L'usignolo della porta accanto

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Era la sera di un giorno primaverile

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Era la sera di un giorno primaverile.

Passeggiavo tra i ciliegi in fiore di una stradina isolata, forse uno dei pochi angoli della città con un'aria ancora decente da respirare.

Guardandomi intorno pensai però che probabilmente il paesaggio che avevo davanti doveva essere forse più da femminuccia: i petali delle piante che andavano a formare quelle pozzanghere rosa e quell'odore così dolce da essere sul punto di darti la nausea ma che poi, dopo che ci fai l'abitudine diventa piacevole.

Sempre meglio che stare nel mio condominio, i nuovi arrivati stavano facendo ristrutturare l'appartamento, e i loro muratori rompevano i timpani a tutto il vicinato; perciò scappavo da quel groviglio di rumori per rifugiarmi nel mio silenzio.

Con il "mio silenzio" intendo i cinguettii degli uccelli che cantano sempre la stessa canzone, il soffio del vento che crea disordine tra i perfetti cumuli di foglie accatastate e magari anche del dialetto di una donna impegnata a lavare i piatti di una delle case qui attorno.

Era tutto ciò che sentivo, in genere seduto sulla panchina su cui mi stavo dirigendo, ormai un rituale che mi ero concesso durante quel tempo inutile che non sapevo come trascorrere.

I giorni passavano uguali sotto quei ciliegi che di lì a poco si sarebbero colorati rosso, ed io non mi sarei più lamentato del paesaggio che di rosa non avrebbe avuto più nulla... ma quel giorno oltre a quel cinguettio stonato, oltre a quel vento confusionario e perfino oltre ad una donna che imprecava in qualche variante linguistica per un piatto rotto, sentii anche una voce.

La voce cantava "sweet dreams"di Eurythmics, era femminile ed era così dolce nel pronunciare le parole che non era neanche lontanamente paragonabile a quei cantautori poco originali che se ne stavano appollaiati sui rami di un albero.

Ascoltai la canzone, cercando di capire da dove provenisse seguendo quella scia di note perfette che volteggiavano nell'aria; cercavo di acchiapparle, di prenderle come un collezionista disperato.

Troppo tardi: la canzone era finita e non potendo fare "ripeti" o "torna in dietro" come si può fare su una playlist, attesi nella speranza di un bis.

Aspettai circa un'ora prima di rinunciare e tornare a casa, dove i rumori di notte cessavano come una tregua in una guerra tra trapani e orecchie seniate dalla mancanza di buoni tappi di cera.

Passò la notte, il mattino, il pomeriggio e infine la sera.

Io ero di nuovo lì, in attesa di quella magia e di nuove note da aggiungere alla mia collezione.

Non dovetti aspettare molto poiché dopo qualche minuto tornò la voce di ieri: sempre "sweet dreams", stavolta un po' meno acuto del giorno precedente ma pur sempre con lo stesso tono dolce e leggero di una persona che forse aveva messo troppo miele nel dolce di fine pasto.

Una volta finita ormai avevo già individuato la finestra in cui avveniva la magia; non rimasi che pochi minuti a fissare quei vetri mezzi aperti per poi sentirmi un maniaco e girare i tacchi per tornarmene da dove ero venuto.

Ma la voce mi sorprese, facendo quella sua seconda comparsa su quel palco di cui io ero l'unico e invisibile spettatore, stavolta con "human" di Cristina Perri.

Mi godetti quel concerto improvvisato, stupendomi dei gusti musicali della voce, i quali probabilmente molto simili ai miei in quanto, avevo fatto già due risposte corrette in quel quiz di sconosciuta invenzione.

E così andare nel "mio silenzio" non era più un modo per passare il mio tempo inutile, ma era diventato un vero e proprio appuntamento.

Le canzoni erano sempre di origine triste, ma la voce le addolciva con il solito miele, aggiungendo a volte un po' di amaro e altre volte un po' più di zucchero.

Un giorno mentre ero in attesa in quella stradina e aspettavo che salisse sul palco quell' artista misteriosa , un altro pezzo a me sconosciuto entrò a far perte della lista delle canzoni che non ero riuscito a indovinare:

iniziò tutto con un urlo, ed alla solita voce se ne unì un'altra maschile, arrabbiata e che dava l'impressione di non avere buone intenzioni, e ne ebbi conferma quando oltre al litigio iniziai a sentire anche oggetti che andavano in frantumi.

Suonai il campanello della casa, sperando di distrarli, ma le loro grida coprivano anche il mio tentativo di aiutare. Cercai di entrare, sfondando la porta ed anche se sapevo che non erano affari miei, non volevo che qualcuno picchiasse l'artista a cui inconsapevolmente mi ero affezionato.

Andò a finire che riuscii a sfondarla è appena in tempo per vedere un ragazzo tirare per i capelli la presunta voce. Lui appena mi vide gli prese il panico e scappò via dalla porta da cui ero entrato, probabilmente mi credeva un vicino, oppure aveva solo avuto paura di vedere un'altro ragazzo più grosso di lui venirgli incontro.

Andai dal corpo tremante che giaceva a terra, era di una ragazza oramai in lacrime che appena mi vide non cercò spiegazioni ma solo conforto da uno sconosciuto.

Dopo quella volta la voce aveva smesso di cantare: la ragazza aveva chiamato la polizia ed il ragazzo era stato trovato e accusato per violenza; era tutto quello che mi era stato concesso sapere, poi era scomparsa da quella finestra da cui ancora speravo che cadessero le gocce del miele di troppo e le note perfette.

Ero nel mio appartamento, stavo cercando di farmi un solitario in quanto fuori la pioggia copriva il profumo dei ciliegi e non mi permetteva di sprecare il tempo in un altro modo.

Fu allora che sentii una voce: "sweet dreams" di Eurythmics, era femminile ed era così dolce nel pronunciare le parole che non era neanche lontanamente paragonabile a quel miagolatore professionista che ora osservava le mie mani tremanti.

Proveniva dall'appartamento finito di essere ristrutturato da poco, dove i trapani dei muratori adesso aveva lasciato il posto a quella magia.

Anche se la pioggia mi oscurava i cinguettii degli uccelli adesso avevo il loro usignolo proprio qui alla porta accanto.

Senza rendermene conto adesso mi trovavo davanti a quella porta, aspettai che finisse la canzone per bussare: cosa fare? Cosa dire? Al momento non lo sapevo bene, forse mi avrebbe riconosciuto o forse no.
Cosa sapevo per certo? Che ora lei era diventato il "mio silenzio".

Con questa convinzione aspettai che aprisse la porta, non mi sarei più accontentato di essere quello spettatore invisibile che raccoglieva le note che volteggiavano nell'aria.

E chissà forse quel mio solito appuntamento con la voce, si sarebbe mantenuto anche senza cinguettii, senza il vento e senza i ciliegi dai cui tutto era iniziato in una sera primaverile.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 09, 2018 ⏰

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