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Jack
Sospiro profondamente.
«Vedrai che sarà l'uomo della tua vita.» ride Sophia.
Rido anche io, seppur nervosamente.
«Ma quale vita...tra neanche due settimane sarò a Londra...» bisbiglio abbassando lo sguardo.
La rossa, l'unica persona a conoscenza di questa storia, mi alza il viso facendo incrociare i nostri sguardi.
«Jack l'amore vero funziona anche a distanza.» mi rassicura.
Le sorrido lievemente per poi abbracciarla.
Guardo un secondo l'orologio e trasalisco.
«Cazzo è ora di andare!» esclamo sciogliendo l'abbraccio.
«Buona fortuna soldato.»
«Grazie sergente.»
Comincio a camminare verso l'uscita sul retro.
Dovrei dire a Finn che mi trasferirò.
Si, dovrei, ma con quale coraggio?
Con quale forza posso dire al mio migliore amico, alla persona più importante della mia vita oltre ai miei genitori, alla persona con cui sono cresciuto che sparirò a Londra per qualche anno?
Ogni volta provo a dirglielo, ma finisco per sprofondare nel baratro dei suoi occhi scuri che mi fanno indugiare troppo.
E poi, quando vedo il suo meraviglioso sorriso, non trovo il coraggio di spegnerlo.
Formulando questi pensieri, raggiungo il retro.
Dovrebbe arrivare a momenti.
Inspira, espira, inspira, espira.
Prendo il cellulare.
Non ha scritto nessun messaggio, presumo stia arrivando.
Ci sta qualche minuto di ritardo, sono troppo paranoico.
Passano minuti su minuti fino ad arrivare a mezz'ora in cui lo aspetto senza ricevere un singolo messaggio.
A testa bassa, trascinando i piedi, cammino fino all'uscita principale della scuola e torno a casa.
Cammino lentamente, sento il cuore a pezzi ma il problema è: perché ho il cuore a pezzi?
Può avermi spezzato il cuore uno stupido insulso tizio che non ha il coraggio di affrontarmi e mi manda stupidi messaggi in anonimo?
Non so neanche il suo nome, non conosco la sua voce, la sua faccia e so ben poco di lui nonostante le nostre infinite conversazioni via telefono.
Ma non ha il diritto di farmi star male, quel codardo che non ha neanche le palle di rivelarsi per la persona che è.
Con uno scatto prendo il cellulare.

Jack:
vaffanculo. se c'era qualcosa,
per colpa tua è finita.
Consegnato

Soddisfatto di me stesso, spengo il cellulare e lo ripongo in tasca.
Proprio quando sono davanti alla porta di casa, sento la suoneria del mio cellulare.
Un messaggio.
Illudendomi che si tratti dello sconosciuto, lo afferro.
Messaggio da Finn.
Normalmente sarei felice di sentirlo ma ora come ora neanche lui può aiutarmi.

FINNOPINNO❤️❤️❤️❤️❤️❤️:
Jack sono in infermeria

Jack:
what? cosa succede??

FINNOPINNO❤️❤️❤️❤️❤️❤️:
ho sbattuto la testa, se vieni
ti spiego meglio.

Non me lo faccio ripetere due volte e faccio retromarcia, iniziando a correre verso la scuola.
Sento di nuovo il telefono squillare.
«Chi cazzo è?!» grido.
«Placati! Sono Soph, allora come è andata? Chi è?» domanda la rossa eccitata.
«Boh.» rispondo.
«Come boh?» strilla la ragazza spazientita.
«Non si è presentato. L'ho aspettato per mezz'ora, non mi ha scritto neanche un messaggio. Ora sto andando in infermeria da Finn.» spiego velocemente.
«Che gran pezzo di merda! Cos'ha Finn?» procede.
«N-non...ugh senti non ho capito bene ora devo andare ciao.» detto questo le chiudo il telefono in faccia.
Conoscendola, passerò i prossimi tre giorni a chiederle scusa finché lei stufa di questo teatrino non mi perdonerà.
Arrivo a scuola e raggiungo in qualche minuto l'infermiera, dove mi catapulto al suo interno provocando un discreto rumore alla porta.
Vedo Finn sobbalzare sdraiato sul lettino puzzolente dell'infermeria, mentre la diligente infermiera Molly svolge al meglio il suo lavoro dormendo su una poltroncina.
«Finn! Cosa è successo?» chiedo.
«Ti stavo cercando per il corridoio, quando una persona mi ha urtato facendomi sbattere la testa per terra. Hanno insistito per portarmi qui.» racconta brevemente.
«Mi spiace tantissimo...» borbotto.
«Non sentirti in colpa, ora sto benissimo! Fortuna che sei arrivato, Molly non è di molta compagnia.» scherza indicando la donna profondamente addormentata.
Entrambi scoppiamo a ridere.
«Non sai quanto vorrei andarmene...» ammette lanciandomi un'occhiata che conosco fin troppo bene.
«Finn non possiamo! Ti cacceresti in un mare di guai, la tua punizione è appena finita!» rifiuto dispiaciuto.
«Non se falsifichi la firma sul permesso di mia madre per farmi uscire. Quando Molly si sveglierà fungerà di avermi visto andare via con mia madre, in modo che nessuno scopra che stava dormendo sul posto di lavoro.» spiega tranquillo.
Un sorrisetto furbo campeggia sul suo viso.
«Oh, al diavolo! Ci sto!» dico.
Lui esulta e si alza con uno scatto, per poi abbracciarmi.
Ricambio la stretta sorridendo.
Poco dopo sfilo con discrezione dalla tasca di Molly il libretto dei permessi e con estrema calma falsifico la firma della madre di Finn, infine poggio il foglietto sul letto.
«Diamoci alla fuga, i miei non sapranno mai niente di questa storia!»
Scoppiando a ridere, scappiamo via dalla scuola.
Ci rifugiamo in una casetta sull'albero costruita da Finn e suo fratello Nick nel giardino di casa loro, completamente nascosta dalla vegetazione creatasi attorno negli anni.
Lì dentro troviamo tantissimi ricordi: nostre vecchie fotografie insieme, posters, dvd che guardavamo insieme, i nostri giocattoli preferiti e molto altro.
«Jack ho qualcosa da dirti.» afferma Finn spezzando un leggero silenzio.
«Anche io in verità.»
O adesso o mai più.
Finn mi guarda incuriosito.
«Facciamo come quando eravamo piccoli?» propongo sorridendo.
Da piccoli ci capitava di dover dire qualcosa di assolutamente importante nello stesso momento e finivamo per scrivere le cose su due biglietti e passarcele a vicenda.
«Volentieri.» risponde.
Sembra quasi sollevato, cosa dovrà dirmi di importante?
Strappo da un quaderno che giace per terra due pezzi di carta e prendo due matite colorate dell'astuccio contenente tutto ciò con cui coloravamo i nostri disegni.

Mi trasferirò a Londra tra poche settimane.

Scrivo.
Lo vedo scrivere.
«Fatto.» conclude porgendomi il foglio ripiegato in due.
Con una certa agitazione, dispiego il foglio e senza esitare lo leggo.

Sono l'anonimo.

Faccio cadere il foglietto.
Le mani iniziano a tremarmi e lo stomaco a farmi male mentre, con occhi e bocca spalancati, lo guardo.
Lui ha pressoché la mia stessa reazione.
«S-sei davvero t-tu?!» balbetto.
«Si. Ti trasferirai seriamente?» sussurra.
Annuisco guardando in basso, mentre cerco di elaborare le informazioni appena ricevute.
Finn è l'anonimo.
Finn è colui che mi scrive in anonimo cose dolce, colui che mi stuzzica in continuazione, colui che è innamorato di me.
Cazzo.
«Da quanto mi ami?» mormoro.
Lui fa un leggero sorrisetto prima di iniziare a parlare.
«Non saprei dirti da quanto, ma so dirti quanto e non poco. Credo di amarti praticamente da sempre, ma di essermene reso conto esattamente due anni fa. Ti amo perché sei tu, Jack.
Semplicemente per questo.
Non ti amo per le classiche cose, cioè si anche per quelle, ma soprattutto ti amo per le tue fragilità.
Ti amo perché ti amo, semplicemente.
E amo amarti, pur non essendo ricambiato, pur soffrendo come un cane, perché io ho bisogno di amarti.
Il mio amore per te è una routine ormai, qualcosa senza cui non potrei svegliarmi la mattina, qualcosa che amo fare e che non smetterei per nessuna ragione al mondo.» risponde, senza smettere di sorridere.
Le sue lentiggini, i suoi capelli, i suoi occhi, il suo corpo e le sue labbra sorridono con lui.
Non posso credere che qualcuno mi stia facendo un discorso del genere.
Un discorso così bello, affascinante, meraviglioso che mi fa sentire degno di essere amato da qualcuno come Finn.
Mi soffermo qualche istante a guardare le labbra di Finn.
Rosee, sottili, dall'aria estremamente soffice.
Intercettando il mio sguardo, il riccio si morde il labbro facendomi completamente perdere la ragione.
Qualche istante dopo, sono su di lui che lo riempio di baci mentre le sue mani mi sfiorano delicatamente.




🌝🌝🌝🌝🌝🌝
Vi sembrerà frettoloso e insensato.
Potrebbe esserlo.
La storia è quasi finita.
Enojoy.

Pink sugar.-fackDove le storie prendono vita. Scoprilo ora