
Sono ancora seduta su quello sgabello, ho lo sguardo puntato sulla nostra chat, mi aveva scritto come ultimo messaggio che mi amava e che gli mancavo sempre di più ma a rileggerlo mi rendevo conto che il suo era diventato quasi un gesto automatico. Intanto Linda ne avrà ancora per una mezz'ora, forse una birra non avrebbe stonato in quel momento un po' malinconico. Così chiedo ad Alfred, il barista, di scalarmene una dalla paga e di versarmi la più buona che avesse.

-Una Guinness, alla spina, da mezzo litro-

Subito dopo aver servito me, Alfred, passa una birra scura, irlandese, dal sapore così acre e pesante che ogni volta mi chiedevo chi fosse così coraggioso da berne anche più di un bicchiere, ad un ragazzo seduto poco distante da me. Mi volto solo perché sono curiosa di sapere chi sia questo cliente dell'ultimo minuto, e non capisco se sia la stanchezza o quello che ho riconosciuto è proprio T-Boy.
L'ultima volta che lo avevo visto era stato tre anni fa, al suo stesso processo.  Era più magro e aveva i capelli quasi biondi. Ora aveva capelli scuri, leggermente lunghi, ma non mancavano i suoi piercings e quello che era il suo segno distintivo: il tatuaggio di un serpente sul collo.
È appoggiato svogliatamente sul bancone, con la birra davanti, ogni tanto si guarda intorno come se volesse studiare l'ambiente ma stranamente non si è accorto di me. Di come siano già tre minuti che lo sto fissando con aria esterrefatta. Esterrefatta perché su di lui non smettavano mai di circolare voci.
Alla fine è un attimo ed anche lui si accorge della mia presenza. All'improvviso si raddrizza sullo sgabello e mi fissa costringendomi a distogliere lo sguardo, soprattutto perché Linda ha appena finito e mi sta chiamando.

Giuro di averlo visto sorridere.

救い出すよ必ず// I'll Save uDove le storie prendono vita. Scoprilo ora