Capitolo 3.

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"Amore, sei sveglia?" apro piano gli occhi e la prima persona che vedo è mia mamma, affianco a lei c'è mia sorella con le lacrime agli occhi.

Realizzo bene la situazione e mi accorgo di essere su un lettino d'ospedale. Le lenzuola bianche come i muri e gli armadi. Tutto troppo bianco, la cosa mi mette agonia. Forse troppa.
Non è la prima volta che vengo in ospedale in queste situazioni, ormai mi conoscono tutti i medici. Di ieri sera ricordo solo le lamette e le pastiglie.

Cosa cazzo sto facendo di me?

Una dottoressa dal camice azzurro entra nella stanza. In mano ha un bicchierino con dentro non so che cosa. Si avvicina e mi controlla il bendaggio sul braccio.

"Emily, Emily." la dottoressa parla con aria disperata. Mi ha già vista troppe volte qua e sa già tutti i motivi e tutta la storia.

"Come ti senti?"

"Bene, credo." cerco di tagliare il più possibile, voglio solo tornare a casa mia.

Solo ora mi accorgo che sono l'unica paziente in questa camera. Nessun'altra persona o nessun'altro bambino. Mi piace la cosa.

"Non è la prima volta che vieni in queste condizioni Emily, dovresti smetterla, lo sai a cosa vai incontro." la dottoressa mi dice sempre cose ovvie. Sempre le stesse cose.

"Quando posso tornare a casa?"

"Oggi, però vorrei chiederti una cosa. Ne ho già parlato con tua mamma."

"Cioè?"

"Vorrei che tu andassi da uno psicologo. Sai, per parlare di tutto quello che ti passa per la testa. Non è una cosa bellissima e sicuramente da sola non ne esci." per chi mi ha presa? Io non ci vado dallo psicologo.

"Non penso proprio, non ho bisogno di uno psicologo." o forse si.

"Secondo noi si. In ogni caso ti lascio il nome e il numero dello psicologo. È un mio caro amico e ha aiutato anche mio figlio che era in condizioni critiche. Io non ti obbligo ma ti lascio comunque tutte le informazioni in caso ne sentissi il bisogno. Puoi uscire ma ti prego veramente di non fare altre cavolate e di parlarne con qualcuno."

"Grazie, ci penso." svio di nuovo altri discorsi e ci riesco.

Mi alzo dal lettino e ora che ci penso non so neanche quanto tempo ci sono stata sopra. So solo che voglio andarmene. Ho sempre odiato gli ospedali, sin da quando ero piccola. Il mio incubo.
Mi tolgo il camice che mi hanno messo e sotto ho i miei vestiti. Metto le scarpe ed esco dalla cameretta.

Una volta fuori dall'ospedale, respiro aria pulita.
Vedo Marco in lontananza. Mia mamma gliel'ha detto? Dalla macchina scendono Jasmine, Brayan e Edward. Cazzo. Mi copro subito il braccio e loro si avvicinano.

"Emily, tua mamma mi ha detto che sei stata portata in ospedale. Cos'è successo?" non gli dico la verità, forse è meglio.

"Ma niente, non ti preoccupare."

Edward mi squadrava dalla testa ai piedi e quando vede il mio braccio si ferma. Merda non ho coperto benissimo e un pezzo di bendaggio si vede.

"Comunque stiamo venendo a casa tua, vieni con noi o aspetti tua mamma?"

"Penso di andare a piedi."

Dopo vari tentativi, rieaco a convincere Marco per farmi andare a piedi. L'ultima cosa che voglio è la pietà.
Dopo venti minuti a piedi, arrivo a casa. Apro la porta e sento rumori e voci dalla cucina. Devono essere gli altri.

"Emily, tutto bene?" mia mamma si mette sulla soglia della porta della cucina e mi guarda con occhi spaventati.

"Si."

Salgo in cameretta e accendo lo stereo. Collego il mio telefono e metto un po' di musica a volume adatto.
Mi butto sul letto e chiudo gli occhi.
È tutto uno schifo.
Non so neanche io cosa sto facendo di me stessa, so solo che mi sto rovinando.
Forse dovrei smetterla. O forse no.
Forse dovrei prendere in considerazione l'idea di andare dallo psicologo e farmi aiutare.
Ma tutto è uno schifo lo stesso.

I miei pensieri sono interrotti da qualcuno che bussa alla porta di camera mia. Mi alzo dal letto per andare a vedere chi è. Apro un po' la porta e vedo Edward con uno sguardo cupo.

"Dimmi." gli dico fredda.

Non mi risponde neanche ed entra in cameretta.
Si guarda un po' intorno e passa le mani tra i fogli ruvidi sulla scrivania.

"Cos'erano quelle cose sul braccio?"

"Non ti riguarda."

"Non mi interessa di questo. Perchè lo fai?" Edward sta cominciando a darmi in testa, non vedo il motivo per cui deve parlarmi con questo tono, come se fosse mia madre.

"Edward, io non ti conosco e tu non conosci me, di quello che faccio a te non deve importare. Ora ti prego di uscire dalla mia stanza che ho da fare." Edward mi guarda dritta negli occhi e poi esce dalla stanza cone se fosse deluso o semplicemente incazzato.

La musica rimbomba ancora nelle casse e vado a spegnerle dato il troppo casino. Voglio scendere ma all'idea di vedere tutti gli occhi compiaciuti puntati su di me, mi viene il vomito. Allora rimango su.

Passo tutto il pomeriggio tra musica, qualche lacrima e qualche messaggio con Christian e Zack. Christian era abbastanza infastidito perché me ne sono andata senza dire nulla. Non gli ho detto nulla di quello che è successo. Si sarebbe preoccupato per niente.

Mia mamma bussa alla porta ed entra senza il mio permesso.

"Emily, Marco e i figli mangiano qua stasera, ordiniamo la pizza. Preparati e scendi." detto questo, chiude la porta e scende. Mi sembrava abbastanza irritata o forse era solo delusa.

Mi alzo dal letto e vado verso il bagno. Mi guardo allo specchio e quasi mi spavento. Ho il viso pallido e due borse sotto agli occhi. Ho bisogno di riprendermi.
Apro l'acqua della doccia e aspetto che si scaldi per entrarci. Quando entro, lascio che l'acqua mi bagni tutta. Mi rilassa stare sotto l'acqua calda anche se molto probabilmente mi scende la pressione. Mi aiuta a pensare e quando penso riesco anche a capire cosa mi frulla per la testa. Ma questa volta zero. È come se vedessi giusto tutto quello che faccio. Come se, in fondo, avesse tutto un senso. Come se preferissi il dolore fisico a quello psicologico.

L'acqua scorre anche sui bendaggi e un po' brucia al di sotto. Mi lavo corpo e capelli velocemente e dopo essermi sciacquata, esco dalla doccia. Tolgo il bendaggio vecchio e dopo aver disinfettato, faccio un'altra fasciatura.
Vado in cameretta e apro il cassetto dell'intimo e prendo una mutandina e il reggiseno. Nel cassetto dei vestiti prendo dei pantaloncini corti dell'adidas neri e una canotta tutta bianca aderente. Mi vesto e torno in bagno. Lascio i capelli bagnati e metto il mascara in modo leggero.
Bussano alla porta di camera mia e prima di aprire prendo una felpa bianca in modo da coprire le fasciature.
Edward è sulla soglia della porta e appena mi vede, socchiude la bocca.
Senza dire nulla entra in camera e rimane in piedi vicino alla scrivania.

"Emily, non voglio chiederti nulla, solo non fare cazzate." la sua voce trema nel dire queste parole. Come se nascondesse qualcosa.

Io senza dire nulla torno in bagno a finire di sistemarmi. Edward entra in bagno e si mette dietro di me. Con le mani, sposta i miei capelli su un lato e sento il suo fiato sul mio collo.

"Sei così bella Emily." quando sussurra queste parole sento qualcosa dentro di me smuoversi.
Lascia dei baci umidi sul mio collo e ci vuole poco che sento la pelle andare a fuoco.

"Ed..Edward, cosa stai facendo?" a stento riesco a parlare. Le sue mani sono sui miei fianchi e le sue labbra sul mio collo. Non ci sto capendo niente.

"Sei così piccola e bella." ogni sussurro è un colpo dentro. Con un movimento veloce, mi tira su dai fianchi e mi fa sedere sul lavandino.

Riprende a darmi baci sul collo e posso sentire quanto il suo profumo sia buono e inebriante. Passa a darmi baci nella zona sotto l'orecchio e in quel momento avevo perso il controllo del mio corpo. Mi comandava lui. Mi riprendo nel momento esatto in cui prova a baciarmi sulle labbra ma lo fermo controvoglia.

"Edward, non posso." si stacca e dagli occhi con cui mi guarda capisco che ha voglia. Voglia di me.

Ma io non posso.

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