Capitolo 18. ("Unconditionally")

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"Oh no, did I get too close oh?
Oh, did I almost see what's really on the inside?"

Ho ancora gli occhi chiusi, sono in quel momento leggero e delicatissimo che segue il sonno e precede il risveglio.
Non capisco cosa sia stato a svegliarmi, se il rumore lancinante del cellulare sepolto chissà dove, i clacson delle prime ore del giorno unito ai primi raggi del sole, o solo sentire delle dita tirarmi fastidiosamente i ricci in viso.

Mi serve un quarto d’ora per riacquistare il controllo di tutti i movimenti del mio corpo. Apro gli occhi, muovo le gambe, respiro a fondo. Mi sembra di sentire l’aroma caldissimo del caffè appena fatto, poi sorrido.
Nella mia mente le immagini di questa notte si fanno spazio scaldandomi il cuore e, forse, questa è una delle poche mattine in cui mi sveglio rilassato.

Quando mi giro su un fianco verso la finestra lo spazio affianco a me non è occupato da lui, anzi i miei occhi incontrano due pozze marroni enormi a scrutarmi.
Se mi chiedessero cos'è per me la felicità in questo momento risponderei descrivendo quegli occhi.

-Ciao pap.. Emal.-
mi dice con tanta semplicità.
Mi stava chiamando 'papà' e il fatto che si sia corretta da sola mi rende un po' triste, ma quel pensiero va via sentendola pronunciare il mio nome in maniera  scorretta.

Chiudo gli occhi un solo istante, non smettendo di sorridere, li riapro per guardarla poco dopo.

-Buongiorno piccola..-

Ancora con la testa appoggiata al cuscino le sorrido intensamente.
È mattina presto, saranno le sette o poco più, e lei se ne sta rannicchiata sul grande materasso mentre abbraccia un cuscino.

C'è nella camera la luce giusta che mi permette di vederla e che permette a lei di continuare ad ammazzarmi con quegli occhi, perché ogni volta che mi guarda è come se lo stesse facendo lui.
Non le domando cosa ci faccia vicino a me, perché sia venuta a svegliarmi tirandomi i capelli o altro, soltanto mi godo la sua presenza in silenzio.

Con una spinta su i gomiti mi metto a sedere sul letto, stiracchiandomi cercando di svegliarmi completamente, stropicciando gli occhi.
Lei ride dei miei goffi tentativi di mettermi seduto, intrappolato nel lenzuolo e fa ridere anche me.
Vengo, poi, distratto da un suo piccolo singhiozzo e quando ritorno a guardarla i suoi occhi sono pieni di lacrime, non so per quale motivo.

Mi avvicino a lei cercando di calmarla, ma non mi permette nemmeno di finire la frase perché mi zittisce lanciandosi nelle mia braccia piangendo, cogliendomi all'improvviso.

-Quand-do torni a casa pa-pà?-

Ancora una volta mi trattengo dal piangere, ma gli occhi si riempiono comunque di lacrime, cerco di trattenermi stringendola a me e intrecciando le dita nei suoi ricci.

Ho accumulato troppe lacrime e ora non ce la fanno più, stanno scoppiando.
Provo a rimandarle indietro ancora una volta quando le prendo il piccolo volto tra le mani, sussurandole di calmarsi.
Annuisce lentamente, tirando su con il naso e portando il pollice tra le labbra cominciando a succhiarlo, facendomi sorridere di cuore.

Con i pollici le accarezzo le guance tenere e le lascio un bacino sul naso, la sua risata fa ridere anche me.

-Adesso sono qui e non ti lascio più te lo prometto.-

-Mi vuoi ancora bene?-

Comincia a calmarsi con le mie parole e le mie carezze sulla sua testa, le sorrido sempre prima di rispondere.

-Tantissimo.-

-Anche a papi?-

In quel momento mi rendo conto, con la coda dell'occhio, della presenza di Fabrizio riflessa dallo specchio alle nostre spalle ancora davanti alla porta.
Sorrido prima di rispondere, facendo finta di non aver fatto caso a lui e alzando la voce quel po' che basta per far sentire anche a lui.

Io mi ricorderò di te. |MetaMoro|🥀Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora