VITTORIA Pov
Finalmente sono pronta.
Indossare l'abito e i sandali, si è rilevato più difficile del previsto, forse perché la voglia di vedere quel pervertito è talmente inesistente, che ogni gesto era accompagnato da una lentezza unica.
Appena l'ho visto entrare nella mia stanza, ho sentito la testa vorticare dolorosamente, tutte le confessioni che mi aveva fatto quel pomeriggio, tornarono prepotentemente dinnanzi ai miei occhi e un forte dolore al petto comparve trafiggendomi. Se non l'avessi conosciuto, se avessi ignorato la sua identità, lo avrei definito un uomo attraente, aveva una bellezza matura, accompagnata dal tipico atteggiamento dell'uomo d'affari, capace e voglioso di ottenere tutto. Tuttavia non era un uomo qualunque, ma disturbato mentalmente, per questo motivo questa sera avrei tentato in tutti i modi di fuggire, questa volta per sempre.
"Fiorellino, mi lasci senza parole. Questa sera sarò l'uomo più invidiato del locale." Che schifo. Ma stava dicendo sul serio?
"Ah. Forse è meglio se andiamo." Devo stroncare immediatamente ogni suo tentativo di fare il melenso, altrimenti trattenere la bile diventerà sempre più difficile.
Subito dopo le mie parole, mi sento afferrare dal braccio e vedo la sua voglia di tenermi vicino a lui, sotto la sua guardia.
Lasciamo la residenza e ci dirigiamo verso Roma, la città dove quel depravato ha il cuore della sua azienda. Giungiamo in un locale distinto, dove per entrare ed avere un tavolo bisogna vendersi un organo al mercato nero.
"Sai qui abbiamo avuto il primo appuntamento io e tua madre. Già quella sera capii che mi apparteneva."
"Sicuro, è stata la sera che l'hai violentata e poco dopo fu incinta di me, giusto?" Mi sento così oltraggiata da questo essere che non sono riuscita a trattenere le mie parole.
"Non mi sembra questo il luogo fiorellino, non ti permettere mai più. Comunque hai detto una cosa che non mi piace, stasera volevo lasciarti stare, ma penso che ti punirò, non sto nella pelle."
"Mi stai punendo semplicemente lasciandomi allo stesso tavolo con te, l'unico posto in cui potrei avvicinarmi a te è un cimitero, con metri di terra a dividerci. Ah se non ti fosse chiaro quello nella bara sei tu." Gli sputo con odio quelle parole, mentre vedo frenesia negli occhi del bastardo, tutto ciò che gli sto dicendo sta accrescendo la sua voglia di farmela pagare.
Mi afferra la mano e approfittando del poco spazio che ci divide a tavola e del luogo appartato in cui ci troviamo, la posa con urgenza sul cavallo dei suoi pantaloni. Voglio commettere un omicidio. Il disgusto che sto provando mi fa male, sento che sto per andare in iperventilazione, quanto vorrei che tutto finisse, chiudo gli occhi, bruciano per quelle lacrime che vorrei versare, ma che per orgoglio trattengo e immagino quegli occhi nocciola, caldi come quell'abbraccio di otto anni fa che ancora sogno e voglio.
"Signori, volete ordinare?" Una voce cortese mi sta salvando. Mi faccio coraggio e apro gli occhi ed ecco che in iperventilazione ci vado davvero. Quello sguardo che un minuto prima stavo sognando, ora è rivolto a me ma in realtà non mi sta vedendo. Riconosco subito in lui quel ragazzo dolce che mi aiutò, quando scappai di casa.
"Ragazzo, la prossima volta se abbiamo bisogno di lei, la chiamiamo noi, non vogliamo essere disturbati. Dato che il danno è fatto, ordiniamo."
Mentre l'essere procede con l'ordinazione per entrambi, come suo solito decide per tutti; io non riesco a far a meno di notare come sia cambiato con gli anni. La me bambina lo ricorda slanciato e con un fisico asciutto, viso pulito, da bravo ragazzo. Adesso invece vedo un uomo di ventinove anni, con un fisico allenato e prestante, non più ragazzo.
Intravedo un tatuaggio spuntare dal suo collo, nonostante abbia tentato di nasconderlo con il colletto della camicia della divisa, chissà quanti ne avrà sparsi sul suo corpo.
Ha il buco all'orecchio, anche se non porta l'orecchino, nonostante il cambiamento fisico appaia lampante, avverto che il mutamento più profondo l'ha subito la sua anima.
Non avverto più quel calore che avevo sentito la prima volta che ci eravamo incontrati. Ha lo sguardo vacuo. Appena finisco questa considerazione, mi guarda.
Sento una voragine nel petto, qualcosa sta pulsando non solo lì, ma in tutto il mio corpo, lo sento in ogni fibra del mio essere.
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Τύχη: quando la fortuna non basta.
RomancePer alcuni di noi la vita sembra possedere binari già stabiliti, percorsi già tracciati e per quanto si voglia cambiare rotta, c'è quel qualcosa o qualcuno che proprio non lo permette. Per alcune persone, tutto ciò può rivelarsi positivo, ma per alt...