Epilogo

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Spalanacai la bocca per urlare. Non l'avevo fatto mentre cadevo, ma la paura mi era come rimasta bloccata in gola. Perché nonostante avessi scelto io di saltare da quella finestra, nessuno vuole veramente morire. È una cosa che si apprende soprattutto quando ci si trova ad un passo dalla fine.
-Tammy. -
Voltai lentamente la testa verso quella voce, sorpresa. Mia madre era seduta accanto a me e mi teneva una mano. Aveva gli occhi rossi per il pianto e le labbra screpolate. Non l'avevo mai vista così sconvolta.
Percepii vagamente il profumo di disinfettante tipico degli ospedali, le lenzuola immacolate sopra il mio corpo dolorante, coperto da un semplice camice bianco da paziente. - Che è successo? - chiesi. Mi faceva male la gola, così parlai lentamente e piano.
Mia madre si passó una mano tra la folta chioma rossa, cercando di trattenere nuove lacrime che si preparavano ad affiorare. - Ti sei lanciata dalla finestra del primo piano. Sei stata fortunata a cadere in piscina. Te la sei cavata con una gamba rotta. -
Provai a muovere le gambe, ma la sinistra non ne volle sapere. Tastando notai che era ingessata.
-La piscina era troppo piccola-singhiozzò mia madre - la tua gamba ha colpito il fondale con forza. -
-Olivia... -
-Non devi preoccuparti di questo adesso. Ci hanno pensato tuo padre e le guardie. -
-Avete chiamato Caliba? -
Mamma mi sorrise, cercando di nascondere l'agitazione. - No, ma lo faremo presto. -
Mi tirai un po' su, facendo attenzione alla gamba. - Ci farebbe tornare immediatamente a Parigi. -.
- Forse sarebbe meglio così. Non puoi avere una vita normale, tesoro. Lo capisci? -
-Mamma...-
-Ehi- mi passò le dita sui polsi con delicatezza, tracciando leggeri cerchi sulla pelle - non preoccuparti di questo adesso. Se vuoi restare, resteremo. Ma dobbiamo dirlo a Caliba e chiedere il suo aiuto. -
Io annuii e le sorrisi. Capivo che era la cosa più giusta da fare.
Restammo un attimo in silenzio, finché mia madre si spinse i capelli indietro con un rapido movimento della mano, come faceva sempre quando si preparava a fare un discorso importante ma anche pericoloso. - Allora: Quel Bruce ti piace? -
Sorrisi vaga. - Forse. -
-Ti ha portata in braccio fino alla casa più vicina, da dove hanno chiamato un ambulanza. I loro telefoni erano tutti spariti, probabilmente rubati dalla stessa Olivia quando li avete depositati sull'erba insieme ai vestiti. Bruce è stato molto disponibile anche nell'aiutarci a ricostruire gli avvenimenti della serata. Anche se abbiamo ancora dei dubbi sul perché voi due vi trovaste in casa da soli in quel momento. -
Non abbassai lo sguardo, perché altrimenti le avrei dato ragione di sospettare qualcosa. Eppure dovevo avere un'espressione talmente colpevole che mia madre doveva aver capito tutto. Comunque non disse niente.
Guardai alla mia destra e vidi il mobiletto accanto al letto pieno di palloncini con scritto "Buona Guarigione", qualche pacco di cioccolatini e di caramelle, e una lattina di coca-cola. Sorrisi.
Mia madre seguì il mio sguardo. - Hai dei buoni amici. -
-Bessie dov'è? -
-È rimasta accanto a te tutto il giorno, senza che nessuno riuscisse a spostarla. Poco fa l'ho convinta ad andare a prendersi qualcosa da mangiare. -
Come se si fosse sentita messa in ballo, proprio in quel momento Bessie entrò nella stanza stiracchiandosi, i capelli biondi legati in una treccia ad un lato. Quando mi vide si bloccò di colpo, mentre i suoi occhi si riempivano subito di lacrime. - Tammy! -
Allargai le braccia, in un invito silenzioso. Bessie mi si gettò contro, singhiozzando contro il mio petto, il corpo scosso dai singhiozzi mentre io ricambiavo la sua stretta. Mia madre mi fece un cenno con la mano ed uscì, lasciandoci un po' da sole.
-Oh, Tammy, ho avuto tanta paura- mi disse, allontanandosi un po' da me per potermi guardare in faccia - eravamo sdraiati sull'erba a fissare il cielo quando ti abbiamo vista cadere. Se non ci fosse stata la piscina... -
Le strinsi forte le mani. - Mi dispiace di avervi spaventati, ma non ho avuto altra scelta. Comunque ora sto bene, non preoccuparti. Cosa ha detto la polizia? -
-Tuo padre ha parlato con loro. Dice che quella ragazza, Olivia, era con te nel collegio in Svizzera. I genitori avevano denunciato la sua scomparsa. Alcuni sospettavano che fosse morta nel misterioso incendio scoppiato alla scuola, anche se non erano stati trovati i suoi resti. Stiamo parlando di mesi fa,non riescono neppure a capire come abbia fatto ad arrivare fino a qui. Comunque ora è scomparsa di nuovo. -
-Voi avete visto qualcosa? - chiesi.
Bessie scosse la testa.
A quel punto la porta si aprì di nuovo e questa volta ad entrare fu Bruce,con un mazzo di fiori in mano. Aveva un aria molto stanca, con pesanti borse sotto gli occhi, ma mi sorrise. - Jeckyll. Sono contento che tu stia bene. -
Ricambiai il sorriso. - Anch'io sono contenta che voi stiate bene. -
-Per fortuna quella casa non era troppo lontana. Altrimenti se avessimo provato a prendere la macchina nelle condizioni in cui eravamo, saremmo finito in ospedale anche noi- commentò Bessie con una risatina un po' isterica. Prima che potessi fermarla, mi tolse la coperta scoprendomi le gambe. - Mmm- commentó - molto sexy. -
-Ah-ah- borbottai - spiritosa. -
-Bruce, che ne pensi? - gli chiese la mia amica.
-Penso che ho voglia di baciare quelle gambe. -
-Wow- Bessie si alzó - I toni si fanno accesi. Ed io sono di troppo. - Mi diede un delicato bacio sulla guancia ed uscì.
Bruce di sedette accanto a me sul letto e si chinò per baciarmi. Un bacio casto ma dolce sulle labbra. Poi poggiò la fronte contro la mia. - Non avrei dovuto lasciarti da sola. È stata colpa mia. -
-No, Bruce, non è così. Stavi solo cercando di proteggermi. -
Mi posò la mano sulla gamba ingessata, guardandola con tristezza. - Rimpiango tutto di quel giorno. Io e te, i baci sul divano... Ma soprattutto non averti stretta a me e portata via. -
-Cosa è successo? - gli chiesi, intrecciando le mie dita alle sue.
-Quando sono salito, ho sentito l'acqua scorrere in bagno. Sapevo che erano tutti fuori in piscina, così sono entrato per controllare. Il rubinetto era aperto, ma non c'era nessuno. Ad un tratto la luce è saltata e la porta si è chiusa di scatto,senza che io riuscissi ad aprirla. Allora ho urlato, perché ho capito che c'era qualcuno in casa e che non aveva buone intenzioni. Ho urlato per avvertirti, ma non immaginavo che saresti salita. Sono stato stupido, lo riconosco. Non ho saputo reagire bene ad una situazione di pericolo. Sono stato liberato da Cedric dopo la tua caduta. Non ricordo molto del tempo che ho trascorso nel bagno, è tutto molto confuso come se fossi stato in trance. -
Dalle sue parole mi venne da pensare che forse Olivia lo avesse soggiogato, anche se non sapevo né come né quando.
Bruce mi bació di nuovo ma ad un tratto, senza che potessi evitarlo, mi ritrovai a pensare a Derek. Mi sarebbe piaciuto che anche lui fosse venuto a trovarmi. Che si fosse seduto accanto a me sul letto e mi avesse parlato di quanto lo avessi fatto preoccupare, di quanto gli ero mancata. Ma lui non era lì e forse non ci sarebbe stato mai più. Ma quel nome, il ricordo di lui poteva davvero perdere importanza? Poteva davvero svanire semplicemente dalla mia mente? Potevo dimenticare quello che c'era stato tra noi? In quel momento mi sembrava impossibile, ma non avevo altra scelta. Derek aveva detto di non credere più in noi e di trovarmi un umano che potesse darmi tutto ciò che desideravo. Allora l'avrei fatto.

Papà mi strinse forte il braccio, mentre salivo goffamente gli scalini che portavano sulla soia della nostra casa.
- Attenta al gradino- mi avvertì da dietro la voce premurosa di mia madre. Arrivata in cima mi appoggiai con un sospiro allo stipite della porta, stanchissima. Ero stata dimessa quella mattina, ma avrei dovuto tenere il gesso ancora per un mese.
Nel frattempo papà osservava la porta con un'espressione che mi preoccupò. - Che c'è? - chiesi.
-Non apre nessuno- mio padre aveva una faccia terribilmente seria - Ben dovrebbe essere in casa. -
-Che succede? - Danielle ci si avvicinò. Era stata la mia ombra per tutto il tempo che avevo trascorso in ospedale, per una volta senza infastidirmi. Si era limitata a fare il suo lavoro di guardia del corpo e l'avevo apprezzata per questo. Non avrei sopportato battutine su quanto l'incidente fosse stato tutta colpa mia, perché ero andata ad una festa quando mi era stato severamente vietato.
Mio padre non rispose, ma guardò mia madre,che lo fissava agitata e spaventata. Infilò le mani nella borsetta, prese le chiavi e gliele porse.
Lui aprì la porta con estrema lentezza. C'era un silenzio irreale in casa. La mamma mi avvolse le spalle con fare protettivo.
-State indietro- ci avvertì Danielle superandoci ed entrando in casa per prima. Noi la seguimmo lentamente.
-Banquo? - chiamò Danielle - Trajan? -
Nessuna risposta. Arrivammo in cucina.
Sotto il tavolo, rannicchiato con gli occhi spalancati, c'era Ben.
-Ben! - chiamò mia madre scattando verso di lui.
Mio fratello, lo sguardo quasi vuoto, sollevò lentamente il braccio e indicò qualcosa vicino alla finestra. Seguii il suo sguardo e mi si gelò il sangue. Per terra c'era il corpo di Banquo, con un paletto piantato nel cuore e il ventre aperto, le viscere riversate sul pavimento. Trajan pendeva dal lampadario con una dura corda infilata in profondità nella morbida pelle del collo, così che la testa era piegata innaturalmente all'indietro come se fosse sul punto di staccarsi. Anche dal suo petto fuoriusciva un paletto.
Mia madre si chinò e strinse forte Ben al petto, mentre quello affondava il viso nel suo seno e scoppiava a piangere. - Chi può essere stato? - chiese lei con voce roca senza lasciarlo andare - che significa? -
Danielle deglutì. Sembrava incapace di parlare. Era la prima volta che la vedevo così sconvolta. Doveva essere molto legata a Trajan e Banquo.
-È un avvertimento- rispose lentamente mio padre - qualcuno di molto potente è arrivato qui. -

FINE PRIMO LIBRO

~Angolo Autrice~
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