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Vecchie conoscenze e una lite da stadio
...
Poi però si voltò scostandosi i capelli biondi, lacrime rabbiose gli rigavano il volto:- Davvero non ti ricordi? Sono così cambiato?- disse fissandomi così intensamente da togliermi il respiro, poi continuò:- Eravamo più piccoli, tu vivevi ancora in Italia e...-. Mi abbracciò improvvisamente. Era solo un ragazzino quando ci eravamo conosciuti. Ecco dove avevo già visto quegli occhi, ecco perché lui si era fidato subito di me.
Trovavo comunque la cosa estremamente strana. Erano passati anni, da dove proveniva tutta quella fiducia? In quell'abbraccio mi sentivo a disagio, non ero più quella ragazzina e lui non era più il mio compagno di giochi. Nonostante tutto, era uno sconosciuto con un nome conosciuto.
Com'è strano il caso, ci eravamo scontrati a migliaia di chilometri dal nostro primo incontro, a migliaia di vite, e in quel momento, malgrado l'imbarazzo e la mia titubanza, eravamo insieme, più vicini che mai e più lontani di sempre. Riuscivo a sentire il suo bisogno di avere qualcuno accanto, la voglia di essere felice e di ricominciare. Lo spinsi leggermente e gli posai una mano sul viso, quasi accarezzandolo. Fu istintivo e scioccante allo stesso tempo: io volevo spazio, distanza, non calore umano!
Non ebbi il tempo di indugiare nei miei pensieri, Joseph capì tutto al contrario:-Ancora adesso ti prendi cura di me, sei e sarai sempre la mia piccola, quella che devo proteggere anche a costo..., anche a costo di tutto!-. Sorrisi, mi ricordava davvero quel ragazzino idiota che per far vedere a tutti che era il migliore si arrampicava sull'albero più alto, cadeva e con le ginocchia piene di terra e sangue correva da me per portarmi a casa perché "le bambine sono cattive e sola nel bosco con loro non puoi restare".
Non avevo mai capito perché si fosse affezionato così tanto a me, non avevo mai davvero fatto qualcosa di speciale per lui; avevamo tre anni di differenza eppure era sempre stato con me, non mi aveva mai lasciata per stare con i suoi coetanei e adesso era ricomparso e...
Cosa?? Stavo sorridendo allo psicopatico, gli stavo davvero sorridendo. Ava il tuo cervello è ufficialmente partito per le Hawaii, tornerà quando avrai smesso di sovraccaricarlo con cose inutili, quindi più o meno mai.
-Joseph, mi dispiace veramente tanto- cominciai sedendomi a gambe incrociate sulla poltrona -Non avevo capito fossi tu. Però non siamo gli stessi, come fai a fidarti di un ricordo? Cambia davvero qualcosa il fatto che ci conoscessimo da bambini?-.
Restammo in silenzio per un po', ognuno perso in chissà quali pensieri. Tutti i ricordi di quella che ormai sembrava un'altra vita si accavallavano e cercavano di farsi spazio. Joseph mi voltò le spalle, leggevo in quel gesto più di quanto mi concedevo lecito e cercai di reprimere quella sensazione. -Dov'è la tua giacca?- mi chiese visibilmente abbattuto. Gli indicai la sedia e lui velocemente recuperò quel pezzo di carta che aveva innescato la sua ira:-Non mi fido di un ricordo, mi fido di una promessa.- dichiarò solennemente.
Afferrai quell'offerta rimanendo completamente spiazzata.
Cara Ava,
la prossima volta che ci vedremo io avrò un castello enorme, pieno di alberi e di animali. So già che sarai tanto felice di incontrare tutti quegli animali e che verrai a stare con me, porta anche il tuo cane se vuoi. Insieme possiamo fare un mucchio di casette sugli alberi, possiamo invitare tutti quelli che vuoi, tranne i grandi che non ci lasciano mai fare niente di niente. Sono stato tanto felice di venire in Italia e di conoscerti, anche se sei ancora un po'piccola un giorno guiderai una nave fino a New York e ti mostrerò dove vendono tanto cioccolato, quello scuro che ti piace.
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Nevicava
MizahAva fugge, è quello che sa fare meglio. Quando le cose si complicano o non vanno come vuole, lei prende e scappa a gambe levate. E' quello che succede quando incontra Joseph, un ragazzo dall'aura misteriosa, attraente, ma indubbiamente pericolosa. S...