Capitolo XIX - Amici Norem

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Il cielo aveva smesso di gocciolare al mattino, quando Gràen s'era alzato con le voci stridule della notte ancora nelle orecchie.

Adesso, dopo il pranzo in solitaria con Vargan, anche i tetti di paglia stillavano le ultime perle d'acqua sul lastricato delle vie di Hok, così la città era fresca di pioggia e già dimentica del sangue sparso dai soldati all'ombra delle tenebre appena scorse. L'acquazzone aveva martellato le colline su cui sorgeva la cittadina e alcune zone della Foresta dello Squalo, indugiando poi più a sud, bagnando appena le spiagge.

Il comandante era di nuovo sdraiato sul letto e guardava il soffitto di pietra, sognando con lo stomaco i mistici pranzi che solo Hurgin sapeva imbandire. Aveva, per la seconda volta, dovuto mangiare della carne ispida senza potere chiedere degli aromi o del sale, il tutto contornato con dell'insalata dura a masticarsi, forse raccolta proprio ai lati di quelle stradine maledette. In compenso voleva ritenersi fortunato per non aver dovuto far da pranzo a nessuno, un'idea che gli restava vivida nella sua testa.

Un coraggioso lampo di sole volle baciarlo sul volto, scaldandolo un poco. Entrava dalla finestra a due aperture e fendeva l'aria uggiosa della stanza, guidando lo sguardo del Barbaro fuori, dall'alto del castello sui vicoli malfamati di Hok, assopiti in un pomeriggio triste. Gràen si alzò, sbirciò dalla bifora e scorse, come di consueto, due guardie in pattugliamento. In poco meno di un giorno aveva imparato a distinguere le forze di polizia dai militari veri e propri. Vargan, tra un boccone e l'altro, aveva voluto convincerlo della lampante differenza, ma il comandante ne era venuto fuori a modo suo: le guardie portavano alla cintola delle corde per bloccare i criminali e non andavano in giro armati di scudo, mentre i soldati percorrevano quelle strade in tenuta da battaglia. Anche i ruoli erano agli occhi del Barbaro quasi identici, poiché le guardie, dopo aver ridotto i delinquenti in fin di vita, li immobilizzavano con la scusa di portarli in galera, ma, a detta dei più, giravano soltanto l'angolo per completare l'assassinio al riparo da sguardi indiscreti. I militari, invece, forse per l'evidente e inutile perdita di tempo prezioso, non si scomodavano a non uccidere platealmente. Quando infatti assisteva all'inumana repressione di un crimine, si domandava come sarebbero potute andare le cose a Umek, se quelle misure fossero state applicate anche lì.

Vagando con gli occhi sui tetti di Hok, in fondo alla strada principale, Gràen fu destato da un pensiero, un espediente per non morire di stenti: Zurbak.

Con Vargan avevano fissato un incontro notturno dopo il tramonto e a Gràen era stato vietato di uscire dalla stanza, ma il comandante richiamò a sé il coraggio, lo spirito di sopravvivenza e prese il fodero contenente la spada. Si fece serio in volto, agganciò l'arma alla cintura e scostò la porta. Con fare buffo, sbucò dall'uscio e percorse con gli occhi il corridoio, a destra e poi a sinistra, per accertarsi di non essere visto. Tutte le porte erano chiuse, le fiaccole spente. Svoltò a sinistra e prese le scale anguste, a spirale, il cuore in gola per la paura di intravedere qualcosa oltre la curvatura del percorso. Contrariamente agli stivali dei mostri, le calzature di Gràen producevano solo uno strascichio diffuso tra le pareti, ben più mite della marziale andatura di un soldato Norem.

Poi la scalinata finì, e una grata di ferro separava il capitano dalla sala del Consiglio delle Armi. Gràen la spinse un poco e il metallo cigolò debolmente, senza opporsi. Richiuse la porta e attraversò zitto zitto l'ambiente, una luce azzurrina a serpeggiare intorno al tavolo in pietra. I pilastri gettavano ombre sinistre qua e là, le poltrone di granito parevano lapidi senza nome.

Varcato il portone, si ritrovò nel terrazzo antistante la sala. Il ballatoio si affacciava sul piano inferiore ed era sorretto dalle colonne vestite con stracci di giada. A un tratto, un rumore indescrivibile si materializzò alla destra del comandante. Gràen ingoiò un urlo e sveltì il passo alla vista di un Norem poco raccomandabile, il quale gli rise dietro con un coltello da cucina in mano.

Nel nome di CalidanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora