1. E' solo dolore

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Il dolore s'intensifica col tempo, si trasforma in odio, crudeltà, fino a crescere un assassino, distruttore della propria anima.

Inginocchiato davanti al corpo inerme del vecchio che lui stesso aveva pugnalato, coi vestiti imbrattati di sangue, Lawrence rideva, una risata folle con echi malvagi. Si guardò le mani, sporche di rosso, rosso del delitto che aveva commesso, il rosso del suo stesso sangue. Gli occhi erano illuminati da lampi di follia, il cuore  batteva all'impazzata mentre cercava in tutti i modi di calmare il respiro affannoso. Uno squarcio nel cuore, nella coscienza, provocato dalle urla dell'uomo che si ripetevano nella sua mente.

Ne aveva uccisi tanti, senza provare nulla, ma con lui era diverso ed era giusto che lo fosse.

Lui era suo padre.

Un padre che non aveva mai amato, che non l'aveva mai considerato, accecato dalla morte della moglie.

"Adesso la raggiungerai..." gli sussurrò teatralmente all'orecchio destro che ormai non sentiva più, con un sorriso perfido e instabile.

Prese uno straccio lì vicino e se lo passò sul viso. Di colpo si dipinse di macchie rosse e dell'odore del sangue.

Del profumo del sangue.

Se lo portò al naso e lo inspirò come s'inspirava l'aria fresca del mattino, il profumo dei fiori... Quello era sangue blu.

Un'altra stretta al cuore.

E' solo dolore, passerà.

E' da anni che si ripeteva questa frase, ma il dolore non era mai passato. Anzi, aumentava giorno dopo giorno, anno dopo anno, e invadeva la mente, il corpo, il cuore, i polmoni. Era come l'acqua di un mare nel quale annegava beatamente.

E' solo dolore, passerà.

Si ripetè, abituato a quella sensazione di freddo e brividi che gli percorrevano la spina dorsale. Era la notte che era fredda o le lacrime che aveva dentro di sè? Forse erano le lacrime gelide che custodiva avidamente nel corpo, non solo una goccia era caduta dai suoi occhi. Erano preziose, per lui, perchè sono state quelle a renderlo tanto sicuro di sè, ad aiutarlo a concludere qualcosa in quella sua misera vita.

Si rialzò e si passò lo straccio da una mano all'altra, pensando sul da farsi. Solo con quel movimento il freddo era sparito, non sentiva più nulla, se non una gran voglia di ridere. Trattenne la risata e lo ridusse ad un sorriso.

Alzò gli occhi al cielo, piegò la testa all'indietro e il raggio della luna gli illuminò direttamente il viso, insinuandosi negli occhi azzurri.

Nonostante l'espressione folle, era bello. I capelli blu notte, morbidi che cadevano ai lati, la pelle pallida, sporca di sangue, ma perfetta. Era bello e avrebbe potuto essere uno di quei ragazzi popolari sempre al centro dell'attenzione, con le ragazze che gli correvano dietro, sommerso di lettere d'amore, avrebbe potuto essere un ragazzo normale... Eppure, lui ha scelto questa strada ed era ormai troppo tardi per tornare indietro, non si poteva che andare avanti, passo dopo passo.

La verità? La verità era che lui non era popolare, non era amato da tutti e soprattutto non era così bello come lo era ora. Sono stati i delitti a renderlo tale. La vita normale annoia e la noia porta alla bruttezza, al degrado, alla vecchiaia e alla morte.

Abbassò lo sguardo e guardò disgustato il cadavere. Aveva ancora la bocca aperta per urlare, gli occhi spalancati per la sorpresa, le pupille spente lo guardavano atterriti, senza realmente vederlo. Un grosso buco era aperto al centro del petto, dove si era conficcato il pugnale, il sangue che traboccava ai lati, come il cratere di un vulcano in eruzione. Con uno strattone lo sollevò da terra e lo buttò in una cassa lì vicino. Gli gettò sopra lo straccio e senza curarsi nemmeno di chiudergli gli occhi o rivolgergli una preghiera, richiuse la cassa, con un tonfo assordante. I merli sul tetto lì vicino volarono via in un fruscio d'ali verso la notte, ma per il resto, nessun altro sembrò sentire il colpo.

Il ragazzo caricò la cassa e si avviò, ma... non era vero che nessuno s'era accorto del colpo...

Sarà un gatto...

*

Londra era una città morta di notte. Le case erano tutte silenziose e buie, i loro padroni che dormivano senza curarsi di nient'altro se non di sperare che il giorno dopo fosse il loro giorno fortunato.

Ma Lawrence sapeva che era solo una speranza vana, come una stella che continuava a brillare, ma che era impossibile da raggiungere. Era solo un sogno degli ingenui, ma lui invidiava gli ingenui.

Lui non era mai stato un'ingenuo, ragionava in un modo diverso dagli altri, riusciva ad arrivare facilmente al fondo delle cose, ma tutta questa intelligenza aveva un prezzo. Chi è intelligente è condannato al dolore della verità, a soffrire per cosa che gli altri non vedevano neanche.

Lo stesso raggio di luna che prima gli aveva illuminato il viso, ora si rispecchiava nelle acque calme del Tamigi, mosse solo da una leggera brezza. In lontananza gli ululati di qualche cane bastonato a rendere l'atmosfera ancora più cupa.

Appoggiò la cassa sul ponte di legno, senza grazia. Stiracchiò i muscoli indolenziti e la aprì. Un'odore di carne macerata quasi lo fece vomitare, ma c'era comunque quel profumo di sangue... a rendere il tutto più gradevole.

Cominciò a riempirlo di sassi, i più grandi e pesanti che trovò, così pesanti che schiacciavano completamente quel corpo senza vita, spremendolo del poco sangue che gli era rimasto.

Quando ebbe finito richiuse la cassa, curandosi stavolta di attaccarvi bene un lucchetto d'oro.

Il lucchetto con cui tu mi rinchidevi nella mia stanza.

Non indulgiò oltre e, con un calcio deciso, buttò il baule nel fiume. Il peso dei sassi in aggiunta a quello del cadavere lo fecero affondare subito, lasciando delle piccole striature sullo specchio d'acqua. Lawrence restò a guardale espandersi a cechio, finchè non sparirono.

Un'altra stretta al cuore, ma questa volta non gli fece nessun effetto.

E' solo dolore, passerà.

Passerà, passerà, passerà si ripetè in mente, fiero del suo lavoro, fiero di essere riuscito a compiere l'impresa più difficile che gli fosse mai stato richiesto.

Ora era libero, ma libero per fare cosa esattamente? Questo non lo sapeva, ma essere liberi era una bella sensazione, anche se.. Non era bella come se l'era immaginato quando veniva rinchiuso in gabbia.

Perchè, perchè volevo scappare? Perchè ho fatto questo?

Ma sapeva che era inutile indulgiare sul passato, dare voce ai sensi di colpa. Ora bisognava andare avanti, assaporare la propria libertà, anche se non sapeva di nulla.

Il cibo guadagnato con fatica non si spreca, bisogna ingoiarlo, fino all'ultimo boccone, anche se disgustoso.

Un'altra ombra apparì e sparì dietro il muro di un palazzo. La brezza messaggera della notte gli portò un'odore di fragola alle narici...

E' un gatto, solo un dannato gatto che ha mangiato qualche fragola.

Profumo di fragolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora