Kaos

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Lo schiocco delle falangi sulle tue vellutate membra, diafane e marchiate dal cremisi rossore delle unghie pallide e pellicine angustiate, profanò la seta lustre e solo come un morto conosce il modo, le tue spoglia caddero arrendevoli, cedevoli così che malleai ogni palmo delle tue carni, le ghermii dai tuoi fianchi sino all'abbindolare i tuoi polsi magri, ingabbiandoli con dorso al materasso, e reclamando vittoria, maciullai di morsi il tuo collo e ti proclamai di mia proprietà.

Ti vincolai al di sotto di me mentreché frustrato mugulavi, innappagato dalla tua immobilità, dall'essere intrappolato dalla porzione di corpo cogente alla fermezza del tuo ventre, all'assoggezione della mia morsa e gemevi e ringhiavi e digrignavi sino che impersonai un animale e ti abbaiai di tacere; stavo degustando il profumo che la tua carne mi offriva.
Ti divorai con l'ira di un cane rabbioso.

Le tue iridi dilatate languidamente seguivano le movenze delle mie labbra e, dal gongolare giulivo, ti proibii di appagare le tue voglie, posi distanza tra i nostri volti, ghignai e le mie gemelle furono umettate e posate sul tuo orecchio, sussurrato di perversione, umettato anch'esso di piacere carnale, sgranando gli occhi, e la bocca ammaliata gemette ed emise un sospiro malamente trattenuto.
Bramavo di ridurti a pezzi e infuocare anche quelli, ero in quella pena a conseguenza tua.

Nel momento di libertà vigilata dei tuoi polsi sottomessi e macchiati dai lividi delle mie falangi, consentii al mio capo di vagare sino alla tua nudità.
Con affanno, implorasti con lo sguardo, ma non era bastevole, desideravo farti percepire la mia presenza sino alle ossa, allo giungere dell'ultima percussione del tuo organo.
Le tue purpuree unghie curate graffiano la mia schiena di denso liquido vermiglio, impazienza e arrossamenti, afferravano i capelli corvini, tirandoli, nel tentativo di giostrarmi a piacimento di quelle, ma eri impotente, fragile, malleabile nei miei palmi e nelle mie volontà, procurandoti più patimento di quanto già ne risentissi, con le dita tracciai percorsi lascivi, agonizzanti e irreali al di sopra della tua pelle d'oca e tremori.
Respirai sulla tua nudità e mi concedesti un sospiro.
Gemesti il mio nome.

Oppresso, voltasti lo sguardo cupo sul mio viso per scorgere una timidezza, increspai lievemente le labbra in un lamento del quale non ti fu concessa la vista, con la mascherina a far da schermo, le palpebre pesanti e i polmoni rasi di spiro.
Ridacchiai amaramente e dischiusi gli occhi vispi per deliziarmi sino all'ultimo battito del tuo viso dormiente, cadaverico e martoriato e le guance non più paffute.
Vagheggiai e baciai la polvere.

Domandare per qualsiasi dubbio.
(giuro che questa è la volta definitiva lol)

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