La punizione.

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Era quasi il tramonto, il sole rosso stava dolcemente calando dietro i monti verdi. Eloise fu trascinata fuori dalla villa da un uomo alto e possente, che la tirava per i capelli fissando davanti a sé. Quell'uomo, Lord Lancaster, duca di Blackpeak, era suo marito. Era un uomo non soltanto alto e minaccioso, ma dalla muscolatura elastica e ben scolpita; aveva dei capelli corvini e corti e due occhi chiari, quasi gelidi. Stringeva nella mano sinistra una lunga frusta nera. Trascinò la moglie al centro del giardino posteriore e la spinse a terra, sul prato erboso, tra i fiori, proprio sotto un grande arco di legno del roseto. Lei, Eloise, era una giovane donna delicata, dai lunghissimi capelli mossi castani ramati e gli occhi di un verde smeraldino e intenso. In quel momento indossava un abito blu dai ricami dorati. Non aveva aperto bocca per tutto il tempo, cos'avrebbe potuto dire, sapeva di essere in torto.
Lord Lancaster rimase in piedi, con le gambe leggermente divaricate, a fissare la moglie con sguardo tremendamente severo mentre maneggiava la lunga frusta. Eloise girò la testa per guardarlo in volto e lo sguardo adirato dell'uomo le fece capire che non avrebbe trovato pietà. Abbassò la testa e ingoiò un singhiozzo, preparandosi a subire la rabbia del marito. Lord Lancaster le strappò l'abito sulla schiena e le prese i polsi per legarglieli con un lungo nastro di stoffa, che poi legò a sua volta all'arco di legno. Eloise si ritrovò in ginocchio con le braccia legate in alto, talmente tirate da sentire quasi dolore. Lord Lancaster si mise dietro di lei di alcuni passi e fissò la schiena nuda e liscia della moglie. Strinse forte le mascelle ripensando a lei tra le braccia di un altro uomo, e allargò le narici dal nervoso. Lo sospettava da tempo e quel giorno aveva finto di partire per un viaggio d'affari per poterla osservare di nascosto, seguendola in città. Eloise era giunta nell'attico, o meglio nella fatiscente soffitta, del pittore Adrien Dumonde e lui aveva fatto irruzione dopo circa mezz'ora, trovandoli nudi a far l'amore. Aveva picchiato l'uomo fino a farlo cadere senza sensi sul pavimento e si era girato furioso verso di lei. Eloise si era coperta con il lenzuolo e aveva fissato il marito tremando tutta. «Gerard, perdonami...», aveva detto a fior di labbra, sapendo che lui non lo avrebbe fatto. Non conosceva il marito, era quasi un estraneo per lei, ma conosceva la sua indole, la conoscevano tutti. Era un uomo forte, irremovibile, severo. Era un uomo che aveva sempre temuto, un uomo che mai avrebbe sposato se non ci fosse stata costretta. Ma suo padre gliel'aveva imposto, avido del prestigio e del potere che avrebbe acquisito avendo Lord Lancaster come genero. Eloise si sentiva la vittima sacrificale, e forse lo era davvero. Era la moglie di un uomo di cui aveva paura e anche se i vantaggi di quell'unione erano innumerevoli, il prezzo da pagare era troppo alto. Lei amava gli artisti, gli spiriti liberi, gli uomini capaci di ridere e di scherzare, gli uomini che colmavano di attenzioni e tenerezze le loro donne; e Lord Gerard Lancaster non era niente di tutto ciò. Era un uomo rigido, incapace di sorridere, completamente devoto al suo lavoro. In quasi dieci mesi di matrimonio non l'aveva mai visto scherzare o ridere con qualcuno. L'intimità, poi, era completamente assente, ma di questo ne era felice, perché poteva soltanto immaginare come un uomo come lui potesse possedere una donna. Avevano sempre dormito in camere separate fin dalla prima notte di nozze. Mai una carezza, mai un bacio, mai una parola dolce. Eloise si era dunque sciolta di tenerezza quando aveva incontrato Adrien, uomo particolare, amante perfetto, spirito libero. E quel mostro di suo marito aveva distrutto quel suo piccolo grande sogno. Nello studio di Adrien, dopo aver picchiato quest'ultimo, Gerard le aveva tirato addosso l'abito. «Rivestiti.» le aveva detto con la sua solita voce bassa e cupa. Entrambi non avevano più detto una parola da allora.
