- Che ti ha detto la polizia? - le domandai una volta in macchina. Lei aveva già indagato su cosa avessi trovato nel reparto di radiologia (a parte Simon) ma io ero rimasta molto sul vago: avevo inventato un messaggio in codice che diceva di voler bene a tutti noi, la cui chiave di lettura era su un post-it lasciato alla reception che poi, per sua richiesta, avevo distrutto.
A mamma quella spiegazione sembrava bastare, per il momento; io poi avevo prontamente concentrato il discorso sulla sua telefonata, assistendo ad un cambiamento nella sua espressione.
Accese il motore, fece retromarcia e uscì dal parcheggio, poi mi rispose. - Ho chiamato per chiedere spiegazioni sul perché avessero prelevato la roba di papà senza avvertirci, e mi è stato risposto che, essendo un'operazione federale, non era tenuti a farlo. Ma dico, sono sua moglie!
- Sì esatto - la appoggiai, d'accordo con lei: anche se la procedura non prevedeva di mettere al corrente la famiglia, il loro lato umano avrebbe dovuto spingerli a farlo. Sempre che ne avessero uno.
- Ma perché sono stati i federali a prendere le sue cose?
Lei alzò le spalle, mettendo la freccia per svoltare a destra. - Siccome è stato ucciso dagli stessi che hanno rapito il presidente, il caso è stato affidato ai federali. A loro servono le sue cose per le indagini.
- Ai federali servono le cartelle cliniche e gli esiti degli interventi di papà... per indagare sulla sua morte? - Il mio tono di voce trasudava scetticismo, lo stesso che vidi comparire sul volto di mia madre.
- Cosa vuoi che ti dica? Anche a me sembra strano, ma non possiamo mica presentare una querela per le loro azioni. Sai com'è...
Risi di fronte alla sua espressione, e lei rise con me. - Ci rinchiudono e ci schedano come "pericolose terroriste: buttare via la chiave!"
Ridemmo ancora, ridemmo perché non potevamo fare altro, perché sapevamo che, purtroppo, era tutto vero.
- E il corpo di papà quando ce l'ho restituiscono? - domandai una volta tornata seria.
- Appena gli anatomopatologi finiscono le analisi, ma non avevano una data precisa.
Sospirò. - Non credevo fosse così sfiancante avere a che fare con il governo, i federali e quant'altro.
- Sono peggio di Jimmy quando aveva sei anni - mormorai, e mamma annuì con fervore. - Oh sì molto peggio! Almeno con Jimmy sapevo cosa fare, adesso sono loro ad avere il coltello dalla parte del manico.
- Ingigantiscono le cose, come nei film - ribattei scuotendo le spalle. - Ah e si credono dei in terra, per cui possono agire liberamente ed evitare ogni sanzione.
- Ad ogni modo ho chiesto loro se c'erano novità, e mi hanno assicurato che si sarebbero fatti vivi presto.
- Allora aspetterai un'altra settimana.
Sorrise. - Sì credo anch'io.
- E invece con Simon? - mi chiese, cambiando bruscamente discorso e cogliendomi alla sprovvista.
- Con Simon cosa? - Pregai di non essere arrossita.
- Non mi sembrava che voi due voleste essere solo amici prima - insinuò lei, rivelando la classica arguzia femminile.
- E a te andrebbe bene? - Sondai il terreno con cautela, sperando in un sì.
Mia madre si prese un momento prima di rispondere. - Eri radiosa quando sei arrivata assieme a lui, e dopo quello che hai passato voglio solo che tu ti riprenda, e che torni a sorridere.
Ok, non era proprio una risposta, ma eravamo sulla buona strada. Mi ritrovai a sorridere, ripensando a noi due in ospedale. - Quindi domani posso uscire con lui?
- Uscire? - ripeté lei come se il concetto le risultasse alieno.
Sospirai con finta esasperazione. - Sì mamma: uscire. Mi ha invitata a prendere un gelato e io ho proposto domani, ma voglio che tu mi dica che per te è ok se lo faccio.
