"Questa non è una storia d' amore ma una storia sull'amore, su chi scappa per paura di soffrire e che si arrende lasciandosi morire. Lei scappò... lui si arrese."
(Tratto dal Film: Original Sin - Anno 2001 - Regista: Michael Cristofer)
Fui spedito al Centro Giovanile che non era altro che un orfanotrofio colmo di bambini e ragazzi. Alloggiai in una camera di soli tre letti; ogni occupante aveva il proprio armadietto e i bagni erano fuori, in fondo al corridoio.
Mi bollarono con un codice (24-19).
Nell'ampio cortile c'erano degli altoparlanti che ogni due per tre emettevano la voce gracchiante di una donna anziana:
«Il numero trentaquattro-sessantotto è atteso in aula quindiciii... il numero tredici-sedici alla diciannoveeee....»
Così per tutto il giorno.
C'era un bel refettorio e si mangiava bene. Chiaramente non si poteva uscire. Bisognava avere il permesso del Giudice Tutelare per farlo; così mi disse un ragazzo. Al ché, il secondo giorno andai in segreteria, dove vidi il volto della voce gracchiante (sembrava una strega) e dissi che dovevo parlare con la Dott.ssa A.R. urgentemente. Non mi fecero nessuna domanda e dopo qualche ora sentii all'altoparlante:
«Il ventiquattro-diciannove alla diciannoveeeeee.....»
Era la stanza dei telefoni. Ci andai di corsa.
«Dottoressa A.R.?»
«Sì. Che cosa c'è? Qualche problema?»
«Vorrei il permesso per uscire. Per un paio d'ore.»
Ci fu un attimo di silenzio.
«Vuoi andare da lei?»
«Vorrei uscire, tutto qui. Poi torno.»
«Devo parlare con tuo padre, lo sai? Tu non sei orfano.»
«Ho capito. Lasci stare, non importa.»
«Resisti ancora un po'. Tra un paio di mesi sarai maggiorenne. Coraggio.»
«Grazie. Arrivederci.»
Chissà cosa mi illudevo di poter raggiungere. Era ovvio che il permesso di uscita non avrei mai potuto averlo. Figuriamoci! Mio padre non avrebbe mai acconsentito.
Mi mancava Cecilia. Ero pazzo di lei, non la vedevo da più di due settimane e mi sentivo morire. Mi tormentava non sapere cosa aveva potuto pensare non trovandomi più a casa. Dovevo escogitare un modo per uscire, non ce l'avrei fatta a resistere altri due mesi; anzi, cosa dico? Due mesi? Ma nemmeno un giorno di più!
Quella stessa notte uscii dalla camera e percorsi il corridoio fino alle grandi scale dell'ingresso, dove avevo notato dei grossi finestroni che davano proprio sulla via laterale. Aprii una di quelle finestre, mi sollevai sul davanzale, voltai le spalle alla strada e mi lasciai cadere nel vuoto. Non avevo calcolato bene l'altezza, ma mi resi subito conto, una volta arrivato a terra, che dovevano essere stati almeno cinque metri. Finii con la schiena distesa sul marciapiede, facendomi male; ma non mi ruppi nulla, per fortuna. Mi rialzai tutto ammaccato e cominciai a correre. Sapevo di essere lontano da casa, ma non presi nemmeno un autobus; non volevo essere beccato senza biglietto. Ero dolorante; strinsi i denti e continuai a correre, sempre più veloce, e mentre correvo piangevo, ma mi sentivo libero... Libero...
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Una vita da inventare
General FictionTratto da tante storie vere. In questo romanzo ho creato un personaggio unico (che definisco: "io") mettendo insieme le vicende di alcune persone che non hanno mai avuto occasione di incontrarsi tra loro. I personaggi e gli eventi di questo raccont...