Capitolo 43

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24 aprile 2013

Ore 1.38

Quando il cellulare di Mark Bauer squillò, la sua auto si era appena fermata e, sceso sul marciapiede, il tenente afferrò quell'aggeggio infernale che non la smetteva di suonare, premette la cornetta verde e rispose in tono seccato alla telefonata.

Ascoltò per alcuni secondi la voce di un agente all'altro capo del telefono che lo informava di una seconda chiamata giunta alla centrale.

La vicina dal sonno lieve che abitava al civico numero 66 di Basler Landstraße aveva sentito urlare una donna, dopodiché più nulla, ma il grido di terrore dall'altra casa era stato sufficiente per farla scendere dal letto, alzare la cornetta del telefono e comporre il 110 delle emergenze. Era rimasta in attesa qualche minuto, dopodiché aveva spiegato a un centralinista ciò che era accaduto pochi momenti prima accanto alla sua casa. Chiedeva che mandassero una volante a controllare.

«Io e il mio collega siamo arrivati circa mezz'ora fa», tagliò corto l'agente.

«E?» incalzò Bauer, spazientito.

L'altro temporeggiò. «Be', è meglio che venga a vedere.»

«Perché? Che avete trovato? Io mi sto già occupando...»

Bauer fu interrotto dalla voce spezzata dell'agente. «Forse il suo collega aveva ragione riguardo quell'uomo con il cane.»

Mark immaginò di aver capito male. Non credeva alle proprie orecchie.

«Dovrebbe vedere con i suoi stessi occhi!» ribadì l'altro.

«D'accordo, arrivo appena possibile!»

Bauer riagganciò e in tutta fretta si diresse verso le due volanti che bloccavano l'ingresso della piccola casetta isolata lungo la via di villette a schiera. Un'ambulanza era ferma, con il motore spento, ma i lampeggianti accesi illuminavano a intermittenza la via. Un viavai di persone qualificate e non affollava il marciapiede, il vialetto e il giardino della casa. Due agenti erano indaffarati, come sempre accade in quei frangenti, a tenere lontani dalla scena del crimine i curiosi che erano saltati giù dai loro letti a quella tarda ora pur di scoprire cos'era successo.

«Dov'è il tipo?» chiese Mark a un agente. Si era già fatto dare tutti i dettagli di ciò che era successo per telefono dalla centrale, dopodiché era partito spedito, in solitaria, dato che il suo collega Johann quella notte non c'era.

Il sottoposto gli fece un cenno vago. «Sta là dietro, ai margini della foresta. Il ragazzo che l'ha trovato è con l'agente che era di pattuglia in questa zona.»

Mark proseguì verso il retro della casa, dove un'ampia distesa di erba appiattita separava il limitare della foresta dalla città. Anche lì c'era un andirivieni di gente, tra cui alcuni specialisti della scientifica, infilati dentro le loro tute bianche che nervosamente facevano la spola tra il furgone parcheggiato dietro la casa e un punto imprecisato tra gli alberi, qualche metro più avanti.

Giunto sul retro dell'abitazione, Mark si guardò attorno e nel farlo, notò un ragazzo, seduto sui gradini dell'ingresso posteriore della casa, la testa tra le mani, le gambe divaricate e il volto sbattuto come un cencio. Accanto a lui c'era un altro agente che batteva i piedi per terra per tenerseli caldi e si soffiava sulle mani senza guanti.

Mark fissò i due e vide il ragazzo che vomitava. Trascorso qualche secondo, si avvicinò.

L'agente gli fece il saluto e si defilò, lasciando Mark di fronte al giovane. Lui lo osservò ancora, incerto sul da farsi: voleva sapere ma non desiderava sembrare indelicato. «È tutto ok?» domandò.

E le tenebre scesero sopra FriburgoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora