I ricordi sono la cosa più grande che un uomo può portare con sé, il macigno più pesante. O almeno, Donghyuck così la pensa. E' grazie ai ricordi se viviamo, ed è perennemente in essi che ci ritroviamo.
"Non sapremo riconoscere una giornata di sole da una di pioggia", fra le mani ha una delle sue tipiche cioccolate calde e negli occhi lo sguardo morbido di chi ha capito tante cose, "sappiamo distinguerle solo perché le abbiamo vissute entrambe."
Donghyuck un tempo non era così. Lo sa anche lui. Ha trovato la calma nella sua voce e la delicatezza nelle mani: lui, che prima era come una potente pioggia, ora si ritiene un cielo ricoperto di nuvole. Non spento, ma affievolito.
Una fiamma che si tiene stabile, senza aumentare, un gabbiano che vola lento al livello del mare. Un tempo si librava come carta lasciata al vento. Qualcosa è cambiato, ormai da tempo, qualcosa di molto grande.
"Sono solo cresciuto", risponde sempre lui agli amici preoccupati, gli amici che hanno tentato di ritrovare quella sua scintilla, gli amici che ogni mattina gli portano il caffè e lo aiutano a svegliarsi. "Prima o poi sarebbe successo."
"Donghyuck, non stai crescendo, stai invecchiando." Jeno dall'alto della sua sedia, i lineamenti rilassati ma la voce potente, ha una strana visione sul crescere e l'invecchiare: crescere è maturare, invecchiare è diventare spettatore della propria vita. Scuote sempre i capelli quando parla, li scuote e dice continuamente che si è piccoli una sola volta, che ci vuole molto a diventare giovani, e che l'occasione non deve essere sprecata così. Donghyuck, quando lo guarda, vede in lui la potenza di una pioggia primaverile che non cesserà mai.
Jeno capisce che le cose non vanno quando la risposta di Donghyuck è un lieve "ed anche se fosse?".
Quando Jeno non ha le risposte a qualcosa, fatto estremamente raro, va da Donghyuck. Quando Jeno non ha le risposte a qualcosa inerente a Donghyuck, fatto ancora più raro, va da Taeyong.
"Lo conosci," il più grande parla al solito modo, ha fra le mani una bacchetta da batteria e ci gioca tranquillamente: lo studio di Sicheng, che è da sempre luogo di incontri, li accoglie.
"Proprio perché lo conosco mi preoccupa vederlo così." Jeno incrocia le braccia e si siede sulla poltrona di fronte alla scrivania, affonda nella morbida pelle nera e lascia che il suo sguardo vaghi perso: è davvero preoccupato per la fiamma in Donghyuck, ha paura si possa spegnere.
"E' da quando è successo quello, vero?" Taeyong allora sistema la postura e si rimette dritto, le dita ancora intrecciate attorno a quella bacchetta. "Non è più lo stesso."
"Il problema è che non ricorda niente. Forse lasciarsi e basta sarebbe stata una scelta migliore."
"E' stata una loro scelta."
"Non loro, è stato solo Donghyuck," Jeno si rialza e cammina per la stanza, la mano destra delicatamente poggiata sul mento, nel costante tentativo di pensare a come fare: cosa può riportare una voce a salire le ottave? E' da tempo che non sente Donghyuck cantare. Gli manca quell'alternarsi di note che partivano più dal cuore che dalle corde vocali, gli manca vedere lo studio di Sicheng intriso di musica, gli manca Donghyuck, il vero Donghyuck.
"Mi stai dicendo che-" Taeyong non completa la frase, Jeno annuisce.
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hiraeth.
Fanfictionhiraeth (hi-raeth): un profondo senso di inspiegabile nostalgia verso una casa, un amore, una persona, un sentimento. -- Ricorda il loro primo incontro. Mark si chiede come Donghyuck possa aver cancellato quel ricordo.