CAPITOLO 4

72 23 27
                                    

La ricordo come se fosse ieri la mia prima volta, con Max.

Ero andata a casa sua, viveva da un anno circa con altri due ragazzi, anche la sua situazione familiare non era delle più facili.

Dopo essere rimasto orfano di entrambi i genitori, a 16 anni, era andato a vivere con i nonni che lo amavano molto ma che con difficoltà potevano prendersi cura di lui.

Erano molto anziani e dalla salute precaria.

Max sapeva che era un peso troppo grande per loro, anche se lo rimproveravano smentendolo ogni volta che provava ad insinuarlo.

Fu cosí che dopo aver trovato un lavoro in fabbrica, era riuscito a mettere i soldi da parte per andare ad abitare altrove, lasciandoli a vivere in pace la loro vecchiaia.

“Cazzo Chiara hai un occhio nero, è stato lui?”

Non risposi alla domanda perché sia io che lui conoscevamo la risposta.

“entra ti prendo del ghiaccio, tu inizia a stenderti sul divano”

Ogni volta che vengo picchiata entro in uno stato di semi trans, non sento niente, il dolore, la tristezza, niente. Solo e soltanto frustrazione.
Ho imparato a spegnere i sentimenti così da non soffrire ulteriormente.

“premilo sull’occhio, senti forse dovremmo farlo vedere a qualcuno, potrebbe averti fratturato lo zigomo” mi disse sventolando un sacchetto di piselli surgelati.

“no Max tranquillo, non mi fa troppo male, fosse fratturato me ne accorgerei… posso stare un po' qui?"
mi interessava solo un po' di pace.

“puoi rimanere quanto vuoi, questo lo sai”
Sussurrò accarezzandomi la guancia mentre il mio viso aderiva al suo palmo e si lasciava andare in quel semplice gesto d'affetto.

“solo qualche ora, per farlo addormentare, se al risveglio non mi trova a casa sai che peggiorerò la situazione”

Ho imparato a suon di legnate, piano piano, come evitare di infastidirlo il più possibile. Ma come  si usa dire, non si conosce  mai veramente una persona, non fino in fondo, non puoi entrargli nella testa e quindi qualche passo falso ancora lo faccio.

“già… ma devi fare qualcosa”
Continuò lui passandosi le mani dal viso ai capelli, come per sfogare un urlo senza fare rumore.

“lo sai che sono minorenne e che mi manderebbero in una casa famiglia o chissà dove, sai anche che dovrei abbandonare quella casa e non posso farlo, ci sono tutti i ricordi di quando ero felice con lei.
E poi, adesso che ho voi, pensi che lascerei tutto? Sento di aver trovato finalmente una famiglia, non vi abbandonerei mai. Ora ti prego parliamo di altro, ho bisogno di rilassarmi”

Max, ogni volta che facciamo questo discorso reagisce allo stesso modo, accenna un sì col capo ma negli occhi passano in fila tutti i suoi veri pensieri, preoccupazione, tristezza e compassione.
Dura una frazione di secondo, poi distoglie la mia attenzione mostrando il sorriso più bello che ha.

“che ne dici di abbracciarmi? Solo per un po'”
Gli proposi sommessamente.

“certo che si pulce, vieni qui”

Si il soprannome che mi ha dato dal primo giorno che ci siamo presentati è questo.

Ero nel periodo dello sviluppo e non ancora del tutto cresciuta, ero la più bassa e la più magra del gruppo, un ammasso di capelli neri ambulante.

Così, vedendomi saltellare qua e là per l’emozione di conoscere così tante nuove persone, il suo cervello aveva fatto due più due abbinandomi a quell’insetto, non proprio carino.

Ma a lui ho sempre permesso di usarlo, la sua ingenuità fa capire che non c’è insulto in quella parola.

Dopo 20 minuti passati con la testa nascosta nell’incavo tra la sua spalla ed il suo collo sentii una lacrima scendere giù dal mio viso fino ad arrivare a bagnargli la pelle.

Quando se ne accorse mi tirò su guardandomi dritto negli occhi

“Non permettergli di farti piangere, ti scongiuro”

Ma non sapeva che le mie lacrime dipendevano dal fatto che dopo anni e anni mi ero finalmenre sentita di nuovo al sicuro, tra le sue braccia.
Come quando stavo con mia madre.

“e poi se continui a piangere -continuò- non potrò più controllarmi e ti bacerò”

“allora fallo, non ho intenzione di smettere” risposi accarezzandogli con l'indice  le labbra leggermente screpolate dal freddo.

Annuì un po' spaventato e mi prese il viso tra le mani, dopo aver asciugato le lacrime con i pollici fissò i suoi occhi sulla mia bocca.

Si avvicinò con cautela aspettando che in qualche modo mi ribellassi ma, quando capì che era veramente ciò che volevo, appoggiò le sue labbra sulle mie.

Il bacio che ne seguì venne tradotto dal mio cervello come una dolce melodia, di quelle che ti cullano e ti fanno rilassare.

Gli levai la maglietta e di conseguenza lui chiese con voce tremante:

“Sei sicura pulce?"

Sapeva che sarebbe stata la mia prima volta ed aveva paura, ma non ebbe più scelta dopo che gli risposi:

“ti prego”

I suoi baci così diventarono più intensi senza però perdere la loro dolcezza, i suoi occhi iniziarono ad ispezionare il corpo che da poco era completamente nudo.

Si soffermavano qua e là su qualche livido, gli vidi scendere una lacrima dall’occhio destro.

I suoi movimenti erano estremamente lenti, sinuosi ed attenti.

Rimanemmo per tutto il tempo abbracciati, ci stavamo sfogando a vicenda, esprimendo nei gesti il dolore che stavamo da tempo reprimendo e ricercando quell'affetto che da troppo ci mancava.

Da quel giorno ogni volta che mi presento da lui succede la stessa cosa, ma piano piano si è trasformata più in un gioco, nessuno dei due chiede altro, non siamo una coppia, non credo lo saremo mai.

Devo ammettere che Max è un ottimo amante e a differenza delle prime volte ha dimostrato di essere crudo e famelico durante questi incontri, senza mai perdere però  quel velo di sensibilità che lo rende ciò che è.

Un'anima buona che è persa, quasi completamente prosciugata dal dolore che la vita gli ha portato.

Ma pur sempre un'anima buona.

Mi sono emozionata scrivendo questa scena. Spero che  abbia trasmesso qualcosa anche a voi.
Baci❤️

NON MI LASCERÒDove le storie prendono vita. Scoprilo ora