Capitolo VI

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-Emily Brontë.-

Dopo la sparizione di Jane il pasto prosegue senza alcuna interruzione, tuttavia, un pessimo umore campeggia nell'aria, quando l'ammalata con un fil di voce domanda dove si trovi la sorella.
-Ovviamente sarà a oziare nella sua camera, Cathy, non t'affaticare nel dare il tuo perdono a quell'insolente, devi stare a riposo.-
Dice Annabeth a gran voce, senza pensare per un solo attimo alla possibilità di offendere il compagno con tali epiteti rivolti alla figlia.
-Invece sento di dover andare a cercarla, con permesso, vi auguro una buona continuazione.-
Sussurra Catherine, spingendo all'indietro la sua sedia per potersi alzare.
Essa stride fastidiosamente sul pavimento e con un paio di scuse la ragazza lascia la stanza con i due tedeschi, causa la loro richiesta di essere condotti alle rispettive camere.
-Mia cara, confesso il mio risentimento verso alcuni tuoi atteggiamenti. Cathy è molto legata a Jane, sarebbe nobile da parte tua evitare di offenderla, quando lei è presente, vista la sua salute cagionevole.-
In risposta la rossa spalanca le labbra carnose, in una smorfia di shock.
Posa il calice dalla quale stava bevendo con molta forza sul tavolo, causando un fastidioso tintinnio di cristalleria in frantumi.
-Misericordia, Adam, mi strazi il cuore. Come puoi rimproverarmi mentre cerco d'esserti d'aiuto con quella piccola selvaggia che è tua figlia. Cercavo semplicemente di allontanare Catherine dalla sorella, onde evitare che perdesse la sua grazia e gentilezza per tramutarsi in una fanciulla dalla lingua biforcuta come la gemella, tuttavia a quanto pare questa mia opera caritatevole non ti è gradita, marito caro. Termina in solitudine la tua cena, chissà che il silenzio ti porti consiglio.-
Sibila scandalizzata, lasciando solo l'uomo che con un sospiro disperato termina da solo il suo pasto, ormai freddato.
-Buonanotte amore mio, spero tu possa intraprendere sogni d'oro.-
La dolce Catherine ricambia gli auguri dell'amato, saluta il futuro cognato e si dirige a piccoli, graziosi passetti verso l'unica zona del giardino non visibile dall'esterno, quindi dai paparazzi insidiosi, causa le alti siepi che la circondano.
Jane, come aveva immaginato, è seduta su una sedia in ferro, dipinta di bianco dalle graziose decorazioni floreali, accanto ad un'aiuola di rose rosse, i suoi fiori preferiti.
In mano regge "Orgoglio e pregiudizio" di Jane Austen, celeberrima scrittrice.
È voltata di spalle, un cappello in testa per proteggersi dagli ormai deboli raggi del sole in tramonto.
Non appena ode i passi della sorella sui sampietrini però sibila furibonda:
-Se sei Catherine ti conviene girare a largo, se sei Annabeth darti all'impiccagione.-
Ha riconosciuto infatti i passi di una figura femminile visto il tacchettio delle décolleté.
-Sai, anche Emily Brontë ha la tubercolosi.-
Sussurra, porgendole un giornale.
-Eppure sembra stare meglio ora, visto il romanzo che ha pubblicato!-
Continua, cercando di conversare con la sorella.
-I suoi affari le appartengono, Catherine.-
Ribatte stizzita quella, alzandosi, fronteggiandola.
-Eppure, a mia volta sono stata cieca a non accorgermi di nulla. Dio, hai un'aspetto terribile.-
Commenta, osservando la gemella.
Delle occhiaie profonde le segnano il viso, scherno e di un colorito cadaverico, anche i suoi capelli sembrano più deboli e meno lucenti, racchiusi nel solito chignon che ha decisamente perso volume.
Le sue clavicole sono in risalto grazie allo scollato e sfarzoso vestito azzurro e nonostante il corpetto stretto la ragazza sembra ancora più magra di quanto lo sia solitamente.
-Quanti chili hai perso?-
-Uhm....sette.-
Sussurra, fragile come Jane non l'hai mai vista.
-Quindi ora nei pesi 46. Come me.-
L'altra annuisce, lo sguardo leggermente lucido per il malanno che la sta divorando.
-Vieni qui, stupido mucchietto di ossa.-
Sbotta ancora stizzita, allargando le braccia, abbandonando il libro sulla seduta.
La sorella accetta velocemente l'offerta, lasciandosi stringere dalla tosta biondina.
Lacrime salate scendono dai suoi begli occhi mentre Jane le promette che andrà tutto per il verso giusto.
-Prenditi una sedia e passa un po' di tempo con me, poi forse ti concederò il mio preziosissimo perdono.-
L'inferma segue il suo ordine, affiancandola tra le rose rigogliose.
-Oh, Jane ha un gusto terribile in fatto di nomi.-
Sussurra sarcasticamente la primogenita, indicando con il dito il nome di "Catherine.", una dei personaggi dell'opera.
-Già, probabilmente l'ha ereditato dai genitori, poverina, con il nome che le hanno affibbiato.-
Replica quella, un sorriso divertito in volto.
-Piccola insolente!-
Jane si finge profondamente offesa, prima di solleticare ovunque le sue piccole mani arrivino la gemella che la prega invano di lasciarle tregua.
-Inoltre, mia cara, Mr Bingley si innamora di Jane nella storia, non di Catherine! Uno a zero per me, ragazzina.-
Continua, leggendole alcuni passi del manoscritto.
-Si, cara mia, ma in "Cime Tempestose" è Catherine quella amata da sia da Edgar Linton che da Heathcliff, inoltre anche il padre, il signor Earnshaw, la decreta la sua figlia prediletta.-
-Certo, bellina, ci mancherebbe altro che quella lì, oltre al terribile nome, dovesse combattere quell'ubriacone del fratello, come si chiamava? Hindley?-
Domanda con finto disinteresse.
-Oh sai benissimo come si chiama cattivella! L'hai saputo in anteprima quando Emily è venuta a farci visita, sei invidiosa della mia amicizia con lei eh?-
Scherza Cathy gaia, dimenticando per qualche attimo la maledizione che condivide con l'amica.
-Nient'affatto, anche perché l'unica scrittrice che desidererei come amica, è morta di morbo di Addinson prima che fossimo nei progetti di nostra madre.-
-Poverina, non so se sia più brutta la sua fine o il suo nome!-
-Ahh, finiscila!-
E con un grido di divertimento Jane torna a solleticare la gemella, nella fresca serata primaverile.

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