In un campo di boccioli

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Si dice che una storia perda qualcosa ogni volta che la si racconta. Se è davvero così,questa non ha perso niente,perché è la prima volta che viene raccontata. È una storia che costringerà alcune persone a mettere da parte il loro scetticismo. Se tutto questo non stesse capitando a me,sarei scettica anch'io. Molti invece non faranno fatica a crederci,perché le loro teste sono state aperte,sbloccate dalla chiave che spinge la gente a credere,qualunque essa sia. Queste persone sono nate così,oppure da piccole,quando la loro mente era come un tenero bocciolo,sono state coltivate fino a quando i loro petali si sono lentamente dischiusi,pronti a nutrirsi della natura stessa della vita. Cade la pioggia e splende il sole,e loro continuano a crescere;hanno la mente così aperta che attraversano la vita con consapevolezza e accettazione,vedendo luce dove c'è oscurità,scorgendo opportunità nei vicoli ciechi,assaporando la vittoria invece di sputare fallimenti,mettendo in discussione ciò che altri prendono per buono. Un po' meno annoiate,un po' meno ciniche. Un po' meno inclini a gettare la spugna. Ad altri la mente si apre più tardi nel corso della vita,attraverso la tragedia o il trionfo,la chiave che può permettere di sollevare il coperchio della conoscenza,di accettare l'ignoto,di dire addio al pragmatismo e alle linee rette. Ma ci sono anche quelli la cui mente è un semplice mazzo di steli,che germogliano nell'apprendere un'informazione-per ogni dato nuovo,un nuovo bocciolo-e tuttavia non si schiudono mai,non fioriscono mai. Sono le persone fatte di lettere maiuscole e punti fermi. Mai di interrogativi e puntini di sospensione...i miei genitori appartenevano a questa categoria. Quella dei saccenti. Erano il genere di persone che <<se non è scritto in un libro o se non l'ho mai sentito prima,allora è una sciocchezza>>. Pensatori retti con la testa piena di germogli dagli splendidi colori,ben curati e profumatissimi,ma che non si aprivano mai,mai abbastanza leggeri e delicati da danzare nella brezza;diritti e rigidi,con i piedi ben piantati per terra,sono rimasti dei germogli fino al giorno della loro morte. Bè, mia madre non è morta. Non ancora. Non in senso clinico. Ma,se non è morta.di certo non si può dire che sia viva. È un cadavere che cammina,emettendo di tanto in tanto un suono come se volesse verificare di essere ancora al mondo. A guardarla da lontano,si potrebbe pensare che stia bene. Ma da vicino si nota che il rossetto rosa acceso è un po' sbavato e gli occhi sono stanchi e inespressivi, come gli appartamenti dei set televisivi,tutti facciata e niente sostanza. Si muove per la casa,vagando da una camera all'altra con indosso una vestaglia dalle ampie e svolazzanti maniche a campana, come una bellezza del Sud vestita alla Via col vento, che rimanda a domani tutte le preoccupazioni. Nonostante fluttui qua e là con la grazia di un cigno,sotto la superficie scalcia furiosamente,si dibatte nel tentativo di tenere la testa alta e ogni tanto ci rivolge un sorriso terrorizzato per farci sapere che è ancora lì,ma non riesce a essere convincente. Non la posso biasimare. Che lusso dev'essere sparire come ha fatto lei,lasciando gli altri a riordinare e a mettere in salvo i frammenti di vita rimasti. Ancora non vi ho detto una cosa,dovete essere molto confusi. Mi chiamo Tamara Goodwin. Goodwin,"bella vittoria". Un'espressione che detesto. Una vittoria è per forza bella oppure non è una vittoria. Come "brutta sconfitta" ,"sole caldo"o "morto stecchito". Due parole inutilmente abbinate per esprimere qualcosa che si potrebbe dire con una sola. A volte,quando mi presento,lasciò cadere una sillaba: Tamara Good,che suona ironico perché bella o buona non lo sono mai stata,o Tamara Win,beffardamente allusivo a una fortuna che non ho affatto. Ho sedici anni,o almeno così mi dicono. Ora ne dubito perché mi sembra di averne il doppio. A quattordici mi sentivo una quattordicenne:mi comportavo come una di undici e volevo averne diciotto. Ma negli ultimi mesi sono invecchiata di alcuni anni. È possibile? I germogli chiusi farebbero di no con la testa,mentre le menti aperte risponderebbero <<forse>>. Tutto è possibile,direbbero. Bè,non