Capitolo 61 (ANNA)

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Sabato, 20 settembre 1997 (Anna, 18 anni)

Sono immersa nell'acqua della vasca da bagno da quella che sembra un'eternità. Ho scoperto che mi aiuta molto nei giorni in cui sono particolarmente stanca e le mie ossa fanno male di più. Osservo le striature rosse delle cicatrici, quelle ben definite del bisturi sul mio bacino e quelle ben più evidenti e frastagliate del mio femore. Osservo con particolare attenzione quei buchi dove sembra che mi manchino dei pezzi di carne e penso che probabilmente è così, che manchino dei pezzi di muscolo dove l'osso ha lacerato la carne. È strano, se ci penso. Non mi ricordo che sia successo e quando lo guardo penso che debbaavermi fatto parecchio male ma non fa parte dei ricordi che ho di quella giornata.

Inspiro a fondo e butto la testa indietro per cercare di rilassarmi ma suona il campanello e subito mi si stringe una morsa allo stomaco. È da una settimana che Marco prova a parlarmi ma o mio papà lo manda via in malo modo oppure io fingo di dormire e lo evito. Improvvisamente non so più che cosa dirgli. Mi sono sentita tradita perché mi ha tenuto nascosto qualcosa di importante della sua vita che, in qualche modo, riguarda anche me.

È da una settimana che continuo a pensare "Se succedesse a me e Marco quello che è successo a Valeria, come reagirebbe Marco?" È una domanda che mi martella nella testa da quando l'ho saputo e la cosa che più mi spaventa è che non so come reagirebbe Marco, non ho idea di quali siano i suoi piani per il futuro. La soluzione sarebbe parlargli e scoprirlo ma ho la maledetta sensazione che tutto quello che potrebbe uscire dalla sua bocca potrebbe risultare falsato... perché ho perso la fiducia che ho in lui, almeno in parte. Perché in questa settimana mi sono tornate alla mente tutte le chiacchiere che ci sono in giro su di lui e mi chiedo quali di queste siano vere e quali no. Non riesco a fare a meno di pensare che effettivamente lui di cazzate ne abbia fatte tante, alcune a cui ho assistito in prima persona, altre di cui ho sentito solo voci, e non riesco a togliermi dalla testa che potrebbero accaderne altre, enormi come quella che è successa a Valeria e non so se rimarrei da sola a decidere in quel caso.

Mi sono ripetuta mille volte che Marco è cresciuto, non ha più sedici anni, ma quanto lo conosco in realtà? Quanto so di lui se non abbiamo nemmeno avuto l'occasione di andare fuori, conoscerci come una normale coppia... forse il fatto che abbiamo dovuto nasconderci come ladri è segno che quello che stiamo facendo non è poi così giusto, che a volte l'amore non basta a cambiare le persone... a volte, semplicemente, le cose non vanno e basta.

«Anna, c'è Marco che vorrebbe parlarti» mia mamma fa capolino con la testa.

«Non so cosa dirgli» il mio non è un capriccio, è una semplice constatazione.

Mia mamma entra e si siede sul bordo della vasca.

«Non dire niente e ascoltalo... non ascoltare solo un lato della storia, lascia che ti spieghi la sua versione dei fatti»

Mia mamma è sempre stata quella che preferisce un confronto pacifico, quella che sostiene sempre che, se le cose non funzionano, il torto non sta mai da una parte e basta, sta un po' nel mezzo, magari spinto più da una parte o più dall'altra, ma non è mai interamenteaddosso a uno o all'altro.

«Se mi aiuti ad uscire vado a parlarci»

Un sorriso sincero mi fa capire che, forse, ho preso una decisione decente.

Marco è seduto sul divano e quando mi vede si irrigidisce come poche volte ha fatto in mia presenza.

«Ehi» è l'unica cosa che esce dalla sua bocca e il cuore mi sprofonda nello stomaco.

Avevamo fatto così tanti passi avanti e adesso sembra che ne abbiamo fatti mille indietro.

«Ehi. Mia mamma ha detto che vuoi parlarmi» mi sforzo di essere più calma possibile anche se vorrei prenderlo a pugni.

Abbassa lo sguardo, Marco, e la sua aria colpevole mi fa venire un groppo in gola, soprattutto quando non dice niente.

«È vero che Valeria era incinta?» Gli chiedo con un filo di voce.

So già quale sia la risposta ma per un attimo il mio cuore spera che mi smentisca, che mi dica che è tutta una bugia.

«Sì, avevamo sedici anni ed è rimasta incinta. Le ho chiesto se voleva tenere il bambino ma i suoi genitori l'hanno costretta ad abortire»

«Costretta?» Non riesco neanche ad immaginare non avere scelta per decidere una cosa del genere.

«Non che l'abbiano fatto con la forza ma le hanno detto che se decideva di tenerlo loro non l'avrebbero aiutata, così non ha avuto molta scelta»

Per un attimo penso ai genitori di Valeria, come mi abbiano fatta sentire un mostro per aver chiesto dove fosse quell'estate, invece i mostri erano proprio loro, al mare a fare le ferie mentre la figlia si trovava da sola ad affrontare una cosa che non augurerei a nessuno.

«Tu non sei andato con lei» la mia è una semplice constatazione, lo so che lui non le era vicino.

«I suoi genitori l'hanno caricata in macchina e l'hanno portata a Milano, sono rimasti giusto il tempo per firmare i documenti perché era minorenne e poi l'hanno mollata agli zii per il resto dell'estate»

Sembra che le parole gli si strozzino in gola e il cuore mi rimbalza nel petto come se fosse una pallina di un flipper. Vorrei andare a stringergli la mano ma non riesco a fare niente se non rimanere imbambolata a guardarlo.

«Riesci a perdonarmi per il fatto di non avertelo detto?»

"No" è la prima risposta che mi viene in mente. No perché questa è una cosa seria e avremmo dovuto parlarne prima di finire a letto... però adesso capisco che Marco non ha avuto molto spazio per dire la sua in quel frangente e, sinceramente, non riesco a fargliene completamente una colpa. Sicuramente sono stati irresponsabili entrambi, ma lo sono stati esattamente come altri sedicenni che pensano che non toccherà a loro.

«Ho bisogno di un po' di tempo per metabolizzare» ammetto con voce rotta dall'emozione.

Marco mi guarda con la disperazione negli occhi ma poi alla fine cede, annuisce, si alza e si avvicina alla porta.

«Non mi credi, vero?» Mi domanda appena prima di aprirla.

«È difficile, più che altro, accettare che sia successo...» ammetto mestamente.

Sembra che l'abbia colpito in pieno stomaco con un pugno, con questa mia risposta, lo vedo annuire, abbassare lo sguardo, aprire la porta e scomparire in una calda giornata di fine settembre. Resto lì, a fissare la porta per un'eternità, poi torno in camera e, appena richiudo la porta, le lacrime scendono sulle mie guance come silenziose domande dicosa dovrei provare. In questo momento mi sento solo terribilmente confusa.

[COMPLETA]Come in quella vecchia PolaroidDove le storie prendono vita. Scoprilo ora