Quanto tempo era passato? Tre anni? Ad essere sincera non ricordavo con esattezza quando fosse stata l'ultima volta che l'avevo visto, o ci eravamo salutati, guardati... O semplicemente considerati come "ciò che eravamo", beh, in questo ultimo particolare caso allora il conto degli anni sarebbe stato ancora più complicato. Anche quando stavamo ancora insieme avevo smesso di guardarlo, mentre lui era rimasto quello di sempre, fino alla fine, e mi aveva sempre vista come la ragazza che amava. Per me, invece, lui non era stato abbastanza.
In quel preciso istante tornai in contatto con la realtà, ero impalata di fronte al cancello che dava sul giardino ampio e curato della villa che ormai non mi sembrava più di conoscere, avevano ridipinto gli esterni e cambiato colore delle imposte. Forse ho sbagliato casa... E l'unico modo per scoprirlo era usare il mazzo di chiavi che tenevo nelle mani ormai indolenzite.
Scarlett? Torna in te, non hai molto tempo! Devi prendere l'aereo! Non puoi perderti in reminiscenze simili, ora apri questo cancello!
Presi un profondo respiro, rassicurata dal fatto che in quella casa avrei dovuto metterci solo un piede e sarei stata fuori nell'arco di mezzo minuto. In tempo per prendere un taxi e arrivare in aeroporto.
Cominciai ad armeggiare con la serratura del cancello in cerca della chiave giusta.
Ma perché avevo accettato? Perché dovevo cercare io quella dannata scatola nel seminterrato, persa fra altre centinaia di scatole esattamente uguali a lei? Perché?!
La risposta era chiara: per il semplice fatto che non sapevo dir di no a mia madre, anche alla veneranda età di venticinque anni.
Azzeccai finalmente la chiave e spinsi il cancello in malo modo. Questo è un segno del destino non ci dovrei entrare in questa casa! Attraversai velocemente il giardino. Al contrario del cancello, la porta d'ingresso sembrava decisa a collaborare, ed inserii la chiave corretta al primo tentativo.
Se solo la serratura non fosse stata difettosa.
«Andiamo...» mi lamentai, irritata, cercando di far girare la chiave nella toppa.
Con una "leggera" spinta e del sano olio di gomito la porta si aprì, producendo un suono inquietante. Lo sapevo, questa casa non mi vuole! Fuck off!
«Tranquilla, tranquilla! Non voglio starci nemmeno io qui, devo solo fare un favore...» dissi rivolta alla porta, e aggiunsi sottovoce. «E ho accettato solo sapendo che in casa non c'erano i proprietari...»
Attraversai l'atrio ostentando sicurezza sui miei tacchi alti, ma era come essere osservata da centinaia di occhi inquisitori. Io ho sempre saputo che una troppo alta concentrazione di crocifissi in casa aumenta la possibilità di presenze demoniache!
Abbandonai la mia borsa sull'antica cassettiera in legno – l'unico elemento immutato dalla mia ultima visita – poi aprii la porta del seminterrato e mi tuffai giù per le scale, accompagnata dal rumore dei tacchi sul marmo. Ad ogni passo era come immergersi in una corrente d'aria sempre più fredda e, nonostante fossimo in primavera inoltrata, mi vennero i brividi.
«Ok, troviamo questa dannatissima scatola.» cominciai dalla prima stanza che avevo sempre visto chiusa e di cui non conoscevo la funzione, ma quando di fronte a me apparvero file e file di scatoloni, mi apparve subito chiaro il suo ruolo: DEPOSITO.
Cambiai obbiettivo ed entrai nella stanza a fianco che avevo visto poche volte, ma ricordavo contenesse il suo arco, ma lì non c'era più.
Venni colpita da una fitta che mi attraversò il costato da parte a parte, come una lama, ma fu solo per un attimo e poi il dolore scomparve. È acqua passata, non sono qui per questo.
In compenso, anche lì si presentava un oceano infinito di scatoloni. Di fronte a quella vista, non riuscii ad impedire la fuga della mia buona volontà. Fuck my mother, fuck everything, I give up!
Ma ecco spuntare da uno scatolone i guanti da giardinaggio che stavo cercando, corsi a prenderli, sorpresa di essere riuscita a portare a termine la missione in così breve tempo. Ma mentre stavo per uscire dalla stanza, una scatola attirò la mia attenzione: era bianca e usurata, ma era scritta su un lato con dell'inchiostro blu.
E la calligrafia era decisamente la mia.
Vinta dalla curiosità mi avvicinai per accertarmi che i miei occhi non mentissero, e mi allungai nel tentativo di raggiungere la vetta della piramide di scatoloni, dov'era posta quella sospetta.
Ci sono quasi...
Un rumore di passi frettolosi, provenienti dalle scale, mi fece bloccare all'istante, e nella mia mente calò una fitta nebbia che spazzò via ogni pensiero razionale. Nasconditi!
Questa fu l'unica direttiva che ricevetti dal mio sistema nervoso, prima che si spegnesse. E in un gesto disperato, prima che quei passi mi raggiungessero, cercai di seguire quel consiglio, riuscendo solo a perdere la stabilità sui miei bellissimi e inutili trampoli e distruggere la piramide di scatoloni, cadendoci sopra.
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You're in my Veins
RomanceA volte una fine non dichiarata si rivela una guerra intestina che dilania da dentro. "Quanto tempo era passato? Tre anni? Ad essere sincera non ricordavo con esattezza quando fosse stata l'ultima volta che l'avevo visto, o ci eravamo salutati, guar...