Capitolo 1. linea E

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Stretta nel mio cappotto e con le mani che stringevano la mappa di New York, rimpiangevo le temperature decisamente più alte, anche se più umide, della mia Inghilterra.
Avevo studiato quella cartina per tutta la settimana precedente, memorizzando i nomi delle vie nelle quali svoltare e studiando i punti più vicini dove raggiungere la metropolitana, eppure, adesso che mi ritrovavo effettivamente a girovagare, senza orientamento, per le strade della Grande Mela, il mio cervello aveva deciso di abbandonarmi, in più il rigido freddo di quella mattina, accompagnato da una nebbia persistente, non mi aiutava di certo.

"Hanno inventato i GPS da almeno una decina d'anni, lo sai, Alice?"
Mia sorella afferrò la cartina dalle mie mani, per sfilarmela con forza e prepotenza.
"Non ne ho bisogno" sbuffai, incrociando le braccia al petto.
"Si vede" commentò ironica, ripiegando la mappa per poi infilarla distrattamente nella sua borsa.
"Fosse stato per te non avremmo fatto altro che girare in tondo per tutto Central Park. Hai un orientamento davvero pessimo, e lo sai anche tu"

Aveva ragione, ero capace di perdermi persino in un Supermercato (cosa che, tra l'altro, era successa quando avevo avuto nove anni).
"Vieni" continuò Chiara, afferrandomi per il bracco per evitare che mi perdessi "Seth ci sta aspettando alla stazione della metro, dobbiamo prendere la Linea A"
Annuii, fingendo di aver compreso ciò che dovevamo fare, e mi limitai a seguirla, affrettando i miei passi per non perderla di vista.
Era la vigilia di Capodanno, i turisti avevano inondato New York e le strade, come le metropolitane, brulicavano di passanti, provenienti da ogni angolo del mondo.

Chiara si era trasferita in America quattro anni fa, qui, nello studio legale dove lavorava, aveva conosciuto Seth, l'uomo della sua vita, nonché padre della loro bambina, Liv.
Seth le aveva fatto la proposta di matrimonio a Parigi, durante un convegno di lavoro, e così, per aiutare i futuri sposi nell'organizzazione delle nozze, ero partita dalla mia amata Inghilterra per passare alcune settimane con mia nipote, lasciando liberi mia sorella e Seth di occuparsi interamente del matrimonio senza preoccuparsi di Liv.

Non feci in tempo ad avvisare Chiara che il mio sguardo fu catturato da una vetrina di un negozio vintage anni '60 situato sulla destra, di fianco alla biglietteria, proprio all'ingresso della metropolitana.

"Quella sciarpa è stupenda"

Mi voltai, pronta a fermare mia sorella, quando scoprii di essere rimasta sola e di aver rivolto la parola ad una turista di evidenti origini cinesi, tanto che mi rispose nella sua lingua, agitando il suo ombrellino rosa con così tanta energia che se ne avesse lasciata andare la presa avrebbe potuto far male a qualcuno.

Mi guardai intorno, alla disperata ricerca di Chiara e, nella speranza che non si fosse allontanata troppo, mi alzai sulle punte, provando ad individuare la sua figura familiare senza, però, alcun successo.

Odiavo perdere il controllo della situazione, per questo motivo mi costrinsi a rimanere apparentemente tranquilla, nonostante tutto ciò che al momento avrei voluto fare era urlare fino a quando qualcuno non mi avrebbe ritrovata.

Ignorai le mani che avevano iniziato a sudare freneticamente, nonostante l'umidità delle gallerie della metro, e mi prefissai come primo obiettivo quello di trovare un vigilante al quale chiedere informazioni su come trovare la linea A.

Appesi sulle pareti vi erano solamente alcune mappe riguardanti le vie e le fermate delle varie linee, ma non vi era esposta alcuna indicazione su quale galleria intraprendere per giungere al punto d'incontro con Seth.

Così mi incamminai senza alcuna meta, seguendo solamente il mio sesto senso e, come previsto, finii per perdere maggiormente, se possibile, qualsiasi punto di riferimento.

Giunta alla fine della galleria realizzai di essere arrivata alla linea E, l'ultima della metro.

Non potevo neanche chiamare Chiara perchè avevo lasciato il mio cellulare nella sua borsa, e prendere un taxi era fuori questione essendo priva di contanti.

Mi guardai intorno, spaesata, e proprio mentre stavo per sedermi a terra, stremata, il suono di una melodia che risuonava limpida tra le mura della galleria mi spinse a seguire quel suono, fino a tornare sui miei passi e giungere all'ingresso della linea E, dove una piccola folla si era raggruppata intorno alla fonte di quella voce roca che mi fece tremare cuore ed anima.

Mi feci largo tra la gente, ipnotizzata dal suono delle dita sulle corde della chitarra, fino a giungere in prima fila dove rimasi incantata di fronte all'espressione estasiata del ragazzo che, con gli occhi chiusi, era talmente immerso nella sua musica, da non accorgersi minimamente della nostra presenza.

Cantava con talmente tanta purezza e spontaneità che nessuno riusciva a superarlo ed andare oltre, era quasi obbligatorio, quasi fosse un'esigenza, quella di fermarsi per rimanere ad ascoltarlo.

Solamente quando la sua voce si affievolì, fino a diventare un flebile sussurro, e le sue mani si lasciarono andare lungo i fianchi, che il ragazzo tornò ad aprire le palpebre, realizzando, per la prima volta, di trovarsi di fronte ad almeno una ventina di persone.

Avrei voluto complimentarmi con lui, chiedergli da quanto tempo cantasse e, soprattutto, per chi cantasse perchè l'emozione che era riuscito a trasmettermi era talmente forte che volevo saperne di più sulla sua storia, sulla storia di quella canzone.

I suoi occhi color ambra passarono in rassegna tutti i presenti, sembrava incredulo, ma, allo stesso tempo, incredibilmente orgoglioso ed estasiato di aver attirato così tanta gente.

Fu quando concentrò la sua attenzione su di me che l'istinto di farmi avanti si fece più forte, tanto da spingermi a fare un passo avanti che, però, non fu seguito da altri perchè qualcuno mi afferrò prontamente per le spalle, trascinandomi dietro, lontano dalla folla e lontano da quella voce.

"Dove diamine ti eri cacciata?" sbraitò Chiara, scuotendomi appena.

"Ti ho cercata dappertutto" mi difesi, tirando un sospiro di sollievo nell'essere stata finalmente trovata.

"Cosa non ti è chiaro del: rimani vicina a me?" arricciò le labbra infastidita, per poi afferrarmi per il gomito ed incamminarsi, con passo spedito, verso la galleria sulla sinistra.

Mi voltai indietro, alla ricerca di un ultimo sguardo, di un ultimo contatto visivo con il chitarrista, ma di lui non vi era più alcuna traccia, come se quella canzone, quella melodia, non fosse mai esistita, eppure riuscivo a percepire la sua voce risuonare graffiante nella mia testa, con talmente tanta potenza da farmi male.

Countdown || Noah CentineoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora