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«Tu non sai niente, dove sta non lo dicono mica col megafono, è nel programma di protezione testimoni», spiego.

Lara mi accarezza il viso e parla cospiratoria col tono basso, «Ho visto un appuntato col vassoio della cena che apriva una porta blindata in fondo al corridoio, appena s'è aperta ho intravisto una scala, tipo come se scendesse nel sotterraneo. Se ci pensi questo è il posto più sicuro che hanno a Fregene, è pieno di poliziotti.»

La osservo concentrato e per un attimo abbocco, ma subito mi tornano in mente le parole di Triviati e sospiro, «C'è una talpa nella polizia, se il Gommista stesse qui sarebbe in pericolo--».

Tempo scaduto!

Triviati spalanca la porta e ci sorprende ancora attaccati al muro, avvinghiati. Lo vedo che s'imbarazza, ma tiene alto il tono, «Forza, scollatevi».

Lara si libera dalle mie mani e gli va incontro, «Faccia parlare Rio col Gommista, loro si conoscono da una vita, hanno il diritto di parlarsi».

«Lara!», rimprovero, chiamo, supplico, non so esattamente come ho pronunciato il suo nome, vorrei solo che non s'immischiasse.

Triviati la guarda storto, «La prego di tornare nella sala d'attesa, signorina Loversi, questo ricovero temporaneo è anche per la sua sicurezza. Ci stiamo organizzando per la notte.»

«Che?», lo abbiamo detto in coro.

Triviati tira il fiato, «Da qui nessuno entra e nessuno esce».

«Così è sequestro di persona!», dice lei.

«Non faccia come suo padre, per favore, ce l'avete per vizio di citare codici e reati a ogni affermazione!»

«Io non ho vizi in comune con mio padre!»

«Okay», mi infilo tra loro, «Direi che possiamo fare una pausa sigaretta».

«Io non ci posso credere!» Lara esce stizzita e va alla ricerca del padre avvocato incazzato che inizio a pentirmi di aver coinvolto.

Sfilo una sigaretta dalla tasca e frugo per trovare lo zippo.

«Qui dentro non si fuma e fuori non ci puoi andare», dice Triviati.

Rido. «Mentre mi torturavano pensavo che fumare mi avrebbe alleviato le sofferenze, e ci credi se ti dico che quando m'hanno spento addosso le cicche ho rosicato? Cazzo, mi sono detto, prima potevano farmi fare l'ultimo tiro.»

Impallidisce. Stenta a credermi, lo so.

«Questo per dire», e mi dirigo verso la porta, «che i tuoi divieti me li sbatto.»

Si piazza tra me e la porta e parla sottovoce: «Da un momento all'altro qua fuori potrebbe arrivare un sicario, un gruppo armato, una pallottola sparata chissà da dove da un cecchino, non puoi andare a fumare in cortile come uno che fa ricreazione, lo capisci?».

Mi diverto a schernirlo, non posso farci niente, è più forte di me. Abbasso il mento e gli parlo altrettanto complice: «Puoi stare tranquillo, capo, che qui oggi non arriva nessuno perché l'appuntamento ce l'ho domani sera».

Lui spalanca bocca e occhi e diventa una maschera di nervi, «E che cazzo aspettavi a dirmelo!».

«Perché? Ora che lo sai te ne vai a cena fuori?»

Mi tira una sberla sulla testa. «Tu sei una spina nel fianco, Riva!»

Allungo verso di lui lo zippo, «Te n'offro una. Ti do pure le banconote e ti dico anche dove e a che ora li devo incontrare, ma solo se mi fai parlare dieci minuti col Gommista».

∞ nessuno muore per sempre ∞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora