Vivevo solo con mio padre, mia madre morì a causa di un maleficio.
Mio papà era sempre solo, gli restavo solo io, ma probabilmente non gli bastavo come la mamma, avrebbe fatto di tutto per riaverla tra le braccia.
Vivendo in povertà un giorno andammo al mare e camminammo sulla spiaggia con i metal detector alla ricerca di qualche oggetto di valore.
Dopo un paio di cianfrusaglie estratte dal sottosuolo trovammo un cappello.
Ma non un cappello qualunque.
Era il cappello del Cappellaio Matto. Stupefacente quanto facilmente due mondi totalmente diversi possano comunicare fra loro.
Avevo letto moltissimi testi su quello straordinario cilindro, esso poteva ridarti tutto quello che ti era stato portato via, ma quel tutto aveva un prezzo. Il prezzo della magia naturalmente. La magia è un'arma a doppio taglio: con essa potresti ottenere la vita di qualcuno, ma per quella vita un'altra deve morire.
Il prezzo è caro, questo è noto a tutti, ma per una persona con gli occhi rivolti verso il passato, come mio padre, quel prezzo era a dir poco ragionevole. Doveva solo entrare nel cilindro e pronunciare il nome della mamma. Poi la mamma ne sarebbe uscita, e il buon vecchio padre ne sarebbe rimasto prigioniero all'interno.
O almeno questo era quello che pensavo.
Non avrei mai immaginato che mio padre avesse voluto buttare me dentro il cappello per vivere solo con la moglie.
Mio padre nella vita mi insegnò ad essere egoista e non furbo. Non avrei permesso che per rendere contento lui avrebbe negato a me la felicità.
Non ricordo tanto di quello successo poi...
So solo che mentre mi spinse all'interno fui abbastanza rapido da trascinarlo nel vuoto con me.
Ad attutire la caduta fu la vela di un enorme nave e poi cadetti sul pavimento sbattendo il capo. Non appena mi guardai intorno ancora confuso, vidi attorno a me una ciurma di pirati intenti ad osservarci.
Subito dopo il possente battello si sollevò dal suolo. Stavamo volando!
:- ma come è possibile?-: chiesi io a bocca aperta.
:- è la polvere di fata!-: esultò un marinaio accanto a me con addosso una camicia bianca, dei pantaloncini a righe blu e un paio di tondi occhiali che lo rendevano più goffo.
:- chi sei tu?-: chiedi curioso.
:- mi chiamo Spugna!-: rispose il giovanotto grattandosi la testa.
:- non credo ancora di essere riuscito a catturare Campanellino!-: continuò.
:- Campanellino?-:
Spugna mi indicò una minuscola creatura con un paio di alette sottili che producevano una strana polvere dorata.
:- povera fatina-: sussurrai io
:- stai tranquillo ragazzo, dopo la lasceremo libera. La sua polvere magica ci serve solo per riuscire a sollevare la nave per sfuggire alle sirene! -: disse Spugna.
Ero incredulo di ciò che mi stesse accadendo intorno.
La nave raggiunse un'altezza tale da toccare il cielo.
:-vedi quei punti laggiù?-: mi chiese Spugna indicando due stelle.
Annuii.
:- ecco, la seconda stella a destra è il nostro portale, poi dritto fino al mattino.-: spiegò il marinaio.
:- e dove porta questa strada?-: chiesi io.
:- Sull'Isola Che Non C'è ovviamente! E dove pensavi di andare altrimenti? -: rise lui.
:- Tieniti forte, per gli ultimi arrivati è difficile resistere al passaggio tra i due mondi...-: le parole di Spugna divennero sempre più sottili, fino a svanire nella mia mente e io sbattei di nuovo la testa sul pavimento.
Al mio risveglio assistetti alla scena di una dozzina di pirati che correvano da tutte le parti senza un piano preciso.
Non capivo.
:-Che succede?-: chiesi a Spugna.
:- Campanellino è scappata! La gabbietta è vuota! -: urlò in preda al panico.
Mi alzai da terra e camminai sulla poppa alla ricerca di mio padre.
Inutile dirvi che il tentativo risultò vano.
Il resto della storia potete immaginarlo già da voi : mio padre che a causa della sua irrefrenabile avarizia ed egoismo se ne scappò dalla nave con Campanellino verso il cuore dell'Isola che non c'è.
Visto che ora avete capito come finì l'inizio, riprendo a narrarvi il resto del racconto, o quel che ne rimane.