PROLOGO.

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"When you're in my arms,but you've gone somewhere deeper."

-oblivion,bastille.

La vita è un insieme di circostanze. E ognuno ha le sue circostanze. Ti capitano a caso,non puoi farci niente. Non te le scegli. Non puoi scegliere se essere bello,brutto,ricco,povero,talentuoso. Non puoi sceglierti tua madre o tuo padre,ti capitano e te li devi tenere. Che siano o meno brave persone. Non puoi sceglierti il colore degli occhi,il loro taglio,la tonalità della pelle,il naso,la forma della bocca,l'altezza,il numero di scarpe. Non puoi scegliere un cazzo,a pensarci bene.

Ma una volta che ti hanno dato le tue circostanze le puoi sfruttare,e lì arriva il bello. Il significato del termine 'vivere',non è altro che questo: muoverti bene nelle circostanze che ti sono state date. Io non credo a Dio,e nemmeno al destino. Quindi su chi,come,e perchè,ci assegnano le nostre vite,non so darmi una spiegazione. Ma voi potete credere in quello che vi pare. Fatto sta,che ormai avete questa vita,questa casa,e tutto il resto. E ve lo dovete tenere. E se non siete pazzi,dovete cercare di trasformarlo nel meglio che potete avere.

Se poi siete pazzi,è un'altra storia.

La realtà è che si viene al mondo totalmente impreparati per quello che si dovrà affrontare,non esistono istruzioni. Tu vieni al mondo e in qualche modo devi imparare a cavartela. Cosa che può risultare più o meno facile.

E la vita può essere meravigliosa,piena di ostacoli magari,ma meravigliosa. Può essere come un tramonto sulla spiaggia,dai colori belli e delicati,un avvenimento pulito e meraviglioso.

Oppure può essere un completo distastro. Come in un giro sulle montagne russe,ti puoi ritorvare ad andare ad una velocità pazzesca,a urlare e sentirti il cuore in gola,per poi arrivare in un punto. In tutte le montagne russe ci sono quei due o tre metri in cui senti il vuoto totale,improvvisamente hai perso velocità,e ti sembra che ti stai fermando,e pensi che il giro sia finito. E invece ti stai solo preparando per l'altra metà del giro,più veloce e contorto di prima. Quel momento è oblio.

Wikipedia dice: L'oblio rappresenta la dimenticanza intesa come fenomeno non temporaneo, non dovuto a distrazione o perdita temporanea di memoria, ma come scomparsa o sospensione del ricordo con un particolare accento sullo stato di abbandono del pensiero e del sentimento.

L'oblio è sospensione,del tempo e dello spazio. Come se la vostra vita non fosse altro che camminare su un filo più o meno sottile. Ed è come se a un certo punto,il filo sparisse. Voi pensate 'ora cado',cosa ovvia per le leggi della fisica. Ma invece,rimanete lì. E non si sa bene,dove sta questo 'lì',perchè in realtà sotto di voi non c'è nulla. Rimanete sospesi,rimanete nell'oblio.

I protagonisti di questo racconto,si sentono così. Nell'oblio. Un oblio lungo. Ci sono rimasti sospesi per anni in quell'oblio,colpa delle circostanze sbagliate.

Tentano di nasconderlo,di evitarlo,di non farci caso. Vogliono pensare di essere come gli altri,vogliono pensare che stanno camminando su quel filo,sottilissimo,ma loro riescono a camminarci lo stesso.

Magari la mossa giusta è accettare. Accettare che si starà sospesi per sempre.

PROLOGO:

Hope si alzò dal letto,guardo la sveglia e si accorse che era ora di cena,il suo pisolino era stato un coma di sei ore,ma non se ne meravigliò. Si trascinò fino al soggiorno,strizzando gli occhi e emettendo gemiti come per riprendersi i suoi sensi. Si avvicinò al telefono e premette il pulsante per ascoltare i messaggi,come faceva di solito la mattina. Quel pisolino le aveva sconvolto la percezione del tempo.

Una voce fin troppo alta si impossessò dell'altoparlante.

«Ehi piccina! Indovina chi è? La tua mamma! Al momento sono in Florida con Brad e mi godo il giorno in cui sei uscita dalla mia vagina. Tanti auguri piccina! Tu e i tuoi amici non sfasciate la casa! Non richiamarmi!»

Fu sorpresa che sua madre fosse abbastanza sobria da ricordarsi che giorno fosse.

In realtà non gli importava,non gli importava più di lei,ci aveva perso le speranze,la lasciava girare l'America con uomini a caso,la lasciava bere quanto le pareva,tanto lei non poteva farci niente,era chiaro.

«Hope,sono tuo padre,volevo farti gli auguri e dirti che... Ti ho spedito una cosa,quando ti arriva fammi sapere... Fammi sapere se ti piace.»

Nella sua voce c'era l'imbarazzo che logicamente un padre ha verso una figlia che ha visto si e no una decina di volte in vita sua,che potrebbe essere un'estranea qualunque,e alla quale si limita a mandare un regalo al suo compleanno e uno a Natale,quasi per cortesia.

«Tanti auguri a te,tanti auguri a te,tanti auguri a Hope,tanti auguri a te! Qui parlano Emily e Jake,siamo a Parigi e c'è una vista bellissima! Controlla il cellulare,ti ho mandato una foto! Comunque ci dispiace così tanto che il nostro sesto mesiversario coincida con il tuo compleanno,scusa ancora,e tanti auguri!»

Hope mormorò un «pff» davanti a quelle scuse assurde,sapendo benissimo che non erano per niente dispiaciuti di essere a Parigi a godersi il loro viaggetto romantico. In culo il suo compleanno. E si diresse in cucina per versarsi un pò di pop-corn. Ma rimase col pacchetto aperto in mano e la ciotola vuota ad attendere.

«Ehi sono Kevin,e lo so che è il tuo compleanno e che non hai organizzato nulla,per cui se ti serve un pò di compagnia chiamami,ho un bel regalo per te!»

Dopo essersi chiesta "come cazzo fa ad avere il mio numero?" riprese a versarsi i pop-corn. Ma si bloccò di nuovo.

«Ciao Hope,sono Kyle...»

Si girò di scatto,con i pop-corn in mano e si avvicinò al telefono con gli occhi sgranati.

«Io volevo...»

«Tu?» domandò lei,come se lui potesse sentirla.

«Volevo augurarti buon compleanno,e... Mi dispiace,mi mancate tutti così tanto...»

La faccia di Hope diventava sempre più stupita e perplessa.

«Insomma...Ho deciso di finire l'anno alla San Kristine...»

«COSA?»

Si sentì chiaramente una voce femminile chiamarlo,e lui si congedò velocemente.

«Tanti auguri Hope,mi manchi.»

Non poteva crederci. Prese il telefono e chiamò Emily che probabilmente era troppo impegnata con Jake per risponderle,così chiamò Chad.

«Sì?»

Aveva la solita voce svogliata.

«Perchè non ce lo hai detto?»

«Ma cosa?»

«Che Kyle torna!»

«Kyle torna?»

«Pensavo fossi l'unico a cui parlava ancora,dopo essere entrato nel club dei figli di papà.»

«Beh,sì,ma ci sentiamo poco,e non mi ha detto nulla del genere,tu come lo sai?»

«Mi ha chiamata!»

«Sul serio? E che vi siete detti?»

Non nascose la sorpresa.

«Beh io dormivo e non ho risposto,ha lasciato un messaggio,mi ha fatto gli auguri e mi ha detto che finirà l'anno alla San Kristine!»

Hope parlava con quel tono che si usa quando non riesci a spiegare le cose,e speri che qualcuno lo faccia per te.

«Ah,bene.»

Rispose Chad seccato e poi aggiunse,con lo stesso tono di voce «Sono davanti alla tua porta con una decina di pizze,intendi aprirmi?»

Hope sorrise,e Chad sapeva che stava sorridendo,anche se non la poteva vedere lo sapeva,e questo lo tranquillizzò. Aprì la porta e ci trovo sei o sette cartoni di pizza,uno sull'altro che arrivavano fin sopra il volto di Chad.

«Io ti amo.» gli disse,prendendone alcuni.

Chad sospirò.

«La pizza fà quest'effetto.»

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