Capitolo 1

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Inizio col dire che se volete leggere questa storia, dovete prima leggere "Just Friends" se non lo avete già fatto. Per quelli che l'hanno già letto, invece, SORPRESA! A grande richiesta, eccovi il sequel visto dal punto di vista del nostro Marcus! Non farò molti capitoli anche perché sto scrivendo un'altra storia, lo faccio solo per voi, quindi spero che vi piaccia e... Buona lettura :)

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Ciao a tutti, mi chiamo Marcus Young e ho vent'anni. Sono al terzo anno di college. Probabilmente conoscerete già i miei genitori. Jessy Young e Abigail Green. Si, mia mamma non ha lo stesso cognome di mio padre per il semplice motivo che non si sono sposati. Non sono qui a raccontarvi la loro storia perché la sapete, ma sono qui per raccontarvi la mia. Di aspetto sono identico a mio padre. Occhi color ghiaccio, capelli castani, ma io li tengo corti, per il fisico non c'è male dai, me la cavo. Di carattere, invece, sono del tutto diverso da lui, ho preso di più da mia mamma. Sapete le grandi imprese di mio padre al college prima di conoscere mia madre, e di come trattava le ragazze. Beh, io non le tratto così. Sono fin troppo buono con le ragazze, ma non riesco a far loro del male, e questo è un bene, direte voi. Ovvio, ma il brutto è che la maggior parte delle ragazze con cui sono stato si sono approfittate di me. Ma non stiamo qui a parlare della mia vita sentimentale. Gwen, la mia sorellina. E' bellissima, anche se ha ancora quattordici anni, lei ne dimostra diciotto. Ha i capelli rossi, gli occhi verdi e qualche lentiggine sparsa per il viso, il naso all'insù e di corporatura è magra. E' la fotocopia di nostra madre, anche se di carattere è uguale a nostro padre. E' impulsiva, amante del pericolo, per questo si mette sempre nei guai. Nostra madre la mette sempre in punizione, ma non serve perché lei continua a fare quello che vuole. Dovrebbe sapere come ci si deve comportare con i ragazzi, visto che si è laureata in sociologia ed ha a che fare con i ragazzi tutti i giorni per tutto il giorno. Però anche se è scalmanata le voglio un mondo di bene. Papà, ogni giorno, ci racconta delle sue imprese nell'esercito e mia mamma continua a rimproverarlo perché, sinceramente, a noi non ce ne frega niente. Ti voglio bene, papà. Comunque dopo che si è congedato ha trovato un lavoro in un supermarket e, anche se la paga non è delle migliore, si accontenta. Ha dato la vita per noi e continua a farlo. Porta Gwen a scuola e la va a prendere, si ricorda tutti gli anniversari suoi e di mamma e la porta fuori a cena anche senza una spiegazione. Si vede che la ama alla follia, come il primo giorno in cui l'ha vista, se non di più. Sono così felici insieme. Ogni volta che mamma torna dal lavoro, lui è sulla soglia della porta che l'aspetta e, prima di entrare in casa la prende in braccio e la bacia, poi la porta dentro, la fa sedere sul divano, si siede di fianco a lei ed iniziano a parlare della loro giornata. Mamma si diverte e dargli fastidio. Gli punzecchia le braccia, gli morde le guance o gli tira (da non fargli male, sia chiaro) la barba. Lui fa finta di arrabbiarsi e la rincorre per tutta casa, per poi ributtarsi sul divano e baciarsi. Si, hanno quarantacinque e quarantatré anni, ma ne dimostrano ancora venti e diciotto. Sono felice di avere dei genitori come loro.

"Marcus, mi accompagni in fumetteria?" Ed ecco mia sorella. Nonostante mi veda studiare, mi chiede i favori. Mi tolsi gli occhiali da vista, chiusi l'evidenziatore e la guardai.

"Sto studiando, non vedi?" Le chiesi indicandole i libri e il quaderno aperto. Lei li osservò per un millisecondo, poi si girò di nuovo verso di me.

"Ti prego! E' uscito il nuovo fumetto della mia seria preferita! Ti prego ti prego ti prego!" Si buttò in ginocchio davanti a me e unì le mani in un gesto di preghiera. Alzai gli occhi al cielo e scossi la testa, poi sorrisi. Mi alzai e, come un cagnolino che ti le feste, inizia a farmi le feste. Appunto. "Grazie, ti adoro!" Disse. Mi circondò il collo con le braccia, poi mi baciò la guancia. Scossi la testa, presi le chiavi della macchina ed uscii. Prima di aprire il pick-up mi ricordai di aver dimenticato gli occhiali sul tavolo. Corsi dentro, li presi e li misi. Vedevo decisamente meglio. Ritornai alla macchina, con mia sorella ancora fuori e una mano sulla maniglia che aspettava che aprissi il pick-up. Infilai la chiave nella serratura, la girai e quando sentii il rumore dello scatto aprii la portiera. Gwen mi imitò e salì in macchina. La avviai ed andai. Mi girai verso di lei e la guardai. Portava una maglia nera che le lasciava scoperte le spalle, dei pantaloncini che gli arrivavano appena sopra a metà coscia e i suoi amati anfibi. Non se ne separava nemmeno in estate e questa ne è la prova. Io invece portavo una vecchia maglia sbiadita degli Avenged Sevenfold, dei bermuda neri e delle semplici ciabatte infradito. Nel frattempo accesi la radio e partì l'album del CD che avevo messo due giorni prima del gruppo, appunto, di cui portavo la maglia. Mia sorella iniziò a suonare una finta chitarra con la cintura di sicurezza. Si, lei aveva deciso di diventare una chitarrista famosa ed era anche molto brava. Aveva iniziato all'età di sette anni a suonare. Io invece, oltre a suonare la batteria -come mia madre- stavo studiando per diventare un insegnante -come mia madre-. Si, mia madre mi ha influenzato su molte cose e ne sono felice. Finalmente arrivammo in fumetteria ed io, da bravo fratello protettivo, scesi con lei e l'accompagnai. Anche se era una ragazza tosta, non mi fidavo di lasciarla andare in posti da sola. La seguii fino alla porta e quando notai Sylvia, la mia migliore amica, sorrisi. Probabilmente aveva accompagnato anche lei suo fratello, che aveva la stessa età di Gwen. Sylvia è una ragazza fantastica. Tosta come mia sorella, dolce quando serve e sempre divertente. Non l'ho mai vista triste una volta. Era girata di schiena che stava guardando dei videogiochi così ne approfittai. Era vestita con una maglia nera che le stava abbastanza larga e le lasciava la spalla sinistra scoperta, dei jeans blu strappati davanti e i suoi anfibi (anche lei non se ne separava mai). Teneva i lunghi capelli castani in una treccia che le ricadeva sulla spalla destra. Mi avvicinai di soppiatto e le portai due mani sopra gli occhi. Lei sussultò e lasciò il videogioco che aveva in mano, facendolo cadere a terra. Scoppiai a ridere, lei raccolse il videogioco e lo mise sulla scaffale, poi si voltò verso di me e i suoi occhi verdi mi guardavano in cagnesco. Era truccata con una sottile striscia di matita che le contornava gli occhi, facendoli diventare più grandi. Aveva il septum, proprio come me, e due dilatarori neri. Mi diede un pugno sul braccio e io mi misi a ridere ancora più forte. Lo ammetto, mi aveva fatto male.

Just Friends... Again.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora