Prologo

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Ci fu un periodo nella mia vita in cui tutto andava bene, in cui non avevo preoccupazioni. Il periodo in cui ero giovane e spensierata, prima che le cose mi venissero spiegate. Cose come il genere, la religione e la sessualità. Cose come la paura, il rifiuto, la vergogna ed il rimorso. Ci fu un periodo in cui ero felice, perché nessuno mi aveva detto cos'era la felicità, perché nessuno mi aveva insegnato a non accettare gli altri. Ero spensierata perché non sapevo ancora che avrei odiato me stessa, e che non sarei stata in grado di accettarmi. Ogni giorno vorrei ritornare a quel periodo, quel periodo in cui non c'erano barriere. Il periodo in cui la vulnerabilità era reale e bellissima. Il periodo dove ero felicissima e dove gli latri erano felicissimi. Spesso, quando ascolto attentamente, mi sembra di sentire quel periodo chiamarmi a gran voce, perché sente la mia mancanza.
Però, sono pienamente consapevole del fatto che non sarò più in grado di ritornare in quel posto, perché dovrei andare indietro nel tempo. Magari, tornare al periodo in cui vivevo ancora a Cuba, ed il mio unico pensiero era quello di fare un viaggio a Disneyland.
I miei genitori non erano mai stati molto ricchi, ma a Cuba vivevamo con quel poco e niente che guadagnavano. Quindi, mi stupii quando mia madre mi disse di preparare le valigie perché saremo andate a Dinseyland, ma che purtroppo, papà non sarebbe potuto venire con noi. Inutile dire, che provavo pena per quel povero di mio padre che sarebbe rimasto lì, mentre io sarei andata a divertirmi.
Ci misi un po' a capire che non avrei visto il parco divertimenti, ma che la mia vita sarebbe cambiata per sempre. I miei genitori si erano trasferiti a Miami, per cercare di darmi un futuro migliore. Giunsi lì con uno zainetto di Winnie The Pooh, un quaderno e una penna, con il mio sogno di andare a Dinsey. In realtà, conobbi solo la vita. Mi resi conto che le cose sarebbero cambiate, partendo dalla lingua che avrei dovuto parlare. Mia madre non poteva permettersi un insegnante che mi desse lezioni prima che iniziassi la scuola, quindi imparai la lingua attraverso i cartoni animati.
Nel frattempo, mio padre ricevette il permesso per poter raggiungerci, e così, iniziò la nostra vita. Mia mamma era un architetto, ma pur di lavorare, terminò in un negozio di scarpe. Fu lì che incontrò delle donne, le due parlavano del loro fratello e del fatto che avesse bisogno di un aiuto per un nuovo edificio. Mia madre si buttò senza pensarci su due volte, ed ottenne un lavoro migliore. Mio padre aprì un piccolo negozio in proprio, che prese il mio nome e quello di mia sorella minore, Sofia (nacque cinque anni dopo il nostro trasferimento, quindi quando io avevo dodici anni).
Quindi, non sono una ragazza con dei problemi, con una famiglia assente, un padre abusivo, una madre drogata o ubriacona. Non avevo mai sofferto di bullismo, anche se ai bambini faceva sempre ridere il mio accento e si divertivano a copiarmi quando parlavano. Non sapevo cosa significasse avere paura di andare a scuola a causa di un bullo, o magari perché avevo conosciuto l'odio di un insegnante. Ero una ragazza come tutte le altre, con una vita come quella di tutti quanti. Tuttavia, fu proprio quando nacque Sofi che mi resi conto di essere diversa da tutti gli altri, per quanto diversa potessi essere.
Quando mia madre partorì, era notte fonda, quindi lei e papà decisero di non svegliarmi. La mattina successiva, aprii gli occhi e trovai una nostra vicina di casa seduta in cucina, che mi aveva preparato la colazione.
Mi disse che la mia sorellina sarebbe presto arrivata, e che dopo aver fatto colazione, mi avrebbe portato dai miei genitori, che le avevano chiesto di stare con me finché non mi fossi svegliata. La signora Davidson mi piaceva. Aveva una trentina di anni, con lunghi capelli neri e lisci, ed un paio di occhi color ambra. Era la mia vicina preferita, perché spesso era stata con me quando mamma e papà erano fuori a lavoro.
Lei non poteva avere figli, quindi apprezzava la mia compagnia e quella di sua nipote, che spesso le faceva visita. La sorella della signora Davidson era spesso fuori città, e allora la nipote giungeva dalla zia per stare in sua compagnia. Non chiedetemi del padre della ragazza, purtroppo non seppi mai cosa gli accadde.
