Cap.34

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27 gennaio, 22.56

Levi

- Kenny.

Mi sentii gelare il sangue nelle vene.

Sia io sia la Quattrocchi eravamo disarmati, e là fuori c'erano più di trenta persone pronte ad ucciderci tutti e tre.

Arretrai, salendo di un gradino, e strinsi un'ultima volta la mano di Eren:- Andate giù, veloci. Io provo a temporeggiare.

Eren si voltò a guardarmi, carico di preoccupazione:- Ma...

Feci un passo avanti in un lampo, per unire le mia labbra con le sue e mettere le mani gelate sulle sue guancie che, invece, sembravano andare a fuoco:- È un ordine, Moccioso. Niente "ma".

I miei occhi si calamitarono ai suoi, consapevoli che quelle fossero le stesse parole che avevo detto quella mattina, ma che ora avevano miliardi di "ti amo", nascosti tra le righe.

Lui mise una mano sulla mia, ancora a contatto con la sua pelle calda, e rispose:- Si ricordi di non morire, Capitano.

E dopo di che si voltò all'improvviso, scendendo rapidamente i gradini.

Lo seguii con gli occhi solo un attimo, mentre andava dietro ad Hanji e ad Armin, prima di chiudere la botola e coprirla la con un tappeto.

Arrivati a quel punto, non potevo permettermi di perderlo, o di morire.

La "fine" tra noi era un'opzione inconcepibile.

E se volevo salvarci entrambi, c'era una sola cosa che potevo fare: temporeggiare.

Eren

Nel buio pesto, Hanji accese l'unica lampadina che penzolava dal soffitto, illuminando così il pavimento di pietra, vecchi armadi chiusi ed un tavolo in legno al centro della stanza, sopra il quale un grosso libro faceva bella mostra.

Aveva una spessa copertina marrone e consunta, le pagine gialle e, sopra, era marchiata a fuoco l'immagine di una chiave.

La stessa che si presentava sulla mia pelle.

Scambiai uno sguardo rapido con Armin ed Hanji e, dopo aver ricevuto i loro cenni di assenso, voltai la prima pagina del libro.

Mi scorsero sotto gli occhi appunti scarabocchiati, talvolta che seguivano piccoli schemi sul margine ingiallito della carta.

Come titolo, in penna nera appena sbavata capeggiava un solo nome: Mikasa Ackerman.

Ackerman.

Quindi... Levi non era l'unico?

Alzai lo sguardo da quel nome, portandolo su Hanji, che stava leggendo gli appunti, con gli occhi scintillanti:- Ehi... Ma quindi Levi non era l'unico discendente dell'angelo?

La donna si aggiustò gli occhiali sul naso:- Evidentemente no. Ma pensaci! Questo spiega perché il demone abbia voluto dividere il suo potere, ed anche perché abbia mirato prima a Mikasa.

Improvvisamente tutti i pezzi della storia scattarono al loro posto:- Ecco cosa è successo! Mio padre, quella sera, non ha mai mirato a tramandare il demone a Mikasa, puntava solo ad ucciderla. Per poi passare ad un altro di noi il potere del demone e fare in modo che si ricongiungesse alla seconda metà.

Armin saltò sul tavolo con una leggerezza degna dell'aria e commentò:- Quindi l'unica cosa che manca da scoprire è come intendeva auto tramandarsi in un bambino e se ci sia un via d'uscita da tutto questo.

Annuii alle sue parole, e presi a sfogliare pagina dopo pagina, vedendo i nomi di coloro che erano morti, uno dopo l'altro, contrassegnati dalla parola "negativo" sul fondo della pagina.

Dal piano di sopra arrivarono dei tonfi, ma li ignorai.

E infine, sull'ultima, il mio nome era scritto a caratteri cubitali, e si distingueva solamente per quel piccolo "positivo" scarabocchiato alla fine.

I miei occhi scivolarono veloci sulle parole, leggendo del metodo con cui mio padre, guidato dal demone, aveva prelevato un campione del proprio sangue per iniettarmelo.

Dopo di che erano descritte le mie reazioni di giorno in giorno, fino a che le osservazioni si erano interrotte bruscamente.

Quando il demone, ormai dentro di me, aveva fatto una strage che aveva coinvolto anche i miei genitori.

Voltai pagina, senza trovare nulla.

Era vuota e ingiallita.

Come quella successiva.

E anche quella dopo.

- Hanji... - mi tremò la voce - Non c'è... Non c'è una soluzione.

Silenzio.

Rimasi a fissare la pagina vuota.

Non volevo, non potevo, non trovare un modo per liberarmi del demone.

Ci doveva essere qualcosa che potevo fare per sbarazzarmi una volta per tutte della creatura che aveva rovinato e distrutto migliaia di vite, la stessa che perseguitava Levi.

Sarebbe stato troppo chiedergli di restare con me quando sarebbe stato costretto a convivere anche con il demone.

Gli occhi mi bruciavano di pianto imminente.

No, non era possibile.

Non volevo costringerlo ad amare la sua stessa condanna.

Sarebbe stato troppo.

Poi, all'improvviso, dal piano superiore ci fu silenzio.

Mi paralizzai sul posto, trattenendo le lacrime ancora un attimo.

Levi era là fuori a temporeggiare quanto più possibile per coprire noi.

E se...

Mi voltai verso le scale.

E, in un attimo, trovai la forza di dire:- Ottimo. Demone o no, Levi è là sopra. E non li sento. Devo andare.

Hanji non provò nemmeno a fermarmi, rispose solamente:- Vai. Questa è la vostra guerra, Eren. Tua e di Levi. Quindi vai a salvarlo, anzi, salvatevi a vicenda.

Fu allora che scattai varso i gradini di pietra.

Con un solo occhio dal quale scendevano le lacrime, mentre l'altro, lo sentivo, mutava da verde a rosso fuoco.

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