Capitolo 17

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Un suono. Un fischio acuto e ininterrotto. Fu quello a svegliare Bianca dal suo stato di torpore. Le martellava nella testa, aumentando il forte malessere che sentiva. Il buio la circondava, immenso e spaventoso, si estendeva a non finire oltre il suo campo visivo. Percepiva che il suo corpo era poggiato su qualcosa di duro e freddo, ma non aveva la forza per aprire gli occhi e controllare dove si trovasse. Sapeva solo che sentiva male dappertutto, un dolore incessante che penetrava fin dentro le ossa. Era qualcosa che non aveva mai provato prima, e non sapeva come farlo smettere. Pian piano il fischio cessò, e il silenzio tornò ad acquietare l'ambiente. Ecco, andava già meglio. Era morta? Era quella la domanda che la sua mente continuava a ripetersi. Se era così, la morte era davvero strana. Non credeva di poter provare ancora dolore, ne di poter sentire ancora il suo corpo. Con uno sforzo immenso, riuscì ad aprire gli occhi, e una forte luce l'accecò, costringendola a sbattere più volte le palpebre per potersi abituare a quella nuova situazione. Il buio non c'era più, e ne era davvero sollevata. Poi ecco che arrivarono i primi suoni. Il battito lento e regolare del suo cuore, adesso poteva sentirlo chiaramente. Era come una dolce ninna nanna, tum-tum, tum-tum. Poi il suono del suo respiro, stranamente pesante, come se si fosse appena svegliata da un lungo sonno. Poteva percepire anche un insistente ticchettio, quello delle lancette di un orologio. Ma non vedeva nient'altro che bianco. Decisamente non era morta. Ma allora dove si trovava? Cercò di sollevare la testa, e rimase sorpresa quando scoprì di riuscirci. Il dolore persisteva, ma almeno poteva mettersi seduta. Inizialmente la vista era un po' appannata, e continuava a vedere delle macchie bianche di fronte a se, ma poi tutto iniziò a farsi più nitido. E quando vide dove si trovava, non credette ai suoi occhi. Il tavolo del salotto era proprio li davanti a lei, e la porta della cucina a qualche passo di distanza. Il bianco che vedeva, apparteneva alle pareti del soggiorno, e la forte luce dal lampadario sopra la sua testa. Casa. Quel nome suonava così bene nella sua testa, eppure sembrava solo un ricordo lontano. Non poteva credere di essere davvero tornata a casa, probabilmente era solo un brutto scherzo che la sua mente le stava giocando. O magari si era sbagliata ed era morta davvero, magari quello era il paradiso. Si portò una mano alla testa, e si scompigliò i capelli. Erano crespi e pieni di una sostanza appiccicosa e densa. Quando si guardò la mano, e vide che era sangue, scosse la testa con un brivido e si ripulì sul giubbotto. Si appoggiò ad una gamba del tavolo e la usò come leva per alzarsi in piedi. Le gambe le dolevano e sembravano non reggere il suo peso, ma comunque aveva bisogno di risposte. Cos'era successo? Come era arrivata li? Barcollando leggermente, riuscì a trascinarsi fino alla cucina. Tutto era vuoto e silenzioso. Con una smorfia raggiunse le scale, e gradino dopo gradino salì al piano di sopra, trovandolo esattamente come se lo ricordava. La sua stanza non poteva essere più in ordine di così, tranquilla e così stranamente triste. Fece vagare lo sguardo in giro, dal letto rifatto alle foto sul comodino, fino a quando incrociò lo specchio argentato attaccato alla parete. In un primo momento, spalancò la bocca di stupore, e scosse la testa. Poi i ricordi l'assalirono di colpo, e si abbatterono nella sua testa un dopo l'altro come coltellate. Tutto ciò che era successo si ripeteva a velocità elevata nella sua testa, ogni emozione che aveva provato, ogni parola che aveva detto, ogni pericolo che aveva affrontato, come in un film. Ogni cosa si aggiungeva alla tempesta che si era accesa dentro di lei, e che stava buttando fuori attraverso le lacrime. Dov'erano Luke e Rebeka? Che fine avevano fatto? Dov'era Cole? E perché non riusciva a rispondere a nessuna di quelle domande? Con gli occhi che bruciavano e la vista sfocata per le lacrime, si spinse fuori dalla sua camera, e scese le scale di corsa. Non poteva stare un minuto di più in quella casa. I suoi singhiozzi riempivano il silenzio, e non si bloccarono nemmeno quando andò a sbattere contro qualcosa. Contro qualcuno. Alzò lo sguardo, e le sue lacrime aumentarono quando vide la figura di Kyle davanti a se. Perfino li fuori l'Inferno la inseguiva. Indietreggiò, inciampando nell'ultimo gradino e cadendo all'indietro nelle scale. Le sue lacrime non cessarono, e non smise di singhiozzare, nonostante la presenza del ragazzo di fronte a se. Non aveva tempo di chiedersi cosa sarebbe successo ora che lui era uscito dalla sua prigione. Il dolore era troppo da sopportare, e le domande troppo confuse per poter trovare anche solo una risposta.

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