30 Novembre, 2015
T-Boy
Nelle orecchie avevo come un ronzio, un caldo afoso mi seccava la gola, il sudore mi grondava dalla fronte e si appiccicava per tutto il corpo.
Non avevo idea di cosa mi stesse succedendo, non avevo assunto droghe, e non fumavo da due giorni, ma soprattutto non riuscivo a capire dove mi stessero portando. A stento riuscivo a mettere a fuoco le due persone che mi stavano trascinando lungo l'asfalto che avevo sotto i piedi, unica cosa che riuscivo a vedere.
È dentro un auto che mi avevano messo, e iniziavo a temere che mi avessero fatto qualcosa e che qualcuno volesse prendersela con me.
Ma non ho forze, non riesco a muovere un muscolo, sono troppo stanco, troppo debole e ho la nausea.
La portiera sbatte tre volte prima che l'auto parta. Il brusio di una conversazione, per me poco comprensibile, mi aiuta a capire che ci sono due persone con me. Un uomo ed una donna. Sento la voce di quest'ultima più vicina.-Mamma-
Non so come mi sia venuto fuori, forse sto delirando, forse mi hanno drogato ma quella sembra proprio la voce di mia madre. Tendo una mano perché voglio capire se è davvero lei e qualcuno me l'afferra -Ti stiamo portando a casa, Tim- è una voce così dolce, rassicurante che non smetto di stringere la sua mano. Forse non è mia madre, non lo so chi sia, ma mi sento meglio. Mi sento al sicuro.
Alla mente ho il ricordo del cortile di casa mia, stringo quella mano e mi lascio andare alla stanchezza. Tanti pensieri, sogni, mi si affollano in testa ma proprio quel ricordo rimbomba come una canzone. Quello in cui mamma era scesa per cercarmi, poiché come al solito non tornavo a casa da giorni. Non avevo neanche sedici anni e fu la prima volta che la vidi davvero piangere. Non avevo mai capito cosa girasse nella testa di quella donna, a parte le bottiglie di alcol che si ostinava a tenere sul piano della cucina e le litigate con mia sorella, di lei non avevo mai saputo nulla. Questo mi aveva fatto male. Era morta e con lei le risposte alle innumerevoli cose che avrei voluto sapere della sua vita.
Ora, anche, mio padre rischiava di non svegliarsi più ed io potevo solo sperare che infondo sapesse quanto gli volessi bene.-Tim, come ti senti?- alle orecchie mi arriva di nuovo il suono di quella voce dolce e penso che, a parte mia madre, nessun altro si era mai rivolto a me in quel modo. In realtà non so come mi sento, sicuramente non provo più caldo, e credo di essere sdraiato in un letto. Le lenzuola sono così fresche che mi sento meglio.
-Acqua- quello che riesco a dire prima di sentire un peso enorme sulle palpebre.
Non so quanto tempo abbia dormito, ma quando apro gli occhi sono nella mia stanza. Non ho molti ricordi di quello che è successo e soprattutto del perché non sia accanto a mio padre. La t-shirt che indosso è bagnata, sento appiccicato sulla schiena, sull'addome e sulle spalle, il sudore. La testa mi gira ancora, ma finalmente riesco a mettere a fuoco ogni cosa intorno. Quasi mi si ferma il cuore per un instante quando i miei occhi si posano sull'esile figura adagiata alla poltrona accanto alla finestra, quella dove ero solito buttare i miei vestiti. Non ho idea del perché Key stia dormendoci sopra.
Mi volto verso il comodino, per fortuna il mio telefono è lì, quasi scarico, sono le dieci di sera.Key continua a dormire, la osservo per qualche istante: deve essere davvero stanca per riuscire a dormire in quella posizione e sulla quella poltrona malridotta.Però mi piace come le sue labbra siano leggermente aperte.
-Ehi- la provo, tuttavia a svegliare, ritornando subito in me -Bella addormentata- la chiamo di nuovo, ma non accenna a svegliarsi. Accanto a me ho un cuscino, glielo lancio addosso cercando di non farle male. Key sussulta e apre gli occhi cercando di capire cosa sia successo, poi quando si accorge di come la sto fissand, si raddrizza e si passa una mano nei capelli come per aggiustarseli -Sei sveglio- certo che lo ero.
