Vancouver

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L'odore di sigaretta che riempiva i grandi uffici era soffocante.
Elaine amava il suo lavoro, ma, se c'era una sola nota che poteva stonare in quella sua carriera, era sicuramente l'odore di sigaretta.

Spostò lo sguardo annoiata, verso l'orologio a muro, il quale segnava le dodici meno tre minuti.
Avrebbe tanto voluto una pausa istantanea. Magari lunga. Magari di cinque mesi. Oppure cinque anni.

Il telefono della scrivania accanto alla sua trillò per la settima volta indisturbato ed Elaine già lo avrebbe scaraventato giù dalla finestra, se solo non fosse appartenuto ad una certa persona, alta tredici centimetri più di lei, con capelli color caffè scompigliati, occhi neri da far paura e un fascino che aveva ammaliato l'intero ufficio.
Tranne Elaine.

L'ora della pausa pranzo sembrava non voler arrivare. E questo era evidenziato dalle lamentele della cara Maeva Maika, che risuonavano nei timpani distrutti di Elaine e dal suo orologio da polso, che, di voler spostare la lancetta delle ore in avanti, proprio non ne voleva sapere.

Ed eccola entrare: i capelli che non conoscevano ordine, i saccenti occhiali rettangolari e il sorriso beffardo che la contraddistinguevano, abbagliarono gli occhi stanchi della povera giornalista culturale.

Erano venti minuti che sentiva i suoi occhi addosso. Venti minuti d'ansia ed agonia pura.
«Ti prego, Wallis, se devi uccidermi fallo, ma non mettermi tutta questa ansia.»
L'altra rise, poi puntò gli occhi neri nei suoi caramello:«Ti ho già detto di chiamarmi per nome, Elaine. Sei dura d'orecchi? Il mio nome è Leanne.»
La stanca giornalista roteò gli occhi:«Come ti pare, Leanne. Ma potresti, gentilmente, rispondere a quel dannato telefono, che ho bisogno di silenzio?» concluse con un sorriso fintissimo.

L'ora di pranzo era La Mecca verso la quale Elaine sarebbe voluta dirigersi sola, con un piatto di pasta magari, e anche una bistecca, una succulenta bistecca, e, per dessert, una cheesecake. E ti pareva che non mi capitava l'ennesima sfiga?, si chiese sarcastica la rassegnata giornalista.
«Elaine!» si risvegliò dai propri pensieri.
«Scusa Maeva, stavi dicendo?»
L'altra sbuffò:«Ascolta bene: da quello che ha sentito dire Oceanne, l'avvenevole Leanne è lesbica e si sente con la famosa tennista francese Gaëlle! Che te ne pare? Uno scoop per i miei lettori?»
Elaine volle credere di aver sentito male. Provò a fare mente locale: il suo nome era Elaine Laûndre, aveva venticinque anni, viveva con le sue amiche di sempre Maeva Maika, Oceanne e Romy, aveva un cane, Castor, era una giornalista che si occupava degli articoli culturali a Vancouver, Canada e, in quel preciso istante, si trovava con la sua coinquilina e collega, nella paninoteca sotto agli uffici, a masticare il pane gommoso di un sandwich al pollo vecchio di due giorni, con dietro, nel locale super decente, la scomoda Leanne Wallis e davanti la sopracitata amica.
No, non aveva sentito male.
Purtroppo aveva sentito più che bene, e quasi stava per strozzarsi con quel panino scadente.

«Ma che te ne dovresti fare, tu, di uno scoop tanto scadente?» domandò curiosa Elaine.
«Oh, ma in realtà proprio un bel niente: volevo solo che tu ne venissi a conoscenza. Sai, finché non rischiano di perdere qualcuno, non sappiamo quanto di questa persona ci importi.»
Era certo: il pollo di quel sandwich era talmente andato a male, che lei aveva iniziato ad avere le allucinazioni:«Stai scherzando, spero. Sai che non la digerisco.»
«O forse sei terribilmente gelosa.» insistette la bruna Maeva, affondando i denti nel terzo muffin.

Si lasciò gli uffici alle spalle, cercando distrattamente nella borsa le chiavi della sua motocicletta.
Proprio dalla sua borsa, cadde un bigliettino azzurro, con su scritto un indirizzo.
Elaine non era molto sospettosa, ma si lasciò prendere dall'istinto che le diceva di doversi dirigere proprio in quel posto, prima di tornare a casa.

Sakura - First KissDove le storie prendono vita. Scoprilo ora