[Holland St., 7:30 a.m.- Casa Styles]
Quella mattina la pioggia batteva sulle finestre dell'appartamento di Harry molto più bruscamente del solito, e quest'ultime, non essendo ancora state riparate, facevano filtrare una gran quantità d'acqua, che sgocciolava dal davanzale al pavimento. Nella sua mente era ancora fresca l'immagine del ragazzo misterioso visto sul giornale: chi era? Perché Harry non ne sapeva niente? Era sempre aggiornato: su tutto. Il suo IPhone vibrava costantemente, mostrando sulla schermata principale diverse notizie dell'ultim'ora, ma sul quel ragazzo ancora nulla. Moriva dalla voglia di sapere cosa stava succedendo e il motivo per il quale lui non ne era a conoscenza.
Era uscito abbastanza presto di casa, ed aveva lasciato il suo conquilino Aaron ad occuparsi delle pulizie casalinghe, mentre girava la città per svolgere delle commissioni di lavoro: era passato in ufficio tre volte ed aveva perso il conto delle telefonate che aveva svolto con i suoi diversi clienti. Quella sera ci sarebbe stato il primo incontro con la sua assistita ed Harry non poteva essere più nervoso. Continuava a ripensare alle parole del suo capo: "Parliamo di un grosso affare Harry, conto su di te."
La ragazza che avrebbe incontrato da lì a poche ore era figlia di un multimiliardario, Timothy John Leigh Bell, proprietario di aziende presenti in tutto il mondo; se il caso fosse andato a buon fine, la Dixons Enterpise avrebbe raggiunto le stelle sul mercato internazionale.---
[Central Criminal Court, 6:26 p.m.]Si fecero presto le 6 del pomeriggio e il giovane prese la metro nel quartiere di Kensington per raggiungere il tribunale. Quei tre quarti d'ora furono scanditi dallo sferrare del treno e dai diversi chiacchiericci delle persone. Il ragazzo tremava dalla voglia di mettersi al lavoro, anche se la costante paura di fallire era sempre al suo fianco.
Salì velocemente le scale dell'edificio e si diresse in perfetto orario nel piccolo ufficio dove avrebbe atteso la donna. Lo stomaco di Harry si contorse non appena realizzò di star per incontrare la persona che avrebbe definito il futuro dell'azienda nel quale il ragazzo lavorava.
"Prego."
Annunciò dopo aver sentito bussare contro la vecchia porta di legno del cubicolo."Non ne voglio sapere niente, adesso vai lì e vinci questa cosa perché io voglio i miei soldi."
Una giovane donna sulla trentina entrò, facendo schioccare i tacchi contro il marmo del pavimento. I suoi capelli rossi ondeggiarono quando spostò il peso del corpo da destra verso sinistra, mentre le sue mani si muovevano freneticamente facendo tintinnare i diversi braccialetti che portava.
Le sopracciglia sollevate e le mani ben piantate sul tavolo accompagnavano l'espressione sorpresa di Harry, il quale era più che convinto di aver sentito male."Farò il possibile, ma, vede.. noi dobb-"
Il ragazzo cercò di parlare, non curante del tono di superiorità con il quale la donna gli aveva appena parlato.
Delle dita affulosate sbatterono contro il tavolo al centro della stanza. Gli occhi scuri della giovane lo fissavano intensamente mentre le labbra ricoperte di rossetto bordeaux si mossero:
"Non mi IN-TE-RES-SA. Questi sono solo problemi tuoi: è il tuo cazzo di lavoro."Harry aggrottò le ciglia furente.
Stava iniziando a pensare che forse sarebbe stato più difficile di quanto si era immaginato quella mattina durante le commissioni. Sapeva che non avrebbe potuto, e soprattutto dovuto, risponderle male, ma la rabbia dentro di lui iniziava a farsi sentire, e del calore lo stava corrodendo da dentro; la sua mano raggiunse il collo, allentando il nodo della cravatta azzurra.
"Cerchiamo di collaborare: io farò il mio lavoro e lei mi dirá esattamente cosa è successo."
Una cartellina gialla venne sbattuta violentemente davanti ad Harry."Questo è il numero del mio segretario, sei hai problemi chiamalo."
Riprese sicura la ragazza. Subito dopo uscì sventolando la mano nella direzione del giovane, e solo quando la porta fu completamente chiusa, Harry si alzò sbattendo i pugni contro la scrivania.
I suoi respiri iniziarono a diventare affannati e pesanti, talmente pesanti che il giovane si ritrovò e fare sospiri profondi per riuscire a tranquillizzarsi.
Prese la cartellina e la sua ventiquattrore e uscì a passi lunghi dalla stanza, avviandosi verso la macchinetta del caffè posta in fondo al corridoio.
Selezionò velocemente ciò che voleva bere e si sistemò i capelli, passandoci una mano e spostandoli da un lato all'altro della testa. Sospirò a gran voce e riprese ancora tra le mani la cartellina, iniziandola a sfogliare, cercando qualcosa che gli avrebbe dato sicuramente più informazioni di quante gli ne aveva date la ragazza di prima.Stava facendo scorrere gli occhi tra le diverse parole presenti sulla prima pagina, quando sentì il caffè bollente scorrergli lungo petto, fino a raggiungere il foglio bianco davanti a sè macchiandolo.
"Cristo Santo, ma che.."
Sollevò lo sguardo, squadrando il ragazzo biondo che gli aveva rovesciato la bevanda addosso. Sembrava comparso dal nulla, giurava di non averlo mai visto accanto a quella macchinetta."Scusa, sono un po' agitato.. ho appena incontrato il mio assistito.."
Gli occhi azzurro cielo del giovane brillarono non appena terminò la frase.
Harry troncò la conversazione sul nascere, non aveva intenzione di sprecare del tempo prezioso a parlare con uno sconosciuto di cause di cui non aveva nulla a che fare."Beh okay, vedi di stare più attento."
Fissò verso il basso la sua camicia completamente sporca di marrone e maledisse mentalmente il biondo ancora in piedi di fronte a lui.
Furente, uscì dalla saletta e si avviò verso l'uscita principale del tribunale.
In quel preciso istante il tempo rallentò, non riuscì a definire se per dieci secondi o per dieci ore il suo sguardo incrociò lo sguardo di un accigliato e annoiato ragazzo seduto nel corridoio. I capelli color caramello e il corpo magro vennero facilmente riconosciuti dal riccio, ma non gli occhi. Quest'ultimi erano chiari, di un azzurro brillante, e non marroni come Harry se li era immaginati. Le sue labbra erano sottili e serrate in una smorfia di disgusto.
Il ragazzo seduto rise sottovoce non appena vide le condizioni in cui il giovane avvocato si ritrovava, si portò una mano alla fronte e scosse leggermente la testa."Gucci?"