53.

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La campanella segna l'inizio della prima ora.
Dell'ultima prima ora.
È l'ultima campanella che sentirò alle nove del mattino per il resto della mia vita.
Oddio, sto diventando patetica.

Sbuffo e chiudo l'armadietto, mentre i miei compagni di scuola si attardano prima di entrare in aula, scherzando e ridendo tra loro, comportandosi con leggerezza, come se questo non fosse l'ultimo giorno di scuola, l'ultimo in maniera definitiva per noi senior.
Come fanno a non rendersene conto?!
Come fa Bruce Parker a raccontare barzellette che non fanno ridere ad un'Hillary Wright stranamente meno acida del solito? Come fa Jane, dall'altra parte del corridoio, a limitarsi a rimirarsi allo specchietto che ha in mano mentre si sistema il rossetto?!
Perché nessuno si accorge di quello che sta accadendo? Del fatto che questa è la fine di un'epoca? Che questa è l'ultima volta che saremo tutti insieme?

Sia chiaro, non sono impazzita: sono contenta del fatto che le vacanze estive inizino, di non dovermi svegliare presto la mattina per seguire le lezioni anche se preferirei accasciarmi sul banco a dormire, ma... ma siamo cresciuti insieme, tutti.
Forse questo è uno dei problemi delle piccole cittadine: da quando nasci, fino ai diciotto anni, sei circondato dalle stesse persone, sei abituato a frequentare gli stessi posti, a conoscere ogni comportamento, stranezza, vizio, abitudine e storia di chi ti circonda. Non ti aspetti sorprese, non ne hai perché è tutto lì alla luce del sole.
Ma a Yale...
A Yale niente è scontato.

Deglutisco il senso di panico, mentre la seconda ultima campanella della prima ora rimbomba tra le pareti. Poi, quando capisco che la paura non ne vuole sapere di fare dietrofront, prendo una decisione impulsiva: salterò la mia ultima prima ora.

Prima ancora di rendermene conto sono seduta sul freddo pavimento in marmo della serra, le ginocchia strette al petto, il mento appoggiato su di esse e gli occhi blu concentrati sul pulviscolo, che danza all'interno dei raggi del sole che attraversano il soffitto in vetro.

È la fine.
Dovrei essere emozionata, sono tutti emozionanti.
Simon lo era.
Blake anche.
Jane non fa che sorridere felice da una settimana.
La scuola ha dato un ballo per celebrare la conclusione di questo percorso.
Ci siamo divertiti: Simon ha corretto il punch e Blake mi ha costretta a berne più del dovuto.
Abbiamo ballato, riso, ci siamo baciati, abbiamo passato la notte insieme...
Ma non sembrava la fine allora, forse perché mi hanno distratta di proposito, perché sanno che sono paranoica e che non reagisco bene ai cambiamenti.
E Dio, hanno ragione.

« Rose?» sussulto nel sentire la voce di Jane. Penso ad un modo per nascondermi dietro le piante mezze morte, ma non appena sposto lo sguardo dal pulviscolo, scopro con orrore che la mia migliore amica è già di fronte a me. Mi fissa dall'alto, con la fronte corrugata e le braccia incrociate. E ora come glielo spiego?

« Ciao.» esordisco, incrociando le gambe e mettendomi dritta con la schiena. « Avevo sonno, quindi ho pensato di saltare...»

« Hai pianto?» mi interrompe, sedendosi velocemente di fronte a me.
Scuoto la testa confusa, però per sicurezza porto le dita a strofinarmi le guance di modo da controllare che non ci siano lacrime a tradirmi. A questo punto Jane alza un sopracciglio. « Non cercare lacrime, te l'ho chiesto di proposito.»

« Cosa significa?»

« Be', che se fossi stata solo mezza addormentata mi avresti ignorata o avresti semplicemente scosso la testa, invece hai controllato di non aver davvero pianto, il che significa che in realtà non sei stanca, ma triste.»

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