Dopo aver fatto colazione, lei mi chiese la gentilezza di andare in casa sua, assicurarmi che la nipote si fosse vestita, in modo tale da darle uno strappo a scuola prima di portare me in ospedale.
Allora, feci come lei mi aveva detto. La nipote della signora Davidson, una giovane di sedici anni, con lunghi capelli castano scuro ed occhi azzurri (presi dal padre, immaginavo), era seduta in cucina con il suo cellulare tra le mani. Mandava un SMS a qualcuno, e sembrò non rendersi proprio conto della mia presenza. Mi schiarii la gola per rendere noto il fatto che io fossi lì. Lei si limitò a sorridermi ed alzare lo sguardo su di me.
<<Ciao, Mila>>, disse Taylor. Quando ci eravamo conosciute, mi aveva detto che "Camila" non le piaceva, quindi aveva inventato questo soprannome. Mi piaceva, perché nessuno l'aveva mai usato prima d'ora. Mia madre mi chiamava Kaki, mentre mio padre mi chiamava flaca, o mija. Mi faceva sentire speciale quando lo usava, sopratutto perché Taylor era una ragazza più grande di me, ed essere sua amica mi faceva sentire alla moda.
<<Ciao, Taylor>>, dissi, sorridendole gentilmente.
<<Ho sentito che sta per arrivare una piccola Cabello...come ti senti al riguardo?>>, domandò, posando il cellulare sul tavolo.
<<Non vedo l'ora di vedere Sofia>>, dissi. Era vero. Non ero gelosa, perché sapevo che la mia sorellina avrebbe avuto bisogno di un po' di più d'attenzione rispetto a me, ed ero disposta ad accettarlo.
<<Menomale. Quando arrivai io, mio fratello diede i numeri>>, disse lei. Il fratello di Taylor si chiamava Mark, ed aveva ventitré anni. Aveva l'aria di essere un pazzo scatenato, quindi non seppi come interpretare le sue parole.
<<Io non lo farò. Sono emozionata all'idea di essere una sorella maggiore>>, dissi, sorridendo allegramente.
Taylor si alzò dalla sedia, quindi mi venne incontro. Prese il mio volto tra le mani e mi sorrise, avvicinando troppo il suo corpo al mio. Strinsi le sopracciglia, guardandola confusa.
<<Sei sempre stata così carina e dolce...una specie di angioletto>>, disse lei.
<<Uhm...credo che dovremo andare. Tua zia ci aspetta>>, dissi, sentendomi stranita da quella conversazione. C'era qualcosa che non andava, lo sentivo.
<<Lascia che ti sveli un segreto: sarai sempre la mia preferita>>. Dopo aver detto quelle parole, le sue labbra si posarono sulle mie.
Mi irrigidii sul posto, sentendomi confusa e stranita. Non mi mossi nemmeno di un centimetro, quindi non provai ad allontanarmi o ad approfondire il bacio. Non sapevo come interpretare quel gesto, dato che in tutti i film che vedevo, c'erano sempre un uomo ed una donna a baciarsi e mai due ragazze.
Taylor si allontanò da me, poi sorrise di nuovo. Con il pollice, pulì il mio labbro inferiore, probabilmente perché mi aveva sporcata con il suo rossetto.
Da quel momento, nacquero così tante domande in me, domande a cui avevo bisogno di trovare delle risposte. E a chi potevo chiedere se non all'artefice che aveva dato inizio a questa confusione?
Parlammo, lei mi spiegò cos'era essere omosessuale, mi disse che lei non lo era, ma semplicemente che le andava di provare. Tuttavia, mi rivelò, che nel caso in cui io lo fossi stata, avrei incontrato tantissimi tipi di persone, che avevano idee diverse sul mio...caso, per così dire.
Iniziai a documentarmi, perché non sapevo molto dell'argomento. Iniziai a concentrarmi su me stessa, sul mio modo di essere e mi resi conto che mi piaceva guardare le ragazze. Mi piaceva immaginare me stessa con una donna, mi piaceva pensare a me che baciavo di nuovo Taylor o qualcun'altra. Storcevo il naso disgustata quando un ragazzo provava a parlarmi, perché avrei preferito di gran lunga che fosse una ragazza.
Ben presto, una cosa fu chiarissima: ero lesbica...
Ecco come inizia la mia storia, fatta principalmente di preoccupazioni, pensieri, problemi e paure. Anche se, proprio come ogni adolescente, anche io speravo di incontrare il grande amore.
Ci sarei riuscita? L'avrei scoperto solo col passare del tempo...

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