Capitolo 33

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Saliamo le scale e ci baciamo con foga. Non ci stacchiamo nemmeno un attimo, troppo vogliosi l'uno dell'altro, le mani che non smettono di tirare i capelli, i baci sul collo, le palpate sul sedere. È tutto così meraviglioso, ma questo momento viene interrotto da un rumore di un pianto. Ci stacchiamo e davanti la mia porta, seduto sul tappeto con gli occhi rigati dalle lacrime...Paolo.
Io e Paolo ci conosciamo da tantissimi anni, siamo praticamente cresciuti insieme. Nonostante le nostre profonde differenze caratteriali, siamo sempre rimasti uniti. Lui è il mio migliore amico, ci è stato nei momenti miei peggiori e io ci sono stato nei suoi, è stato il primo a sapere della mia omosessualità e io il primo a sapere della sua. E giuro di non averlo mai visto così.

"Oddio Paolo oddio! Che c'è?"
Mi abbasso per essere alla sua altezza e lo stringo forte. Lui continua a singhiozzare e stringe forte la mia maglia. Si aggrappa alle mie spalle.

"Entriamo dentro? Mario, aiutami a tirarlo su, è ubriaco fradicio"

-Aaaah ecco il famoso Mario! Mario non sai quanto ho sentito parlare di teeeee! Claudio ha sempre in bocca il tuo nome, per non dire altro!-

"Va bene Paolo, ora taci"

Mario si abbassa e mi aiuta. Senza che io gli dicessi nulla, ha capito che Paolo è una persona fondamentale della mia vita.

"Appoggiamolo sul divano. Paolo vuoi un po' d'acqua?"

-Noooo, voglio dormireeee-

"Sshh non urlare che sveglierai tutto il condominio. Ora dormi. E domani mattina parliamo, devi dirmi cosa hai combinato"

-Io non ho combinato niente, è tutta colpa di quel coglione di Alberto-

"Okay Paolo, stai delirando. Quando sarai lucido ne riparliamo"

-Buonanotte-

Mentre Mario si sta spogliando per mettersi il pigiama, lo abbraccio da dietro: "Mi sa che dobbiamo rimandare i nostri piani"

'Mi sa anche a me' e mi bacia sulla bocca.

Nel letto, solo io e lui, gli racconto di Paolo, delle nostre cazzate, dei nostri viaggi. Gli parlo del mio migliore amico e lui mi parla di quanto è felice che io lo abbia nella mia vita.

***
Il giorno seguente trovo Paolo intento a preparare caffè. Sa come muoversi in casa, abbiamo passato tante notti qui insieme, è come un po' come se ci abitasse. E mi fa sorridere la naturalezza con cui fa tutto, mi riporta alla mente dei ricordi bellissimi. Per me la nostra amicizia è fondamentale, io senza di lui non sarei riuscito a superare le situazioni negative che mi sono capitate. Paolo è stato, in quei momenti, la mia salvezza: mentre io tentavo in tutti i modi di affogare, lui mi raggiungeva, mi afferrava per un braccio per riportarmi in superficie ed io così tornavo a respirare. Non gli sarò mai grato abbastanza.
"Buongiorno Pà", gli dico con voce ancora assonnata.

-Buongiorno-, dice lui con la testa verso il pavimento.

Io non dico più niente. Semplicemente mi avvicino e lo abbraccio. Poche volte ho fatto nei suoi confronti determinati gesti, ma stare con Mario mi ha insegnato una nuova cosa: che bisogna sempre lasciar parlare il proprio cuore, che bisogna dimostrare con i fatti alle persone quanto contano per te, perché un momento ci sono e l'altro magari potrebbero non esserci più. Così almeno non si possono avere rimpianti.
Paolo si aggrappa a me con tutte le forze: non l'ho mai visto così debole.

"Paolo ti va di parlarmi?"

Fa cenno di si con il capo.

"Alberto mi continua a chiedere di te. Si può sapere cosa avete combinato?", e mentre gli rivolgo questa domanda ci spostiamo sul divano. Lui fissa un punto davanti a se.

Al tramonto noiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora