Era notte.
Pioveva.
C'era un'afa che era impossibile respirare.
Ma non mollava. Mai.
Il sudore gli imperlava la fronte, DOVEVA farcela.
(Forse non pioveva, era solo umidità.)
Giangiorgetto sapeva che quella notte sarebbe stata difficile da dimenticare, sapeva che DOVEVA lottare per sopravvivere.
Lottare o morire, queste le sole uniche possibilità. LOTTARE.
Avrebbe giurato di sentire cori di sottofondo che lottando tra loro da una parte lo incitavano e da una parte proclamavano la sua sconfitta.
Ma non si arrese! Con un ultimo impeto di rabbia che sentiva provenire dal profondo, con un urlo da gelare il sangue che esplose nella trachea, prese fiato e con tutto se stesso diede il colpo finale!
Una contrazione addominale da premio oscar e da invidia a Di Caprio!
Una gioia tale e soddisfazione che MAI prima di allora Giangiorgetto aveva provato, sapeva di aver vinto e, felice del suo successo, si dimenticò persino di eliminare i cadaveri nemici e, inebriato per la vittoria, si diresse, con i segni addosso della lotta, al suo giaciglio tanto desiderato.
Lasciatosi cadere sul letto, con un sorriso stampato in volto si addormentò, contento di esserne uscito vittorioso.