Per qualche secondo nessuno parlò. Io fissavo lei e lei la strada; con il pensiero però era distante, lo si capiva dai suoi occhi vacui e dai gesti quasi meccanici che compiva per tornare a casa.
Il fatto che non avesse risposto subito di no era un buon segno ma, se mia madre rimuginava troppo, di solito optava per la cautela, perciò rimasi in attesa con il fiato sospeso come se stessi aspettando la battuta clue di una telenovela.
Piegò la testa di lato. Brutto segno. Quindi inspirò e...
- Va bene, puoi andare.
Prima che esplodessi dalla felicità mi avvisò: - Tieni il telefono sempre acceso e a portata di mano, mi raccomando. Se qualcosa non va mi chiami immediatamente.
- Ok - risposi, non credendo affatto che sarebbe stato necessario.
- E questo é uno. Due: mi dici dove vai e per quanto. Se per caso vi spostate o ritardi me lo fai sapere. Chiaro?
- Va bene mamma - la rassicurai. - Grazie.
Per tutta risposta, lei sorrise.
***
La casa era silenziosa, non un silenzio pesante, mortale, semplicemente un silenzio tranquillo, che permeava gli ambienti senza soffocarli.
Mamma era uscita per andare a prendere Jimmy e io, con un bicchiere di succo d'arancia, ero seduta davanti al computer in camera mia, aspettando che si collegasse al wi-fi di casa per poter accedere a Internet.
Forse ero solo paranoica, forse avevo preso un colpo di sole prima di entrare in ospedale, forse la perdita di una persona cara poteva avere come conseguenza la comparsa improvvisa di allucinazioni. Avevo vagliato ogni ipotesi e ne avevo prese in considerazione molte. Tutto questo per non ammettere che ciò che avevo visto nella stanza numero 13 fosse vero.
Quei raggi azzurri ormai stavano diventando un ossessione che non sarebbe sparita solo perché relegata in un angolo della mente. Volevo risposte, volevo certezze, volevo solo chiarire questa storia. In questo modo forse avrei anche capito perché papà mi aveva indirizzata lì: il vero motivo era un altro, oppure sapeva cosa avrei visto? E se lo sapeva, perché non spiegarmelo in qualche modo? E perché lui non mi aveva mai detto niente?
Bloccai tutte le domande quando aprii la home page di Google. Digitai "raggi azzurri per radiografie" e premetti Invio. Non so cosa mi aspettassi di trovare, e in effetti non trovai niente. Alcuni siti descrivevano i raggi X, usati per le radiografie, altri parlavano di medicina in generale, altri ancora illustravano la radiografia in sé tramite passaggi che già conoscevo.
Tornai indietro e provai con "colore raggi X", ma già i primi risultati spiegavano l'impossibilità dell'operazione di associarvi un colore in quanto onde di lunghezza inferiore a quella percepibile dall'uomo.
Con uno sbuffo tentai un'ultima volta; inserii la domanda "quali sono i raggi di colore azzurro?" e andai su Yahoo Answers, un sito di cui talvolta mi avvalevo per le ricerche a scuola.
Una ragazza aveva posto la mia stessa domanda e segnato come migliore risposta la prima, che comprendeva solo una frase. Una frase che mi fece rabbrividire.In quel momento il mio telefono vibrò, e sul display vidi che era arrivato un messaggio da un numero sconosciuto. Lo aprii e capii subito.
Ehi Lydia sono Simon. Per quel gelato possiamo fare domani alle quattro a quel famoso bar - gelateria in centro?
Scoccai un'occhiata al computer e rilessi la risposta alla domanda della ragazza. Volevo disperatamente parlarne con qualcuno, ma Simon lo conoscevo appena. Potevo fidarmi di lui?
Ciao Simon. Per me va bene, appena mia mamma torna glielo chiedo e ti confermo. Devo parlarti di alcune cose...
STAI LEGGENDO
What can you see? - Il progetto γ
Mystery / ThrillerE se coloro che hanno giurato di proteggervi... avessero anche giurato di uccidervi? Lydia Davis è così orgogliosa del padre, brillante primario di chirurgia di uno degli ospedali più all'avanguardia di Washington; una volta ha persino operato il p...