IL TEMPO E' UN INGANNO

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Mentre la guardava andare via, Ermal si rese conto che aveva vissuto quella situazione troppo spesso. Silvia gli sfuggiva sempre, e lui stava lì a guardarla, come un marinaio che guarda dalla costa la sua barca prendere il largo senza di lui. Dicono che in amore vince chi fugge. Ermal non l'aveva mai capita questa cosa. In amore vince chi ama. E chi ama resta. Si avviò verso la sua macchina e pensò che era proprio impossibile annoiarsi con Silvia! Sempre così imprevedibile! Continuava a stupirlo, e lui aveva sempre più voglia di passare il tempo con lei, di fare tante cose con lei, dalle più banali alle più fantasiose. Silvia era futuro puro. C'era in lei una spinta verso l'infinito fortissima. Certo, affondava le sue radici in un passato misterioso, ma Silvia era futuro. Ermal sorrise pensando alle poche lezioni di latino che aveva seguito al liceo scientifico: gli era rimasto impresso il fatto che la parola "futuro" derivi dal participio futuro del verbo essere, quindi il futuro non è altro che ciò che sarà, ciò che dovrà essere. E quasi quasi si dispiacque che in Silvia ci fosse così tanto futuro, avrebbe tanto preferito un indicativo presente, o un gerundio, o un infinito. Meglio ancora, un congiuntivo presente, la forma che in italiano più assomigliava al desiderativo, presente nella sua madrelingua, l' albanese. Sì, voleva un desiderativo presente. Voleva che Silvia ci fosse nel suo presente, ma non avrebbe mai voluto smettere di desiderarla. Lo squillo del cellulare lo distrasse da quei pensieri tanto astratti. Per un momento sperò che fosse Silvia, poi si rese conto che era stato così sciocco da essersi dimenticato di chiederle il numero. Distolse per un momento lo sguardo dalla strada e vide che era Camilla. Non rispose. Camilla era troppo passato. Era un passato remoto, anzi un trapassato, un imperfetto. Sì era tutto decisamente imperfetto. Si compiacque quando si ricordò che in latino il passato remoto si chiama "perfetto". Perfetto perché è concluso. Quel passato con Camilla, così imperfetto, aveva trovato la perfezione nella fine. Ed Ermal non aveva nessuna intenzione di provare a tradurlo di nuovo come un perfetto logico, di quelli che hanno il valore di presente. Quella chiamata, semmai, era un presente storico, uno di quelli che si traducono come un passato. E' vero, non le aveva più detto nulla riguardo un loro possibile incontro, ma Camilla di sicuro avrebbe capito. Ermal stava per spegnere la macchina quando sentì alla radio un giro di accordi che conosceva. Alzò il volume: era la sua voce, stava cantando Buio e Luce! Carico dell'emozione di aver sentito una sua canzone alla radio, passò una nottata tranquilla.

La mattina seguente si svegliò a ora di pranzo e si rese conto del fatto che non aveva nemmeno accordato con Silvia un altro giorno in cui vedersi. Di sabato, però, era abbastanza sicuro di non trovarla al lavoro, perciò progettò di andare a trovarla il lunedì mattina. Verso ora di cena, tuttavia, mentre stava accordando la chitarra, lo chiamò un numero che non aveva salvato. Ultimamente succedeva sempre più spesso, Teresa metteva dei produttori, dj, musicisti in contatto con lui ogni volta che lo chiedevano.

"Pronto? Parlo con Ermal Meta?"

"Sì, lei chi è?"

"Silvia Notargiacomo di TeleBari", rise lei, mantenendo un tono formale.

Ermal era basito.

"Pronto? Mi senti? Ermal?"

Ermal era incapace di proferire parola.

"Sì sì ci sono, è che" SBAM! Era caduta la chitarra che aveva lasciato preso dallo stupore.

"Tutto ok?" chiese Silvia, tra il serio e il divertito.

"Sì tutto ok, ma sai com'è, qualcuno disse che un chitarrista passa il 95% della sua vita ad accordare la chitarra e il restante 5 a suonarla scordata!"

Silvia rise. "Comunque ti ho chiamato per dirti che se ti fa piacere puoi ascoltare l'intervista di ieri stasera alle 21"

"Grazie, anche se io di solito non mi ascolto mai". Ci fu un momento di silenzio. "Però potrei ascoltare te", continuò ridendo.

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