In quel momento Gerard strinse più forte la frusta, ripensando a lei nuda che si contorceva ansimante sotto il pittore e il suo cuore si colmò di rabbia. Alzò la frusta e la colpì con decisione. La frustò con determinazione per quattro volte, a ritmo costante, senza aumentare o diminuire la sua forza. Eloise sussultò e chiuse gli occhi, trattenendo il respiro dopo ogni colpo ed irrigidendosi tutta prima di esso. Dopo le quattro frustate, Gerard si fermò. Eloise rilassò il corpo e chinò la testa, restando a piangere in silenzio. Sentì il marito arrotolare la frusta e avvicinarsi calmo a lei. Aprì gli occhi e vide le muscolose gambe dell'uomo fermo davanti a lei, ma non alzò la testa.
«Hai sporcato il mio nome e hai dovuto bruciare la tua colpa con il morso della frusta. Ora sei perdonata, ma dimmi quello che voglio sentirti dire.» ordinò Gerard. Eloise alzò i suoi occhi lucidi e arrossati e lo guardò in volto con uno sguardo talmente docile che lui ne rimase profondamente colpito. Si era aspettato di vederla arrabbiata, spaurita, disgustata, ma non addolorata.
«Grazie.» disse lei con labbra tremule.
Gerard trasalì, ma non lo diede a vedere.
«Grazie?» le chiese guardandola di traverso.
Eloise annuì.
«Avresti potuto ripudiarmi o picchiarmi in maniera più violenta, ma non l'hai fatto.» rispose Eloise.
«Non l'ho fatto perché non voglio che si sappia quello che è successo, verrei dileggiato e sarebbe un'offesa insostenibile per me.» disse Gerard stringendo forte la frusta nella mano. Eloise spostò lo sguardo sulla frusta e deglutì visibilmente. Che mano forte... Si rese conto che non aveva usato che un soffio della sua forza, avrebbe potuto farle molto più male se avesse voluto. «Dimmi quello che voglio sentirti dire.» ripeté l'uomo. Eloise lo guardò negli occhi non sapendo esattamente cosa volesse sentirsi dire. Restò a guardarlo, con le braccia legate in alto e la schiena nuda frustata e dolorante. «Io... non... non lo so, scusa.» confessò nel più fragile dei sussurri.
Gerard si piegò sulle ginocchia mettendosi alla sua altezza ed Eloise trasalì a quella vicinanza, tirandosi leggermente indietro con la schiena. Si fissarono negli occhi a lungo. «Voglio che mi dici che non succederà mai più.» le disse in tono grave.
Eloise mosse le sue labbra soffici, che lui mai aveva baciato. «Non succederà più, te lo prometto.» disse Eloise con voce sentita.
Gerard strinse forte le labbra, colpito da quel tono sinceramente contrito. Allungò una mano e le sfiorò la guancia pallida e umida di lacrime. «Brava.» mormorò dolcemente.
Eloise rimase colpita a sua volta da quella carezza. Oltretutto mai l'aveva sentito pronunciare qualcosa di così gentile e sinceramente credeva non ne fosse neppure capace. Invece lo aveva appena fatto, accarezzandola con una delicatezza che non pensava potesse avere. Eloise abbassò lo sguardo perché non riuscì più a sostenere quegli occhi indagatori e lui la lasciò andare, rialzandosi in piedi. «Voglio che resti nei tuoi appartamenti fino al mio ordine. Hai molto su cui riflettere.»
Detto questo la slegò e se ne andò in silenzio, una mano stringeva forte la frusta e l'altra era chiusa a pugno. Eloise guardò il suo corpo statuario, la sua schiena ampia e comprese che era davvero infuriato. Doveva tenerci proprio tanto al suo nome...

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 26, 2019 ⏰

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