UNO

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Il dolore è paragonabile al freddo: è capace di entrarti dentro le ossa, ti fa male, ti paralizza, e ti conforta solo se c'è qualcosa di più caldo a scaldarti. Ma quella mattina, nulla era così confortante da farmi superare un dolore simile, mai provato prima. Una mattina in cui il dolore mi ha messo a nudo con me stesso: mi ha spogliato davanti alla mia natura di bastardo e mi ha fatto capire come stanno realmente le cose. Non accetto il destino, ma accetto le cose che non posso cambiare. Eppure, scambierei volentieri il mio carattere (uguale a quello di mio padre) con quello di un'altra persona. Non ho versato una lacrima quando ho realizzato che era realmente morto, eppure la mia anima piangeva ogni sera. Dovevo stare accanto a mia madre, e a mia sorella. Dovevo essere forte per loro, non potevo permettermi di crollare ora. Ero il pilastro fondamentale in quella situazione. Ma caddi cento volte, davanti a me, davanti a loro, davanti al nome di mio padre. Mentre mi dannavo sul letto a piangere e a immagazzinare rabbia che non sapevo come scaricare. Il giorno del funerale ero vuoto, non sentivo niente: nè le parole, nè il dolore, nè la mano di mia madre che accarezzava la mia per confortarmi. La mia anima era malata. Questo ebbe una ricaduta sul mio lavoro; quando, finalmente, ho metabolizzato l'accaduto ho provato un'empatia strabiliante con i miei pazienti. Ho preso il mio lavoro più a cuore, concentrandomi su quello che ritenevo più giusto. Seguendo ciò che la mia mente mi suggeriva di fare. Sono passati tre anni da quel freddo polare, da quando ho capito che ho subito inconsapevolmente una rinascita emotiva e spirituale. Ho sempre lo stesso caratteraccio, ma pare che nessuno se ne accorga, poiché sto sempre a lavoro, dove sono notoriamente calmo.

Dopo un periodo di stress, ho deciso di lavorare all'interno di un ospedale, almeno non ero solo nel mio studio di pochi metri quadri che riuscivo a permettermi, e potevo vedere giornalmente il progresso dei miei pazienti. Adesso il mio studio è un po' distanziato dalle camere dei miei pazienti, ci separa un lungo e largo corridoio. Sulla porta del mio studio ci sono alcune cose che mi riguardano. Quindi eccomi qua, in piedi, a fissare la scritta 'Shawn Mendes, psichiatra' attaccata alla porta in legno. Lo studio è grande, c'è una scrivania con tutte le cartelle dei miei pazienti, penne sparse, ricette, scatole di farmaci, tazze di caffè, il mio computer e dei vari disegni fatti dai pazienti. Successivamente ci sono delle poltrone, poi una poltrona allungata in pelle e armadi in legno. Le pareti sono state dipinte di un colore giallo pastello, le ritenevo troppo banali per i miei gusti; così ho deciso di disegnarci a mano i miei fiori preferiti: rose, calle, fiori di ginestra, peonie e fiori di magnolia. Le infermiere credono fermamente che il mio orientamento sessuale sia diverso dal mio reale orientamento, certo che bastano un paio di fiori e degli stivaletti per definire una persona gay! Melissa, la ragazza che amo di più al mondo, dice che chiunque riceverà in dono il mio cuore sarà la più fortunata del mondo. Sono orgoglioso di dire che ho scelto di donarlo a lei, dopo anni in cui mi consideravo un pezzo di merda, ho rimesso le carte in regola. Ma si sà, in un anno cambiano le stagioni, i vestiti, la Terra compie 365 giri intorno a se stessa, e sfortunatamente cambiano anche gli amori. E' questa l'unica spiegazione che sono riuscito a darmi dopo che Melissa mi aveva detto che il suo cuore non mi apparteneva più.

Il dolore in questione, quando parlo di Melissa, era meno grave rispetto a quello che provai per mio padre, ma mi lasciò come una freccia conficcata in mezzo al mio fragile petto. Quella sera, dopo il lavoro, avevo ancora un studio privato, tornai a casa, feci tardi come al solito. Dopo aver forzato un po' la serratura entrai e trovai la casa sottosopra. "ladri" pensai, ma poi realizzai che erano vestiti, oggetti di valore, valige e altre cose che appartenevano a Melissa. Iniziò a sudarmi la fronte, mi diressi nella nostra stanza da letto, e lì la vidi. Il trucco colato, i capelli spettinati e probabilmente urli sonori contro i miei oggetti, dato che erano a terra. Mi avvicinai con tutta la calma del mondo. 'Melissa, ma che ti prende?'. Non mi guardò neanche per un istante, stava facendo l'ennesima valigia, era qualcosa di serio. Le diedi tempo, iniziai a togliermi il giubbotto in pelle e a raccogliere i miei orologi, profumi e cornici con le nostre foto da terra. Poi feci il giro, la raggiunsi dall'altra sponda del letto. La convinsi a sedersi e a parlarmi. In mano stringeva la mia maglietta che la notte scorsa aveva usato come pigiama. Posai delicatamente la mia mano sulla sua testa, accarezzandole i capelli. 'Cosa c'è' dissi quasi sussurrando, per paura della risposta. Lei fece un respiro profondissimo, si schiarì la voce. 'Dimmi che ore sono' era quasi esasperata ma decisa, il tono non trapelava incertezze. Scostai la mia mano dal punto in cui l'avevo posata per leggere l'ora sul mio orologio. Mi stupì anche io. 'Mezzanotte passata'. Fece una risata di approvazione. 'Mel, domani cercherò di sbrigarmi il più in fretta possibile'. Lei scatto in piedi. 'Domani?' urlò con tutta la forza che aveva in corpo. Successivamente si tappò la bocca con una mano, ricordandosi di vivere in un palazzo. 'Sono due anni che ti vedo solo a pranzo, la notte e tre quarti d'ora di mattina giusto per fare colazione. A volte, la notte, mi siedo sul bordo del letto per guardarti perché ho paura di dimenticare i lineamenti del tuo viso!.' disse, voleva urlare, ma non gli era permesso farlo. Sarebbe stato liberatorio. Mi resi conto di che pessimo fidanzato fossi solo quando la guardai negli occhi, e mi resi conto che piangevano per la mia assenza, a causa mia; e non potevo fare altro che ascoltarla e sentirmi dannatamente in colpa. 'Quand'è stata l'ultima volta che abbiamo trascorso un weekend fuori?Eh?' ci fu una breve pausa. 'Te lo dico io Shawn, due anni fa'. Aveva pienamente ragione, ero sempre concentrato su quel fottuto lavoro 12 ore al giorno, non avevo mai il tempo per me stesso, ne il tempo per respirare. Smise di camminare e agitarsi. Si fermò di colpo. 'Me ne vado'. disse mettendo la mia maglietta sulla testiera del letto. Il mio cuore voleva uscire dalla cassa toracica. 'Riproviamoci, abbiamo solo venticinque anni' dissi con un nodo in gola, la bocca si faceva secca e le parole uscivano a fatica. Non potevo perdere anche lei. 'Sono stanca Shawn, ti amo con tutto il mio cuore, ma io non posso vivere così' la interruppi 'É solo un periodo, ti assicuro che quando ridimensionerò gli orari starai meglio e avremo più tempo per noi stessi'. La guardavo negli occhi, stava piangendo in silenzio. 'Il tuo turno è comunque di 12 ore, non puoi fare niente'. Si guardò allo specchio, io mi limitavo ad incantarmi sulla fioca luce alla mia destra. 'Pensa al nostro futuro. Cosa vedi?' chiese fredda. I suoi occhi castani erano contornati dal mascara, ormai colato. 'Vedo noi due, qua, felici, con un bambino' a questo punto fu lei a interrompermi 'Ecco, cosa dirò a nostro figlio quando lo metterò a letto e tu non ci sarai mai? Papà sta lavorando per un'agenzia segreta, è in missione speciale?Non funziona così. Crescerà vedendoti pochissime ore al giorno..' si fermò solo per piegare delle magliette 'Io non vedo felicità in un futuro con te'. Quelle parole, giuro, che mi avevano davvero toccato l'anima. Ero sul punto di piangere, ormai avevo capito che il problema era il mio lavoro. Da quello che ho potuto evincere, non ero io il problema. Fino a quando non mi confessò una cosa; un colpo davvero basso. Frasi che hanno il potere di irradiarsi dentro la tua mente, per sempre. Si sedette affianco a me, mi accarezzo la guancia. Sorrisi lievemente al contatto delle sue morbide dita, che spesso si intrecciavano tra i miei capelli quando ci baciavamo. 'Me ne vado perché me lo merito, il problema sono anche io'. Non dissi niente, non stavo capendo. Mi guardò dritta negli occhi: 'Ti ho tradito'. Se due minuti prima cercavo di non piangere, questa fu esattamente la goccia che fece traboccare il vaso. Piansi, in silenzio, solo i miei occhi lacrimavano, non feci notare altro.

Sapevo che, il suo tradimento era stato fatto per una ricerca di amore e affetto mancato. Ma faceva male, da morire. Non dissi niente. 'Mi sento abbandonata' piangeva. Mi avvicinai a lei, la sua testa mi arrivava alle clavicole. La abbracciai forte, in silenzio, con gli occhi chiusi che bagnavano la sua spalla su cui mi ero chinato, respirando un po' del suo profumo. Cercando di fermare il tempo, di dimenticare le ultime cose che mi ha detto e di donarle almeno un po' di amore che le mancava. Me ne sono accorto troppo tardi, purtroppo. Si sfilò l'anello di fidanzamento e lo posò sul suo cuscino. Se ne andò veramente, non ci furono periodi di prova; la casa era vuota senza di lei, dormire era diventata un'agonia e ogni scusa era buona per ubriacarmi con il mio migliore amico Thomas. Quella sera mi ubriacai proprio con lui, mi fece un gran bel discorso, ma l'alcol non me lo fece ricordare. Probabilmente riguardava il non mollare e il ricominciare. Thomas è una persona straordinaria. Con i suoi capelli biondi e gli occhi verdi è praticamente il sogno della maggior parte delle ragazze. Anche se lui dice che guardano più me. Ci conosciamo da poco, circa tre anni, e ci siamo incontrati in un pub. Mi ha aiutato molto durante questi periodi un po' cupi della mia vita. Ogni dolore ti cambia, a seconda dell'impatto che ha sul tuo cervello. Questo dolore cambiò drasticamente il modo di relazionarmi con le persone che non sono miei pazienti. Sono passati ormai sei mesi da quando Melissa lasciò la nostra casa, completamente nelle mie mani. Sento in me quasi una rinascita, si può ricominciare, piano piano, con dei respiri profondi. Cerco di ignorare i brutti ricordi, sono nocivi e ti demoliscono inconsciamente. Ho capito che era meglio sostituire la grossa quantità di alcol che assumevo con la corsa o comunque l'esercizio fisico in generale. Così adesso, dopo tanto tempo, vivo solo come un cane. Quando non lavoro mi fa compagnia la tv e le chiamate di mia sorella o mia madre, oppure la semplice voce di Thomas. Ma a me va bene così. *Accetto le cose che non posso cambiare*. Ho iniziato anche a suonare la chitarra e ad esercitarmi con la voce dopo varie parole di incoraggiamento da parte di Thomas. Lui ha una band tutta sua, a cui, delle volte mi unisco per rivisitare i testi che scrivono. Sono buffi, parlano dell'amore quasi fosse un gioco quando in realtà è una delle cose che più ti completa. E questa è un po' la vita: un po' di sfiga, vari disegni, altrettante delusioni, musica e molta attrazione per la mente umana. 

Controlled life (SHAWN MENDES)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora