Capitolo 10

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I suoi occhi mi seguirono in silenzio, mentre camminavo per la sala, fino a quando non mi sedetti proprio di fronte a lei e un ghigno si formò sul suo viso.

<Styles, sei in ritardo.> mi richiamò Mr Jonson, appoggiandosi con le mani al grande tavolo, che aveva assistito a più riunioni di qualunque altra persona presente in sala. <È il terzo in un mese, come ce lo spieghi?> il suo tono di voce non sembrava poi così furente, ma sapevo che in fondo si stava solo trattenendo e che dopo mi avrebbe fatto una gran bella lavata di testa. Per la terza volta in un mese, citai queste sue stesse parole nella mia mente.

<C'è stato un imprevisto.> mi difesi, mettendomi a sedere con tutta la calma del mondo, cosa che secondo me lo rese ancora più nervoso.

<Un imprevisto.> ripeté piano, annuendo e lanciandomi un altro sguardo. Era come se stesse studiando i miei occhi, cercando la verità in essi.

<Esatto.> affermai.

Lui annuì, tornando a sedersi a capo della lunga tavola riunioni. <D'accordo.> estrasse una penna dal taschino della sua giacca, disegnando delle linee come a voler riprodurre la cartina di una strada o di un edificio vicino ad essa <Questa è la zona del Symposium, con la 45esima e la 48esima strada a fare angolo. Il locale si trova, esattamente, tra le due strade. La 46esima e la 47esima strada sono due vicoli che affiancano il locale, ex strade tenute chiuse per precedenti circoli di droga e corse automobiliste illegali.> ci illustrò Mr Jonson, concentrandosi sulla mappa di sua creazione.

<Corse illegali? Ma è impossibile correre in strade di tale larghezza a più di 100 km/h> fece notare Max, uno dei tanti agenti d'ufficio, con aria da saputello.

Sbuffai a quella risposta ridicola. Prima che me ne rendessi conto, avevo tutti gli occhi puntati su di me.

<Qualcosa non va, Styles?> mi chiese il trentenne che sedeva a poche sedie da me, con quella sua aria da sbruffone.

<Ovviamente trovo questa tua 'teoria' ridicola, mio caro Max.> dissi, facendo scattare la mia penna per poi richiuderla subito dopo. Alcune persone sembrarono essere infastidite da quel ticchettio, ma io continuai a fare quello che stavo facendo senza curarmene.

Il ragazzo dai capelli rossicci e la barba di un paio di giorni, sembrò essere divertito dalla mia risposta <E perché dovrebbe essere ridicola? Sentiamo.> mi sfidò.

Lo guardai attentamente. Era un semplice uomo di trent'anni con la barba incolta e la faccia di chi non dorme da giorni. Una di quelle persone piene di problemi personali e teoremi irrisolvibili - almeno per lui stesso - dello stesso genere del "è nato prima l'uovo o la gallina?" Cose da non dormirci la notte, direi.

Sorrisi <Non dirmi che non hai mai sentito parlare di corse clandestine mortali.> gli dissi con il mio solito tono divertito.

<Tutte le corse clandestine sono mortali, Styles.> alzò gli occhi al cielo, come se avessi dato lui un informazione che già conoscesse.

<Certo, lo so, ma hai mai sentito parlare delle corse clandestine dove si uccide per vincere?> sbuffai, spostandomi i capelli con una mano <dannazione, non mi ricordo il nome preciso.> eppure giurai di averlo sentito anche in televisione e di essere rimasto affascinato da quel tipo di corse automobilistiche.

<Death race.> la sua voce mi s'insinuò nelle orecchie, facendomi incrociare i suoi occhi celesti, in quel momento pieni di una strana emozione.

<Oh, si.> confermai, guardando attentamente la ragazza portarsi alle labbra il suo bicchiere pieno.

<Ma andiamo> Max si alzò dalla sedia con troppa irruenza, portando le mani sul tavolo <quello è solo un film. Nella realtà non sarebbero mai permesse queste cose.> fui divertito dalla sua ingenuità, facendomi scappare, per la seconda volta, un risolino.

The two faces of dangerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora