Ⅱ
Fleurs immortals sur un champ dans un après-midi d'octobreEravamo due amici, e Nymphe mi amava.
Il campo coperto di fiori era riscaldato dal sole pomeridiano di quell'ottobre che sapeva di foglie secche e alberi spogli in Provenza – ma non avevo ancora ricordato l'esistenza dei sempreverdi. E lì stavamo, distesi, foglie puntigliose pizzicavano un po' la pelle, l'erba ancora umida e soffice, api che ancora raccoglievano la linfa che conservavano quegli steli - e Nymphe, così innamorata, distesa accanto a me. Io, il gomito poggiato sull'erba e la sigaretta ancora a metà, guardavo concentrato un tarassaco, la giacca della divisa sbottonata; il mio cappello che copriva gli occhi ridenti e le risate soffocate della piccola Nymphe. Il vestito giallo, ormai sbiadito dal tempo e dai lavaggi, le scopriva le cosce chiare e le ginocchia sempre sbucciate, rosse come il sangue e l'Amore – Nymphe non avrebbe mai imparato ad andare in bicicletta, ma ci avrebbe sempre provato pur di non sentirsi in colpa con sé stessa.
Mi diceva quanto fosse bello il cielo della Provenza e io, sciocco, le rispondevo che il cielo sotto cui siamo è sempre lo stesso. Allora lei alzava la visiera del mio cappello, un sorriso giocoso le adornava le labbra morbide e le gonfiava le guanciotte arrossate per il calore del sole e dalla corsa nel prato fatta poco prima. Faceva una smorfia, s'avvicinava a me e mi diceva che non è vero: che non c'è solo un cielo, che ce ne sono tanti quanti i paesi del mondo e tanti quante le stelle che in quel momento, sopra di noi, dormivano sotto il manto in quel pomeriggio celeste; poi mi guardava, silenziosa – e poi mi diceva che sarebbe stata capace di amarmi sotto tutti quei celi; poi mi baciava le labbra socchiuse per lo stupore della sua schiettezza - e mi baciava, frutto acerbo che non aveva conosciuto i sentimenti, giovane ninfa che non aveva potuto guardare altro se non le distese di lavanda della Provenza e il mare della Costa Azzurra.
Bisogna dire che Nymphe amava il mondo ma che non poteva viaggiare, e che i viaggi che le raccontavo per lei era come viverli in prima persona; bisogna dire che amava la natura quanto amava il cioccolato, e che i suoi fiori preferiti erano le camelie – e magari non gliel'ho mai detto, ma sono il simbolo di forza e di un amore eterno. A Nymphe, però, forse non interessava, non voleva sapere: ai fiori più belli di solito si danno i significati più tristi. Bisogna dire che imparavamo a conoscere i sogni, imparavamo a sentire il profumo dei fiori e delle foglie che stavano per cadere – ma non imparavamo mai a diffidare d'ogni cosa. Ma come potevamo? Ché Nymphe era troppo impegnata a far coagulare il sangue alle ginocchia e ai gomiti, troppo impegnata a sentire sulla pelle l'erba fresca, troppo impegnata ad ornarci di fiori e ridere della nostra sfrontata giovinezza che ci lasciava, soli, a goderci col tempo; e come potevo io impararlo? Troppo impegnato con lei a parlare del mondo e delle guerre che non finivano mai come quel pomeriggio, come farle capire come in Provenza non si sentono le urla del Dolore e gli spari e le perdite - come potevo imparare? Troppo impegnato a saggiare la sua bocca che sapeva di Pace, di fiori e di torte, a stringerle le mani piccole e fredde, a baciarle i polsi esili e a scombinarle i capelli mossi e arruffati.
Bisogna dire che in quei pomeriggi autunnali Nymphe mi confessava meno spesso il suo amore, ché la luce del sole la faceva sentire osservata, e che lei voleva solo me. E come avrebbe potuto imparare che di giorno l'ascolta una sola stella, e di notte la ascoltano in miliardi? Forse, però, lo sapeva anche lei: ma magari imparerò che più una stella è vicina e più riesce ad ascoltarci – ma la luna, dolce Nymphe, alla luna ci pensavi?
Bisognare dire che in quel campo colmo di fiori l'autunno sembrava non arrivare mai, ché quasi s'era dimenticato di quella stagione. Bisogna dire che Nymphe era il fiore più bello, il fiore immortale, il fiore della vita. Bisogna dire – ancora – che i fiori necessitano di amore e anche per questo lei era il fiore più bello: perché non lo necessitava ma lo donava. Bisogna dire che lì la primavera non finiva mai, e nel vento che faceva volar via i petali del tarassaco e che alzava la gonna del vestito di Nymphe, io ci avevo trovato il Paradiso.
E con gli occhi socchiusi, e il suo corpo contro il mio, mi sussurrava con un fil di voce
Nous avons l'Amour et l'Espoir,
Un jour, peut-être, Dieu nous pardonnera
En attendant Je pèche et Je t'aime, en attendant tu pèches et tu espères
Que celui n'est pas péché,
Parce que tant de naïveté nous a tiré en erreurUn jour, peut-être, Dieu nous pardonnera
E se i fiori potessero ricordare e ascoltare, saprebbero quante poesie avrei decantato per Nymphe, con cui non imparavo mai a diffidare d'ogni cosa, troppo impegnato a baciarla e a farmi perdonare da un Dio a cui non credevo – e Nymphe, felice, tra le mie braccia.
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𝐍𝐘𝐌𝐏𝐇𝐄
Short Story«Faut dire qu'on ne nous apprend pas à se méfier du tout» Copyright © -TRVCHEITE, 2018 - Tous droits réservés. Storia Vincitrice degli Italian Academy Awards in "Miglior Stile".