Capitolo Uno - Origini

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Ci deve essere stato un istante preciso in cui la gente si è guardata attorno e ha pensato: siamo fottuti. Magari al risveglio, quando il giorno sembra più promettente e per un attimo ci si sente invincibili, oppure durante un pranzo in famiglia, una gita in campagna, guardando negli occhi i propri figli che ancora non conoscono il mondo al di fuori delle quattro mura paterne, abbracciando l'amore della propria vita, fantasticando su un possibile futuro, una casa da arredare, un cane da portare al parco la domenica. Immagino che un giorno, uno come gli altri, la gente si sia fermata ad osservare il cielo, i palazzi decadenti, i residui dei posti che custodivano i ricordi più cari ed intimi, e con amara malinconia si sia resa conto che la vita che conoscevano fino a quel momento era solo da dimenticare. Che non ci sarebbero più state mattine promettenti, gite in campagna o parchi in cui trascorrere i festivi, che tutto questo sarebbe stato presto rimpiazzato da lavori forzati, buio pesto e luci al neon. È incredibile la maniera in cui chi governa riesca a tenere il popolo all'oscuro di tutto, a insabbiare i fatti e le decisioni sotto cumuli impenetrabili di bugie e costruirci attorno delle città incantate e utopiche in cui tutto va bene, procede secondo i piani, non dovete preoccuparvi di niente, continuate a lavorare e figliare che al resto ci pensiamo noi.
Ci deve essere stato un istante preciso in cui un bambino qualsiasi, di una città qualsiasi, da sotto il letto nascosto dopo l'ennesima scenata violenta dei genitori, si è guardato i polsi lividi e ha pensato: ve la farò pagare, fosse l'ultima cosa che faccio. Quelli magari potevano sembrare pensieri istintivi e sfuggenti di un ragazzino, di quelli che svaniscono così come si manifestano, che basta distogliere l'attenzione per un attimo e poi – puff – scomparsi. Eppure ci sono dei pensieri che, seppur apparentemente puerili e precari, non vengono del tutto eliminati con la distrazione, piuttosto vengono nascosti e custoditi gelosamente dalla psiche, vengono riposti in celle sotterranee inimmaginabili, guardano la vita attraverso una finestra minuscola e si allenano, si preparano, pianificano, immaginano, si organizzano e pazientemente aspettano. Quelli sono i pensieri più pericolosi, perché nascono dal rancore e sono impossibili da estirpare, l'intera esistenza dell'individuo sarà in funzione di quella frase piccola e priva di significato effettivo, tutto girerà attorno a quel ricordo amaro, a quel letto troppo piccolo per fornire protezione, quella casa troppo rumorosa, quell'infanzia rovinosamente fallita. Nessuno ci ha pensato quando quel bambino si fasciava le ferite in cameretta, quando cresceva a vista d'occhio e lo spazio sotto al letto si riduceva, quando giorno per giorno si rinchiudeva nel suo universo fantastico e sognava distese infinite e invalicabili, quando si rifugiava nei libri e si preparava per un futuro glorioso, quando si laureava col massimo dei voti e tutto quello che gli altri vedevano era un giovane adulto pieno di ambizioni, ma quello che realmente gli interessava era la vendetta. Si inizia così, da un ammasso di aspirazioni sbagliate, finché un giorno il tuo cammino verso il potere diventa sempre più realizzabile, la sete di sottomissione forzata diventa il fine di tutte le tue decisioni e, un giorno come un altro, diventi il capo di tutto. Quel bambino spaventato l'avevano chiamato Ipotasso, che in greco significa "sottomesso". A dispetto di ogni aspettativa, Ipotasso divenne ben presto il capo del governo, poi del continente, fino ad arrivare a sottomettere l'intero globo sotto la sua potenza, evento che lo portò a cambiare nome in Cratos. Cratos, Dio in terra, simbolo di potenza incondizionata, unico detentore della legge, è l'uomo che chi ha la fortuna di vivere in superficie può vedere raffigurato in ogni piazza, sotto forma di statua. Egli può essere nominato solo da chi, nella scala gerarchica, viene subito dopo di lui: i Segretari.
Cratos creò con estrema astuzia una rete di seguaci, i Segretari, che godevano di un diritto che a tutti gli altri cittadini non spettava, ossia il diritto alla vita. I Segretari erano esponenti del rango più alto dell'aristocrazia del tempo, persone che per anni avevano dimostrato la più totale fiducia nei confronti del governo e del dittatore, persone frivole e senza cuore che condividevano gli stessi interessi del Supremo. Il segreto per il successo del Supremo fu nell'organizzazione della gerarchia: solo chi nasceva da un Segretario poteva far parte della cerchia ristretta di adepti, chi invece nasceva plebeo rimaneva plebeo. Un Segretario doveva instancabilmente dimostrare fiducia al Supremo, altrimenti veniva retrocesso a plebeo; ogni Segretario che veniva incaricato di lavorare all'interno della fabbrica si chiamava Impiegato. Gli Impiegati erano protetti da un gruppo di militari, le Guardie, che avevano il compito di mantenere l'ordine, la disciplina e aiutare gli Impiegati a svolgere i lavori sporchi. Fondare il proprio governo sul terrore era un'idea così semplice che avrebbe funzionato alla perfezione. In tanti prima di lui ci erano riusciti, con risultati di entità nettamente minore, ma Cratos aveva una cosa che gli altri non sarebbero mai riusciti ad avere: un odio feroce e dilagante, che toccava qualsiasi persona esistente, compreso se stesso.
Il mondo, improvvisamente, si ritrovò diviso in due: i Segretari e l'esercito che davano pieno sostegno alle iniziative del Supremo, da una parte; dall'altra, una massa enorme e spaventata di plebei, mossi da un odio incondizionato verso qualsiasi cosa lo riguardasse, ma impossibilitati a resistergli e rovinosamente assoggettati.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 21, 2018 ⏰

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