proprio tutto.non è possibile riportare in vita mio padre. Ci ho provato,quando l'ho trovato morto sul pavimento del suo studio-morto stecchito,a dire il vero-il volto libido,una confezione di pillole vuota al suo fianco è una bottiglia dì whisky vuota sulla scrivania.non sapevo bene cosa stessi facendo,ma ho appoggiato lo stesso le labbra sulle sue e gli ho premuto energicamente il petto più volte. Non ha funzionato. E non ha funzionato nemmeno quando al cimitero,durante il funerale,mia madre si è buttata sulla sua bara e si è messa a strillare e a graffiare il legno lucido mentre lo calavano nella fossa che,per inciso,era ricoperta con dell'erba finta,come se cercassero di rassicurarci e darci a intendere che non sarebbe rimasto sepolto per l'eternità nella terra brulicante di vermi. Anche se ammiro la mamma per averci provato,la sua crisi di nervi al cimitero non lo ha riportato indietro. Nè ci sono riuscite le infinite storie su di lui,raccontate al rinfresco,in una sorta di gara a "chi conosce meglio George"durante la quale amici e familiari,con le dita sui pulsanti,erano pronti con i vari <<se questa ti sembra divertente,aspetta di sentire quella volta che...>>,<<un giorno io e George...>>,<<non dimenticherò mai quando George ha detto...>> Erano tutti talmente ansiosi di partecipare che hanno finito per parlare contemporaneamente,versando lacrime e vino rosso sul nuovo tappeto persiano della mamma. Hanno fatto del loro meglio,questo era chiaro,e in un certo senso papà era quasi presente,ma le loro storie non lo hanno comunque riportato indietro. E non ha funzionato neanche quando la mamma ha scoperto che le finanze di papà erano sane praticamente quanto lui. Era sul lastrico; la banca aveva già avviato il pignoramento della nostra casa e di tutte le altre proprietà,costringendola a vendere tutto,ma proprio tutto quello che avevamo per saldare i debiti. Nemmeno allora è tornato ad aiutarci. Così ho capito che se n'era andato. Se n'era andato per davvero. Ho pensato che, se aveva permesso che affrontassimo quella situazione da sole-che io soffiassi aria nel suo corpo morto e la mamma graffiasse la sua bara davanti a tutti-e poi era rimasto a guardare mentre ci toglievano quello che avevamo,allora voleva dire che se n'era andato per sempre. Ha fatto bene a non restare nei paraggi. Perché è stato terribile e umiliante proprio come temeva lui. Se i miei genitori avessero avuto nella testa dei boccioli in fiore,allora forse,dico forse,avrebbero potuto evitare tutto questo. Ma non ne avevano. Non c'era luce alla fine del tunnel e,se anche ci fosse stata,sarebbe stata quella di un treno in arrivo. Non esistevano altre possibilità, nessun altro modo di fare le cose. Loro erano persone pratiche ma di soluzioni pratiche non ce n'erano. Soltanto la fiducia,la speranza e una specie di fede avrebbero potuto aiutare mio padre a superare quella situazione. Ma lui non aveva niente di tutto ciò e così, quando ha fatto quel che ha fatto,in pratica ha trascinato nella bara anche noi. Mi affascina il modo in cui la morte,così oscura e definitiva,può gettare luce sul carattere di una persona. Le belle storie che ho sentito raccontare su papà durante quelle settimane erano interminabili e commoventi. Mi consolavo e mi piaceva perdermi in quei racconti ma,a essere del tutto sincera,dubitavo che fossero veri. Papà non era una bella persona. Certo,gli volevo bene,ma sapevo che non era un brav'uomo. Parlavamo di rado e,se lo facevamo,era per litigare,oppure mi dava dei soldi per liberarsi di me. Era permaloso,perdeva spesso la pazienza,aveva un temperamento collerico,imponeva agli altri le sue opinioni ed era piuttosto arrogante. Metteva le persone a disagio, le faceva sentire inferiori e ci provava anche gusto. Al ristorante rimandava indietro la bistecca tre o quattro volte solo per veder sudare il cameriere. Ordinava il vino più costoso e poi sosteneva che sapeva di tappo solo per infastidire il ristoratore.chiamava la polizia lamentandosi del baccano causato dai festeggiamenti dei vicini,anche se a stento riuscivamo a sentirli,e li faceva sospendere soltanto perché non eravamo stati invitati.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 04, 2018 ⏰

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