2 maggio 2013
Ore 7.38
Sichelstraße era proprio dietro l'angolo, ma Johann, aggrappato al volante della Golf, fermo in mezzo alla strada deserta, non riusciva ad arrivare in fondo alla via e svoltare. Si sentiva un verme. Aveva tradito Nora e ora, più che aver paura che le accadesse qualcosa, temeva di perderla perché il suo uccello, una volta tanto, aveva avuto più personalità di lui e l'aveva trascinato in quell'avventura clandestina senza senso. Beatrix una volta, per scherzare gli aveva detto che Dio aveva donato all'uomo un pene e un cervello, ma non abbastanza sangue per farli lavorare entrambi, contemporaneamente. Quella era la sarcastica verità di quel momento.
La casa, oltre la fila di alberi, incombeva minacciosa e Johann poteva figurarsela davanti agli occhi, con Nora al suo interno, che controllava fuori dalla finestra quando lui sarebbe arrivato.
Non l'aveva neppure chiamata la sera precedente, non le aveva telefonato per farle sapere che sarebbe rimasto tutta la notte in centrale per lavorare al caso del killer della luna piena e non aveva neppure avuto voglia di tornare da lei quando, poche ore prima, era uscito.
"Perché stiamo ancora insieme?" si chiese.
Nora sarebbe potuta andarsene già da qualche settimana e lui non se ne sarebbe neppure accorto, pensò. Stavano insieme con il nastro adesivo, solo perché erano mesi che si frequentavano e che convivevano, ma ultimamente le cose non stavano andando bene. Si erano allontanati, si stavano perdendo e Johann aveva l'impressione che presto Nora l'avrebbe lasciato.
Ciononostante ora la presenza ingombrante di Nora nella sua vita lo stava soffocando e non riusciva a sentire più il bisogno di avere lei accanto. Come avrebbe potuto continuare in quello stato, si chiese. Era difficile riuscire a mentire per tanto tempo senza che qualcuno se ne accorgesse.
Alzò lentamente il piede dalla frizione e l'auto procedette sulla strada a rilento, pochi centimetri alla volta, finché si ritrovò sulla curva e di nuovo Johann rallentò. Notò all'improvviso dei fari che apparvero nello specchietto retrovisore e allora diede gas, curvò e parcheggiò nel vialetto di casa, quindi spense l'auto e restò a fissare la sagoma regolare e debolmente illuminata dell'abitazione al numero 8 di Sichelstraße.
Gli pareva un mostro, ormai. L'aveva acquistata un anno e mezzo prima, l'aveva sistemata e arredata insieme a Nora, quando avevano deciso di andarci a vivere insieme e infine si erano stabiliti come una bella coppietta in un quartiere tranquillo, recentemente creato, circondato dal verde e lontano dal movimento del centro abitato.
Ora invece era tutto diverso perché quando si trattava di tornare a casa, Johann sentiva un peso dentro di sé, qualcosa che Nora non poteva più curare poiché anche se non lo diceva apertamente, lui era convinto che l'origine di quella spiacevole sensazione fosse proprio lei.
Le cose non erano più come in principio tra loro e a Johann sembrava che quella donna, di giorno in giorno, si stesse preparando a confidargli che da tempo meditava di lasciarlo e di andarsene.
Scese dall'auto e si diresse alla porta, con il cuore che si faceva più pesante ad ogni passo. Sul pianerottolo, infilò una mano in tasca alla ricerca delle chiavi e ne trasse un mazzo che trillò nell'atmosfera tetra di quel mattino sulle soglie della primavera. Infilò la chiave nella serratura e fece scattare il meccanismo quattro volte, quindi abbassò la maniglia ed entrò.
Dentro era tiepido e le luci erano spente.
Johann appese il cappotto, si sfilò la giacca consumata e andò in camera. Si fermò sull'uscio socchiuso e si affacciò: il corpo di Nora, nascosto dalle coperte, si muoveva appena. Dormiva ancora, ma tra pochi minuti si sarebbe alzata.
Più la fissava, più si sentiva un vigliacco per quello che le stava facendo. Perché non riusciva a guardarla negli occhi e a dirle la verità? Se non provava più nulla per lei, rifletté, perché non poteva lasciarla andare? Aveva paura, come aveva detto a Mark, ora che andava per i quaranta?
Si sentì avvampare improvvisamente e fu come se percepisse il bisogno di scusarsi con Nora, di chiederle perdono, ma non parlò. Entrò nella stanza, si avvicinò al letto e si chinò su di lei, si sedette accanto al suo corpo e mentre Nora si rigirava, guardandolo con occhi assonnati, le si sdraiò di fianco, la circondò con le braccia e la strinse al petto.
«Va tutto bene?» chiese lei, tornando a voltarsi dall'altra parte. «Sei rimasto ancora tutta la notte alla centrale?»
«Già», fu il commento smunto di lui.
«Dovresti tornare più spesso a casa, però», replicò la donna, incrociando le dita della sua mano a quelle di Johann.
«Lo so, mi dispiace.»
Nora restò ancora qualche minuto nel letto, finché la sveglia non suonò e allora di malavoglia si alzò, si volse verso Johann e lo baciò su una guancia. «Tu resta pure a letto», gli disse, dolcemente. «Io vado a preparare il caffè.»
«Solo un momento, Nora», fece. «Poi devo prepararmi e tornare al lavoro.»
Lei lo guardò con occhi biasimevoli. «Dovresti riposare di più, amore.»
Lui annuì. «Hai ragione, ma... lo sai meglio di me.»
«Ci sono altri poliziotti in centrale che possono supplire alla tua mancanza, non trovi?» cinguettò mentre usciva dalla stanza.
Johann non rispose e si voltò a pancia in su, fissando il soffitto. Il cuore prese a martellargli nel petto, le gambe si fecero molli e lui stesso si sentì pesante, che affondava tra le lenzuola e giù, nel materasso. Era come affogare, con l'acqua che entrava nei polmoni e lui che non riusciva a respirare.
"Come faccio a dirglielo?" si chiese.
Nora era di là, in cucina, a pochi passi da lui, eppure Johann aveva paura di parlarle, di rivelarle la verità, di dirle che l'aveva tradita.
"E allora perché sono tornato da Beatrix?" si domandò.
Non trovava risposta e continuava a cadere, sempre più in basso.
Restò ancora un quarto d'ora immobile sul letto, con addosso la costante preoccupazione di precipitare in quell'abisso morbido, finché Nora tornò in camera, si spogliò della sottoveste, si cambiò e fu richiamata nuovamente in cucina dalla moka che gorgogliava.
Johann si alzò con lentezza, affossato dal peso sopra il cuore, si mise in piedi e si guardò nello specchio. Gli parve di essere invecchiato di anni e di essersi smagrito. Vedeva il volto scavato, le occhiaie, i bulbi opachi e le sclere arrossate e stanche, la pelle secca e barbuta.
Uscì dalla stanza e raggiunse Nora, in cucina. Lei sorseggiava il caffè e quando vide Johann, ne versò dell'altro in una seconda tazza. Lui si sedette e bevve, senza alzare gli occhi dal tavolo.
«Dovresti tornare a letto, Johann» disse la donna.
«Non posso» replicò lui, distratto.
Lei insisté ancora, ma quando capì che non c'era nulla da fare, desistette. «Allora fa attenzione, d'accordo?»
«D'accordo», replicò lui.
La osservò mentre con gesti semplici e studiati sistemava le tazze nel lavello, le puliva, dopodiché si preparava, indossando il giaccone e usciva, con la borsa a tracolla, salutandolo con la mano guantata.
Johann rispose al saluto in modo piuttosto tiepido, ma Nora era già in strada e non ebbe modo di accorgersi dell'atteggiamento dismesso.
Lui si alzò, andò alla finestra della cucina, guardò fuori e la vide mentre si allontanava a bordo della sua piccola utilitaria.
«Sei proprio un gran figlio di puttana, Johann Völler», sentenziò e senza volerlo, sferrò un potente diretto al muro, sentendo una fitta salirgli su per il braccio. Dopodiché allontanò la mano e ammirò con soddisfazione e rabbia la pelle graffiata che si colorava di rosso e quasi pulsava per il dolore.
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E le tenebre scesero sopra Friburgo
WerewolfNella cittadina di Friburgo in Brisgovia, ai margini della Foresta Nera, improvvisamente un misterioso animale all'assalto inizia la sua carneficina, mese dopo mese. Nessuno crede più alla favola del lupo cattivo, eppure pare che questa volta, a fur...