Cap. 35

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27 gennaio, 23.44

Levi

Era ormai da circa mezz'ora che mi stavo nascondendo nella vecchia casa scricchiolante, creando abbastanza diversivi per impedire a Kenny e ai suoi di scoprire la botola sul pavimento.

Diverse volte avevo rischiato di farmi prendere, ma in qualche modo ero sempre riuscito a guadagnare tempo.

Lanciandomi sotto il letto, o chiudendomi in un armadio, reggendomi fuori dalla finestra e ringraziando l'oscurità della notte per coprirmi dalla luce che emanavano i fanali delle macchine ferme nella strada di fronte alla casa.

Ma, arrivato a quel punto, pensai che ormai era il capolinea. Temporeggiare non poteva più funzionare.

Ero seduto dietro all'isola della cucina, mentre sentivo i passi di Kenny avvicinarsi:- Bene, Levi. Vedo che hai imparato ad usare correttamente i miei insegnamenti.

Si fermò poco distante:- Tuttavia, ancora una cosa non ti è chiara, temo.

Trattenni il fiato, ascoltando il battito del mio cuore che andava accelerando, mentre Kenny continuava a parlare:- Ti ho sempre detto di non amare nessuno, sbaglio? Una volta che ti affezioni sei morto. E tu che hai fatto?

- Ho fatto della mia vita ciò che volevo.- risposi, pensando ad un modo per uscire da quella situazione.

Kenny replicò:- Tsk. Levi Ackermann. Caporal maggiore. L'angelo perseguitato dalla morte. Si è innamorato. Innamorato della morte stessa.

Sentii ancora una volta i denti del demone che mi affondavano nella spalla, sentii il sangue di Eren sulle dita:- Eren non è la morte. Tu lo sei. Tu e quel cazzo di demone.

Lui emise una risata roca:- Ah sì? Allora, se mi odi così tanto, vieni a farmi fuori. Forza Ackerman.

Esitai. Finché riuscivo a trattenerlo sarebbe stato meglio, o almeno così pensai finché lui non aggiunse:- O credi che io non sappia dove si trova il ragazzo, ora. Là sotto...

In un lampo fulmineo scattai fuori da mio nascondiglio buttandomi addosso a Kenny, prima che potesse fare qualsiasi cosa.

Atterrammo di peso sul pavimento sporco, e, con una rapidità inumana, gli sferrai un pungo in faccia, facendolo sanguinare copiosamente dal naso.

Con il secondo pugno, il crack sonoro delle ossa che si spezzano risuonò nell'aria.

Presto però, fu lui a ribaltare la situazione, afferrandomi il braccio e dando a sua volta un pugno nel mio stomaco, facendomi finire contro la parete.

Tirai un respiro rantolante, mentre mi rialzavo, venendo subito bloccato dal mio avversario, che senza esitare puntò un pistola alla mia tempia.

- Ed alla fine, anche l'ultimo, tornò in paradiso. Le ultime parole angioletto?

Lo guardai negli occhi per la prima volta dopo molto tempo, li ricordavo bene. Grigi come i miei, dal taglio sottile.

Ed era tutto come un tempo. Solo che ora, quel grigio una volta tagliente si era tramutato in un rosso brillante, che sapeva di sangue e distruzione.

- Ti lascio l'onore.- sibilai.

E dopo di che scattai avanti con la testa, colpendolo nuovamente sul naso rotto, mentre il proiettile mi mancava di pochi millimetri, dietro la testa.

Kenny righiò di dolore, mentre si portava le mani al naso, ed io ne approfittai per correre all'ingresso.

Non ebbi il tempo di pensare a dove scappare, come invece avrei voluto, perché quel bastardo mi era di nuovo addosso.

Mi abbassai sotto il suo calcio, avvertendo lo spostamento d'aria che mi mosse i capelli, ed una frazione di secondo più tardi ruotai su un piede allungando l'altra gamba fino a colpire la sua. L'unica che gli faceva da sostegno durante il calcio.

Finì a terra di schiena, facendomi approfittare del vantaggio per calciare via la pistola.

Poi, mentre arretravo verso le scale, fermandomi esattamente sopra la botola, lo sentii esalare un:- Piccolo bastardo...

Lentamente, si rialzò, reggendosi il naso ancora sanguinante, e ridacchiò.

Sapeva che non potevo muovermi da lì.

Sapeva che Eren era di sotto e che io l'avrei protetto anche a costo di farmi ammazzare.

Mi misi sulla difensiva, seguendo attentamente ogni suo movimento.

Mentre si avvicinava, a passo barcollante, sentii qualcosa di più che inaspettato: vibrazioni.

Arrivavano da sotto terra, un suono veloce e ripetitivo, come di passi di corsa sui gradini di pietra.

Avrei dovuto essere contento del fatto che avessero finito, ma non potevo esserlo quando, oltre la botola, c'era la fine sicura.

Eppure, ciò che stava accadendo, sembrava non arrivare alle orecchie di Kenny, il quale avanzava inesorabilmente verso di me.

Sferrò un pugno sinistro, che riucii a bloccare. Ma con la mano destra, mi afferrò alla schiena, facendomi volare sopra di lui, per poi lasciarmi cadere violentemente sul pavimento appena prima della porta sfondata.

Con un movimento fin troppo rapido, mentre mi rialzavo, lui estrasse un coltello, puntandomenlo alla gola:- Dovresti tornarci in paradiso.

Sentii il tonfo di qualcosa contro il legno della botola, nel mentre che rispondevo:- Non ci vorrà molto.

Secondo tonfo:- Come fai a dirlo, angioletto?

Al terzo, il tappeto venne sollevato, e la botola si aprì di scatto:- Il mio paradiso, e, per cronaca, il tuo inferno...

...è alle tue spalle.

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