E torno a casa in silenzio

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Nelle due settimane che seguirono, Steve riuscì ad ambientarsi e piano piano stava diventando sempre più abile nel suo lavoro. Aveva fatto amicizia con tutti quelli che lavoravano lì, ma aveva l'impressione che il suo capo non andasse pazzo per lui. Poco importava perchè si trovava davvero bene a lavorare con gli altri e, nonostante qualche cliente lamentoso, si divertiva a chiacchierare ai tavoli. Per i primi giorni era andato a lavoro ripetendo i nomi dei suoi colleghi, per evitare brutte figure ed era sempre attento a cosa diceva. In seguito, dopo averli conosciuti, si era lasciato andare e si stava facendo conoscere per chi realmente era.
Bucky era rimasto sulle sue un pò, parlava con Steve ma qualcosa gli diceva che era diverso dagli altri. Non era un amico, non lo stava percependo come un amico e le sue guance si coloravano quando doveva parlare con lui. Credeva fosse il ricordo dell'imbarazzante "primo giorno" ma non ne era convinto. Era stregato da quel ragazzo biondo, alto, così curato e sempre in ordine. Da quando lo aveva visto si era sentito a disagio, lui era completamente il suo opposto. Tutto in disordine, dentro e fuori. Il biondo era così ordinato, preciso e solo a guardarlo ci si poteva sentire inferiori. Ma Bucky si sentiva inferiore a tutti, quindi questo non contava come punto a favore di Steve. Il biondo interagiva abbastanza con Bucky, il moro ne era lusingato e cercava sempre di attirare la sua attenzione. Non voleva fare così eppure lo faceva, ogni volta, ogni singola volta che gli occhi del biondo si posavano su di lui. Il moro sapeva che quello che gli stava succedendo non avrebbe portato buone notizie, sapeva che era stato appena fregato e che non avrebbe potuto farci niente. Nonostante questo lui continuava a parlare con il biondo a cercare di avvicinarsi a lui, a farsi male. Nessuno doveva saperlo, non poteva permettersi di renderlo reale. Dirlo ad alta voce o scriverlo in un messaggio avrebbe messo un punto d'inizio alla sua tortura, l'inizio della fine. Stava tenendo per se qualsiasi cosa e il cuore iniziava a pesargli.
Quella sera, a fine turno, sarebbe dovuto andare a casa con la sua amica Natasha. Bucky la accompagnava sempre a casa sua, si preoccupava e a volte restava a dormire da lei. Quella era una di quelle sere. Solo che Steve, insistette per accompagnarli in macchina. Il moro aveva rifiutato e gli aveva detto che sarebbe potuto tornare a casa tranquillamente, ma l'altro insisteva. Alla fine era arrivata Nat ed era salita in macchina così Bucky fece lo stesso. Lui era seduto avanti, affianco al posto del guidatore. Si sentiva morire, sapeva di avere le guance rosse e sapeva che se qualche domanda gli fosse stata rivolta lui non avrebbe risposto. Stare vicino a Steve gli toglieva il fiato ma non doveva darlo a vedere, almeno non così tanto. Sentiva come sottofondo ai suoi pensieri i due colleghi chiacchierare. Non sapeva nemmeno cosa stavano dicendo, ma poco gli importava. Arrivarono a casa di Natasha poco dopo e il moro fu il primo a uscire dall'auto.

-Ciao, grazie del passaggio - gli disse e poi aprì la portiera all'amica che, prima di scendere, diede un bacio sulla guancia al biondo per salutarlo. In un attimo l'auto si allontanò e i due entrarono a casa.

- Okay, mi spieghi perchè gli hai dato un bacio sulla guancia? - rise Bucky.

- Perchè, non posso? - alzò le spalle la rossa.

- È stato strano, molto strano - le rispose.

-Strano? Ma scusa, lo faccio ogni volta con te, perchè con Steve è "strano"? Sei geloso - rise.

- In un certo senso - disse serio. Okay, lo stava davvero per fare. Stava per dirlo alla sua migliore amica.

- Che? - si girò verso di lui, con gli occhi sgranati.

- Prima che tu possa fraintendere: si, sono geloso di te ma...oddio, non ci credo che sto per dirlo - si fermò un attimo - Sono geloso di te perchè avrei voluto dargli io quel bacio - e il silenzio calò. Natasha rimase immobile per cinque secondi. Non capiva.

- Bucky, hai detto quello che ho sentito o me lo sto immaginando? - gli disse.

- Mi piace Steve - affermò lui.

- Ti piace Steve? - chiese lei.

- Si, mi piace Steve, l'ho appena detto-.

-Ti piace Steve! Oh mio Dio, non ci posso credere! Bucky che cosa farai? Gli dirai qualcosa? - iniziò a dare di matto. Letteralmente.

-Nat, Nat, fermati un attimo. Pensaci. Non posso andare da lui e dirgli "ciao, mi piaci". A lui piacciono le ragazze e anche se fosse non sarei il suo tipo. Non posso andare da lui e uscirmene a caso e tu, tu devi tenere la bocca chiusa. Niente battutine, niente urla, niente. Per favore. - la teneva ferma per le spalle e la scuoteva ad ogni frase.

-Va bene, bocca chiusa. Promesso - gli porse il mignolo e l'altro lo strinse. Era una specie di promessa, una di quelle che non si può spezzare. Lo avevano visto fare in un cartone animato e poi avevano iniziato ad imitarlo. "Artiglio artiglietto" e incrociavano i loro mignoli sigillando la promessa. Era una cosa stupida, ma ci tenevano e una promessa era una promessa.
Fu con quella promessa che dette inizio a un mare di eventi che lo avrebbero portato chissà dove.

Ti Dedico il SilenzioDonde viven las historias. Descúbrelo ahora