Alzo gli occhi al cielo -Cosa è successo?- le chiedo senza perdere altro tempo -È ovvio, ti sei sentito male Tim- che fastidio, quel suo modo confidenziale di rivolgermi la parola -Sì, va bene, ma perché tu sei qui e per giunta nella mia stanza?- la guardo male, nonostante mi senta ancora debole non posso fare a meno della mia diffidenza -Stavi molto male, non ti avrei mai lasciato da solo- è così sincera che sento lo stomaco bruciare.Mi guarda davvero preoccupata, e forse sono un po' colpito.
-Hai fame?- mi chiede approfittando di quel momento di silenzio. Scuoto la testa -Ho bisogno di una doccia- le dico mentre mi metto a sedere e cerco di alzarmi. Come mi alzo inizio a traballare e Key è subito accanto a me, mi afferra il braccio e sento una scossa -Lasciami- le dico di getto, non amo che la gente mi tocchi, non voglio che lei mi tocchi.
-Non ti reggi in piedi- questa volta si rivolge con tono deciso -Fatti aiutare per una volta- aggiunge poi, con stizza. Vorrei urlare, ma mi rendo conto che sono troppo debole ed ho ancora la nausea. Okay, mi farò aiutare. Anzi mi divertirò un po'.-Apri quel cassetto- le ordino, dopo essermi seduto di nuovo sul letto. È così intenzionata a volermi aiutare che non si accorge neanche del tono che ho usato, infatti si dirige verso la mia cassettiera e apre il primo cassetto -Cosa dev...- si blocca all'improvviso e si gira verso di me con aria quasi schifata.
-Non volevi aiutarmi?- le riservo un sorriso sornione, giusto per infastidirla, e lei mi risponde gettandomi un paio di boxer con tutt'altro che gentilezza.Dopo circa una mezz'ora mi sento come rinato. Non tornavo a casa da quasi quattro giorni, non avevo mangiato nulla e sopravvivevo con quelle schifezze del distributore. L'unica cosa di decente che avevo mangiato era stata una pizza, l'aveva comprata Seo. Avevo accettato di mangiarla solo perché lo stomaco mi faceva male, ma avrei fatto benissimo a meno di tutta quella sua falsa gentilezza. Mi aveva ignorato per anni, poteva continuarlo a fare.
-Tieni- sono di nuovo sdraiato sul mio letto, sperando che Key se ne andasse da casa mia, ma invece eccola che entra nella mia stanza con quel vasoio in mano -Non c'era granché nel frigo, ma ho cercato di fare il possibile- mi piazza davanti quello che è un piatto di pasta in bianco. Odiavo la pasta in bianco, ma ho fame e per tanto ho bisogno di forze per cacciare quella scocciatrice di casa.
-Questa casa fa davvero schifo, comunque- Key si risiede sulla mia poltrona mentre fa quell'affermazione -Dovresti darle una pulita ogni tanto, sai- non so cosa ci trovi di divertente in quella critica che mi sta facendo, ma non l'ascolto, voglio solo che se ne vada.-Torna a casa- le dico.
-Posso rimanere fino a domani- non so se me lo stia dicendo con tono provocatorio o è seria, fatto sta che non sopporto questo suo atteggiamento strafottente -Vattene- le intimo guardandola male. Non mi da retta, non mi prende neanche sul serio, anzi si sistema meglio sulla poltrona.
-Tim, smettila- mi risponde scocciata -Resterò qui fino a domani, la febbre non ti è ancora scesa, non voglio che tu sia solo semmai dovessi sentirti male--Cosa t'importa di me, adesso?- sono serio, davvero. Io e Key non avevamo mai condiviso neanche lo spazio di un respiro. Lei mi aveva odiato dal primo istante in cui ci eravamo guardati. Io le avevo causato solo problemi, lei non aveva fatto altro che darmi motivi per crearglieli.
-Non ho bisogno di te, non mi interessa il tuo aiuto, faresti meglio ad andartene- forse sono stato cattivo, ma io sono così. Ho sempre parlato senza pesare le parole e non mi è mai importato nulla delle conseguenze.Key mi guarda soltanto, sul viso un aria dispiaciuta quasi imbarazzata. Credo si senta di troppo. Alla fine si alza in piedi e punta lo sguardo nei miei occhi -Hai ragione, T-Boy- l'ultima cosa che mi dice.
Per la prima volta in vita mia odio profondamente quel soprannome.
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救い出すよ必ず// I'll Save u
FanfictionBOY IN LUV SERIES // Second Act Sono passati tre anni dagli ultimi avvenimenti, Key ormai è all'università: viaggia tra la città in cui vive da sempre alla città in cui cerca di crearsi un futuro. La sua vita è molto diversa da quando frequentava i...