Let you cool your heels

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27 Novembre, 2015
Yu
ore 18.23

Nella testa risuonano ancora le note della toccata di Czerny, mentre attraverso il corridoio principale del conservatorio. Le lezioni di Marina sono sempre le più faticose, ancora di più quando qualcosa le frulla in quella testolina bionda. Ultimamente aveva un' aria stanca, aveva perso quella lucentezza caratteristica della sua pelle e i suoi occhi scuri erano bui come il fondo di un pozzo. Nonostante questo, io la trovavo sempre bellissima. Tutti i ragazzi della mia classe avevano una cotta per questa ragazza giovanissima e talentuosa, tutti, nessuno escluso. Ma mentre gli altri ragazzi non avevano pudore nel manifestarlo quotidianamente, io ne provavo vergogna. Perché quello che provavo per Marina era ogni giorno più vero. Da quando l'avevo vista tra le braccia di quello schifoso di Rob, avevo capito che la mia non era una semplice cotta. Marina mi piaceva dal profondo del cuore. Non era facile, non sarebbe mai stato facile. Il suo fidanzato, la nostra differenza di età, la stessa diversità delle nostre vite, c'erano così tanti ostacoli che era facile perdere le speranze. Comunque avevo deciso che non ci avrei pensato. Se non davo troppo peso a quella situazione si sarebbe rimpicciolita fino a diventare invisibile. A scomparire, se fossi stato paziente e determinato.

Il conservatorio è quasi vuoto, in sottofondo posso sentire il suono di un clarinetto. Le ultime lezioni stanno per terminare. Finalmente finirà anche questa lunga giornata. Per una volta sono contento che domani non ci sarà lezione, sebbene sia sabato ed io il sabato non l'ho mai potuto sopportare più di tanto. Insomma cosa avrei concluso quella sera? Sarei stato tutto il tempo a bighellonare con i ragazzi nella sala giochi di Xavier mentre la nostalgia e la tristezza mi attanagliavano il cuore, poiché Joon non c'era neanche quel fine settimana. E chissà quando sarebbe mai tornato. Sospiro e non ci penso più, non serve a nulla appesantire la  testa con quei pensieri. Il suono del clarinetto è sempre più lontano, quasi scompare quando metto piede fuori dal conservatorio. Poi, però, sento un altro tipo di suono. Una voce familiare mi torna di nuovo all'orecchio, sono sicuro che provenga dal vicolo accanto. Non ci penso neanche che sono già lì, in piedi, davanti una scena alquanto pietosa: il secchione ed il tipo che avevo incontrato alle macchinette se le stanno dando di santa ragione. Per un breve istante mi sento impotente, ma quando l'idiota tira un calcio in faccia al fratello di Marina, non ci penso due volte a intervenire.

- VOI DUE, FERMI - mi butto in mezzo, con la speranza sia di riuscire a fermarli sia di non prendermi un cazzotto in faccia. 

- Fatti gli affari tuoi - è Lucien, il secchione, a rispondermi sorprendentemente. Resto per un breve istante di sasso, ma non ho proprio intenzione di farmi gli affari miei e così lo sposto di peso da un lato. E' leggero che non ci metto nulla a scaraventarlo lontano mentre l'idiota mi guarda in cagnesco, per nulla contento di quel mio intervento spropositato.

-Vattene se non vuoi prenderle anche da me - sebbene, in quel momento, non mi sarebbe dispiaciuto prendere a schiaffi quello spocchioso del secchione, mi sento in dovere di mettermi di nuovo dalla sua parte. Soprattutto perché l'idiota è leggermente più grosso di lui.
-Capirai, non ho paura- che imbecille, alzo gli occhi al cielo e gli sferro un pugno sul naso. Quello indietreggia mentre evita che il sangue, che gli esce dal naso a fiotti, possa in qualche modo macchiargli il giubbotto - Tu sei un pazzo! - mi urla, indiavolato. Alzo di nuovo gli occhi al cielo - Vuoi il resto? - quel tipo era meglio che non scherzava con me. Io venivo dalla strada, per me quelle non erano neanche paragonabili a delle litigate. Avevo visto di peggio. 

-Te la farò pagare - è l'ultima cosa che mi dice - E anche a te - minaccia poi il secchione, prima di correre via dal vicolo. 

Fa freddo ed è buio, vorrei tornare a casa ma tutto quello che faccio è capire cosa stia facendo il secchione. Seduto, con  la testa fra le gambe, non accenna a muoversi. Mi avvicino, e capisco che lo sto facendo solo perché è il fratello di Marina.

-Hai bisogno di medicarti quella ferita- l'idiota lo aveva fatto male, sopra l'occhio destro c'era un taglio. 

-Ho detto di farti gli affari tuoi, diamine!-  è davvero incazzato, ma io non mi intimorisco facilmente e pertanto gli passo gli occhiali che sono poco distanti da lui - Tieni - glieli appoggio tra le gambe e poi mi siedo accanto a lui -Credevo che i secchioni non sapessero fare a botte- quello alza gli occhi al cielo, sta quasi per replicarmi l'ennesima frase quando lo blocco con una mano - Non devo farmi gli affari tuoi, lo so, ho capito - 

-E allora perché non te ne vai?- anche quella volta mi sorprende di nuovo, con quella domanda stizzita e strafottente. Ero certo che non mi sarebbe mai stato simpatico.

- Hai ragione - alla fine mi rassegno, d'altronde era di Marina che importava non di lui. Quindi, mi alzo e gli faccio un cenno con la mano - Adios - lo saluto, prima di svoltare il vicolo.

Ho lasciato l'auto al solito posto, è un po' lontano perciò inizio a camminare più velocemente, con l'illusione che mi sarei riscaldato un po'. Ma il freddo ormai è quasi pungente. Per strada, sebbene siano solo le sette e mezza, non c'è molta gente. Intravedo qualcuno seduto all'interno di qualche bar o che perde tempo nei negozi, io continuo a camminare con la speranza di arrivare il prima possibile. Quando, finalmente, sono dentro la mia auto, accendo il motore ed il riscaldamento con un gesto meccanico e quando alzo lo sguardo quasi mi viene un colpo, poiché la faccia del secchione è proprio davanti me con un'espressione degna di un morto vivente. Mi sta guardando con sguardo perso, i fari lo illuminano facendo risaltare il colorito bianco del volto, non ho idea di cosa vuole fino a che non me lo trovo dal lato del passeggero che apre lo sportello e si infila dentro.

-Dammi un passaggio - conciso. Quasi un ordine il suo, se non proprio un ordine. Lo guardo senza parole, questo era davvero pazzo.

-Come scusa?-

-Sapevo che fossi stupido, ma non credevo fossi anche sordo- è così acido che vorrei dargli il resto dei cazzotti che l'idiota non gli ha potuto dare -Ah, è così?- gli rispondo con tono di sfida, mentre mi allungo e gli apro la portiera - Allora, esci- senza emozione, senza il minimo segno di risentimento o rabbia, semplicemente lo invito ad uscire. Lui guarda prima la portiera aperta, poi me come se fossi completamente fuori di testa.

-Non fare l'idiota- mi insulta di nuovo senza motivo.

-Esci- il mio viso non accenna nessun tipo di sentimento o reazione, sono impassibile perché se dovessi scatenare la mia rabbia, pregherebbe di essere ancora in quel vicolo a farsi a pugni con quello scimmione.

- Sei davvero uno stronzo - mi appella, alla fine, per poi uscire dall'auto. 

-Mai quanto te,  amico - chiudo la portiera e mi sistemo nel mio posto, mentre metto in moto e vado via lasciandolo solo in quel parcheggio.

Forse un po' mi dispiace lasciarlo solo lì, ma se questo è il suo modo di ringraziarmi un po' di freddo non potrà che rinfrescargli le idee.

救い出すよ必ず// I'll Save uDove le storie prendono vita. Scoprilo ora