Capitolo 21. ("Get it right")

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PREMESSA:
La canzone che ho voluto aggiungere a questo capitolo è per me molto importante, ha segnato la mia adolescenza insieme alla bellissima storia raccontata da quella serie tv e se qualcuno/a di voi ha capito di quale sto parlando, comprende il mio stato d'animo.
"Get it right" vuol dire "Aggiustare tutto"
e credo che non ci siano parole più appropriate se non quelle di Lea per descrivere le emozioni che in questo capitolo ho cercato di raccontare.
Ho deciso di riportare i versi della canzone direttamente tradotti in italiano per cogliere ancora di più il collegamento con le parti del racconto, spero di esserci riuscita.

Buona lettura!

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"Cos'ho fatto?

Vorrei poter scappare
da questa nave che sta affondando
e vorrei anche cercare
di aiutare qualcun altro,
adesso sento il peso
del mondo sulle mie spalle."

Respiro con l'affanno perché continuo a correre, ma non so ancora bene dove sto andando. Ho girato mezza Roma a piedi senza una destinazione precisa, ho rischiato di essere investito da più taxi di fila perché tagliavo la strada correndo nel traffico e non ho mai smesso di piangere.
Poi, quando le gambe non ce la fanno più devo fermarmi assolutamente alla prima panchina che becco sulla strada, ma appena mi fermo la mia testa mi urla di ricominciare quella corsa e di muovere di nuovo le gambe.

A pensarci mi viene una stretta al cuore come se qualcuno lo stesse sgretolando tra le sue mani e poi si ferma e quel che rimane scivola via come acqua tra le dita.
Sospiro violentemente fino a tossire fuori quel malessere che mi corrode l'anima, mi sento stanco, ho le ossa doloranti, mi fa male la schiena e adesso mi bruciano gli occhi e capita che, nel ricordo dei miei anni, piango.

Non ho avuto la classica adolescenza che un ragazzo di sedici anni adesso vive, ho ricevuto pugni più delle volte in cui mia madre mi dava carezze e ho indossato gli abiti di mio padre pur non avendolo mai conosciuto e forse è per questo che con mia figlia ho sempre sbagliato, forse perché l'esempio di un padre non l'ho mai avuto.
E ho sbagliato sempre tutto, dalle prime ragazze che ho avuto, dai miei modi di approccio, ho sbagliato con Francesco perché fin da bambini non gli ho mai dato un abbraccio quando ne aveva più bisogno facendo diventare anche lui apatico, come me.

E adesso sento il peso di tutte queste colpe sulle mie spalle e sul mio cuore e inutilmente piango.
Piango e la rabbia esce fuori insieme al mio dolore, grugnisco prendendo a pugni il muro vecchio davanti a me e nemmeno sento il dolore della botta, il sangue dalle nocche, il rumore delle ossa, così continuo a colpire immaginando di prendere a pugni me stesso.

Poi il suo sorriso fa capolino nei miei pensieri, il calore del suo corpo e la sua voce bloccano per un attimo i miei colpi al muro, ma quel sorriso sparisce nella mia mente proprio quando il ricordo di quella maledetta notte torna più forte di prima ogni volta.

"Tu chi sei?"

Per quanto mi sforzi ho impresso nella mente e negli occhi la scena che mi si presentò davanti in quella camera d'ospedale, le sue parole non riesco a dimenticarle. Avrei voluto almeno che mi guardasse per dirgli che non poteva prendermi in giro in quel modo, che saremmo dovuto tornare insieme a casa e continuare i nostri progetti, ma il destino aveva deciso diversamente.

Io mi ricorderò di te. |MetaMoro|🥀Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora