Capitolo 33: Tutto il resto non conta

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                                                                                             Lui


Io e i ragazzi occupiamo i nostri soliti posti all'angolo del nostro Bar preferito, proprio davanti alla tv, ma molta gente è alzata con le birre in mano che, proprio come noi, aspetta impaziente l'esito della partita.

Bevo un sorso della mia birra gelata, quindi mi pulisco le labbra con l'avambraccio e sorrido non appena sento Josh borbottare qualcosa contro i giocatori della partita.

< Hai scommesso, Josh? > gli chiedo sorridendo. E' uno dei miei più cari amici. Ma del resto, io ho solo cari amici. Ci conosciamo tutti da un casino di tempo e, passando sopra le scazzottate e il fatto di avere avuto in comune la stessa ragazza molte volte, siamo sempre stati uniti. Certo, ci sono "le coppie" –così ci consideriamo noi- tipo me ed Oscar –che non siamo fratelli solo perché non abbiamo lo stesso cognome- Josh e David, Erik e Dylan, Ed e Will, ma ognuno di noi sa bene qual è il proprio posto e quante bene ci vogliamo, per questo non esistono gelosie o robe del genere. Ormai siamo grandi per questo genere di cose e, anche se fossimo tanto stupidi da permettere a delle sciocchezze di mettersi tra di noi, le abbiamo già passate insieme quindi non vale. Non lo permettiamo più perché punto primo: ci vogliamo troppo bene. Punto secondo: siamo cresciuti. Insieme. E questo è abbastanza perché io possa affermare che mi fido ciecamente di ognuno di loro e so con estrema certezza che sono assolutamente in grado di capire la differenza tra una tipa come Sophie e... Mia.

Josh mi guarda aggrottando le sopracciglia folte < puoi dirlo forte, amico! C'ho scommesso il culo! > sbotta arrabbiato. Scoppio a ridere, buttando la testa all'indietro e godendomi la sensazione di pace.

Mi ci voleva proprio una serata tra ragazzi, Oscar ha sempre ragione. Mi volto a cercare la sua figura e lo vedo intento a fissare lo schermo della tv. Indossa una tuta e una felpa –il suo stile abituale in settimana- ha fatto una doccia veloce in palestra, dove fa l'istruttore da quando abbiamo finito gli studi, e si è precipitato a casa mia.

Un ronzio sulla mia coscia sinistra mi distrae, sono tentano di lasciar perdere ma, ad ogni modo, faccio scivolare il cellulare fuori dalla tasca e rispondo senza nemmeno guardare, < si? >

Sento un sospiro ansioso provenire dall'altro lato del cellulare, ma nessuna risposta.

< Si? > Ripeto, meno paziente. < Ma che cavolo... > mormoro e sto per chiudere.

< Ohi, Victor? >

Il respiro mi si spezza e riesco a trattenere un sorriso solo perché sento dal tono di voce che è preoccupata.

Ma mi ha chiamato e sono contento che lei l'abbia fatto. Perché significa che, qualunque sia la motivazione, lei ha bisogno di me.

< Mia? Tesoro... che succede? > Le chiedo mentre mi alzo dallo sgabello e mi affretto ad uscire fuori, dove l'aria è più pungente ma meno opprimente.

Un altro sospiro ansioso e poi < scusa se ti ho disturbato a quest'ora, Victor. Sarai sicuramente occupato a startene per i fatti tuoi e io... diavolo, scusa che idea stupida. Certe volte io... non rifletto. Adesso chiudo, okay? Ti spiego tutto domani. >

Aggrotto le sopracciglia e mi poggio al muretto, < Mia rilassati un momento, okay? Cerca di spiegarmi che succede e smettila di agitarti. > Le dico nel modo più dolce che conosco e sperando di dire le cose giuste.

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