LA LIBERTÀ

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E' proprio fantastica... stupenda ed eccezionale... strepitosa e perché no, anche strabiliante, ma bella, veramente bella, la vita! E' davvero sbalorditivo essere vivi e potersi godere l'esistenza. Già... Non capita mica tutti i giorni di capire quanto si è fortunati ad essere vivi! Vivi per poter assaporare questa cosa fantastica, stupenda, eccezionale, ecc... ecc... La vita!

R.D.



Ebbi il desiderio di morire.

"Morire? Ma cosa mi salta in mente?"

Dissi fra me e me, mentre salivo sull'autobus.

"E' un'idiozia! Bisogna vivere!"

L'avrei detto a chiunque avesse voluto morire, lo avrei gridato con quanto fiato avessi avuto in gola perché... Perché... Vivere è fantastico, stupendo, eccezionale, strepitoso, e bla, bla, bla... Ma... Forse, c'è qualcosa che sfugge, che si nasconde in mezzo alle ombre, quelle ombre che fanno parte della vita... Beh, non c'è sempre il sole, c'è anche la pioggia, il vento, il freddo. Ed è proprio questa la vita, alti e bassi, altrimenti sarebbe una noia! Quindi, basta imparare a coprirsi quando fa freddo, ripararsi quando piove e... pensai...

"Devo trovare un posto dove andare dormire."

Scesi dall'autobus, davanti alla Stazione Centrale di Milano. Avevo un freddo cane. La gente mi guardava incredula, quasi fossi un alieno... eh già... per forza... indossavo solo una maglietta...

"Che freddo! Ragazzi..."

Tremavo come un trapano, mi battevano i denti e non riuscivo quasi a muovermi. Era il diciotto novembre, ricordo bene quella data ed entrai in Stazione con la speranza di trovare un posto caldo per passare la notte. Mi stavo congelando e così, m'infilai nella sala d'attesa. Me ne fregai della gente che mi guardava sbalordita, mi sedetti s'una panchina, mi rannicchiai su me stesso e continuando a vibrare come un frullatore, cercai di prendere sonno, ma inutilmente.

A un tratto mi sentii afferrare il braccio. Alzai di colpo la testa e davanti a me vidi un vecchietto con una barba lunghissima. Indossava un cappotto enorme e sulla testa aveva un cappello di lana che ricopriva solo in parte la sua folta e riccioluta chioma. Era un barbone, un senzatetto. Tirò fuori da un grande sacchetto una coperta e me l'avvolse attorno al corpo. Non dissi una parola e lui se ne andò, in silenzio, lasciandomi lì con quella vecchia e bisunta trapunta. Lentamente cominciai a scongelarmi, ma l'odore che emanava quel tessuto era nauseante, quasi come il tanfo dell'acqua stagnante. Evitai di respirare con il naso e pian piano mi addormentai.

Mi risvegliai e osservai il grosso orologio appeso sulla parete. Faceva le due e cinque minuti. Mi guardai attorno. Sdraiati sulle grandi panchine di legno accostate contro i muri perimetrali di quell'enorme stanzone c'erano altri barboni che dormivano. Sentivo ancora il freddo che penetrava nella pelle, quella vecchia coperta che mi ricopriva, seppure di lana, non era sufficiente per farmi stare al caldo. Però, piuttosto che niente... Mi riaddormentai tranquillo, convinto che nessuno mi avrebbe disturbato.

L'orologio faceva le quattro e venti quando uno di quei senzatetto mi svegliò e mi agguantò la coperta, strappandomela di mano. Sosteneva fosse sua e che io gliel'avessi rubata. Si mise a urlare, al ché, preso dalla paura, mi alzai e uscii in fretta dalla sala d'attesa. Non sapevo proprio dove andare e il freddo non lo sopportavo più. Mi voltai verso i binari, vidi un treno fermo con le porte aperte, entrai di soppiatto e mi sdraiai sopra un sedile. Il riscaldamento era acceso e quel tepore mi fece cadere in un sonno profondo nel giro di qualche secondo. Purtroppo, solo dopo pochi minuti, il controllore mi svegliò, chiedendomi il biglietto ed io scesi come un fulmine dal treno, che stava quasi per partire. Mi rifugiai nuovamente e cautamente dentro la sala d'attesa.

Una vita da inventareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora