Terrori nel Bosco

50 1 1
                                    

Era l'inizio di una calda estate, una delle tante, quando giunsi nella piccola città di Chiavenna, in Italia. La città era indubbiamente graziosa, il suo piccolo centro composto da stradine strette ed i negozi che vi si affacciavano, il bellissimo ponte sul fiume Mera, l'aria fresca di montagna... Ma non era esattamente per una vacanza che mi trovavo lì. Io, Rohan Kishibe, ero stato guidato in giro per il mondo dal mio bisogno di ispirazione ancora una volta. Non avevo molti soldi con me, anzi, si può dire che fossi al verde: mi ero recentemente rovinato acquistando delle montagne, sempre per cercare ispirazione per le mie opere, e avevo dovuto passare del tempo da Koichi, a Morioh, dopo che qualcuno mi aveva dato fuoco alla casa, e tutti i risparmi erano andati nella sua ricostruzione. In qualche modo, comunque, ero riuscito a racimolare un gruzzoletto ed ero partito. Perché proprio Chiavenna? Perché non Roma, Firenze, Milano, Napoli o qualche città più rinomata? Perché è proprio in posti come questi che si nascondono le storie più assurde, l'ho imparato nei miei innumerevoli viaggi. Avevo bisogno di soldi, come già detto prima, e non di qualche quattrino per viaggiare o mantenermi per l'estate, ma qualcosa di redditizio. Sapevo che una casa editrice molto rinomata era interessata ad un possibile episodio autoconclusivo del mio manga ma mi mancavano le idee; non idee qualunque, no, non era il mio stile. Necessitavo di idee realistiche, e sappiamo benissimo che il realismo nelle opere nasce dall'esperienza, no? Così avevo deciso di partire e vivere qualcosa di reale.
Cercando su internet – con quel poco che me ne rimaneva, visto che la scadenza della promozione era prossima e io non avevo il becco di un quattrino per rinnovarla – mi ero imbattuto in una storia molto interessante. C'erano parecchie testimonianze di persone che avevano avvistato o percepito una strana presenza nei boschi al di sopra di Chiavenna, dove scorre il fiume Liro. Inoltre, a completare il quadretto misterioso, innumerevoli persone erano scomparse dopo essersi avventurate nei boschi della valle e non erano mai più state ritrovate; di loro nemmeno l'ombra. Questo accadeva da otto anni e nessuno aveva mai saputo darne una spiegazione. Gli abitanti avevano detto di aver sentito urla umane di disperazione e dolore e di aver avvistato qualcosa muoversi durante la notte in più occasioni. La polizia aveva effettuato ricerche delle persone scomparse, ma non era stato trovato nulla. Sembrava quasi evaporassero una volta entrate nei boschi dopo istanti di immenso dolore. Per colpa di questi avvenimenti nessuno osava avventurarsi più nella zona ormai, lo sapevano tutti, veniva persino insegnato ai bambini: quei boschi dovevano essere evitati da qualsiasi persona sana di mente... Tranne me, ovviamente: quella era infatti la mia meta.
Durante la mia seconda mattina di permanenza decisi di recarmi al Caffè Pestalozzi, un bar che aveva dei graziosi tavoli all'aperto tenuti all'ombra da dei tendoni bianchi. Il mio programma consisteva nel prendere un pullman per salire più su tra le montagne nel primo pomeriggio, ma avevo bisogno di prendermi un buon cappuccino e di fare delle ultime ricerche su internet.
Ordinai il cappuccino e qualche dolce e mi sedetti ad aspettare. Poggiai sul tavolo la mia fedele macchina fotografica, un quaderno per gli appunti, una biro e iniziai a fare le mie ricerche su internet, pensando a quanto fosse bello il silenzio e la tranquillità di quel luogo.
– Ma non mi dire! – Esclamò un'acuta voce femminile alle mie spalle.
Mi girai e vidi la cameriera, immobile a due tavolini di distanza, che teneva la bocca aperta e gli occhi sgranati mentre reggeva il vassoio col mio ordine. Solo dopo qualche secondo mi resi conto che la ragazza mi aveva parlato in giapponese.
– Rohan Kishibe... Il maestro Rohan Kishibe... Qui? Proprio qui? – Chiese con voce sorpresa.
Sbuffai silenziosamente. Non avrei mai immaginato di essere riconosciuto anche in una piccola città di montagna come quella, così lontano da casa.
– D'accordo, ti farò l'autografo, però poi mi lasci in pace, ok? Niente foto, mi dispiace. – Le dissi, convinto che fosse proprio quello che voleva, viste le innumerevoli precedenti esperienze.
La ragazza si avvicinò e poggiò sul tavolo il cappuccino, i biscotti ed un croissant. Sollevai lo sguardo verso di lei e la sua espressione mi sorprese: le labbra sottili erano piegate in un sorriso beffardo e i suoi occhi castani brillavano. La spilletta che recava sulla spallina del grembiule bordeaux mi suggerì che il suo nome era Cherie, ed il suo viso tondeggiante e pallido, sul quale cadeva qualche ciocca mossa di capelli arancioni, che era giovanissima.
– Non mi pare di aver accennato ad alcun autografo o fotografia. – Mi disse, lasciandomi esterrefatto. Era la prima volta che qualcuno mi riconosceva e si comportava così.
– Oh, beh, ho seguito la prassi. Contento di essermi sbagliato. Grazie, buon lavoro. – Decisi di troncare la cosa sul nascere perché non mi piaceva affatto quel bagliore nei suoi occhi: erano occhi curiosi, quelli, ne avevo visti abbastanza per saperli riconoscere. Dopotutto lo erano anche i miei. E poi avevo cose ben più importanti da fare in ogni caso. Ripresi a picchiettare lo schermo del telefono, ma poco dopo fui costretto ad alzare lo sguardo su quello che non aveva smesso di pesarmi addosso. La ragazza era ancora lì, vassoio sulla pancia, che mi guardava.
– Posso farti solo una domanda, Maestro? E posso parlare informalmente, vero? – Mi chiese sorridendo.
La guardai truce. Se era una mia ammiratrice, cosa che dedussi dall'appellativo maestro, doveva sapere del mio carattere non esattamente garbato.
– Avanti, chiedi. Ma solo una domanda, sono piuttosto impegnato. –
Cherie prese un breve respiro. – Mi chiedo solo cosa ci possa fare niente meno che Rohan Kishibe in una città come questa. Insomma, Rohan Kishibe in vacanza qui? – Ridacchiò brevemente. – Non è possibile. –
– Se sono qui non è poi tanto impossibile. Sono in vacanza, ogni tanto me lo concedo. E perché non qui? Pensavo che avrei avuto un po' di pace e che nessuno mi avrebbe riconosciuto. – Marcai la voce sull'ultima frase, sperando capisse l'antifona.
La ragazza tirò indietro la testa con espressione confusa. – Non avevi detto di essere piuttosto impegnato? –
Il mio sguardo divenne truce ancora una volta. – Non avevi detto una sola domanda? –
Cherie chinò la testa. – Hai ragione. È solo che, ecco, so che sei uno in costante cerca di ispirazione per i tuoi manga.... Io sono nata e cresciuta in Giappone, ma sono tornata qui da mia madre tantissimi anni fa, conosco bene Chiavenna e dintorni. Se vuoi posso darti qualche dritta, consigliarti qualche posto interessante. –
Si fermò, spostando lo sguardo ora allarmato verso qualcosa alle mie spalle. L'istinto mi disse di girarmi, ma subito lei riprese a parlarmi. – La mia capa mi guarda male. Senti, se hai bisogno di qualsiasi cosa non esitare a farmelo sapere, okay? Aiutarti sarebbe un sogno. Alle undici staccherò dal turno, mi troverai al ponte sul fiume se hai bisogno. –
Dopo avermi fatto sorriso ed un breve inchino scappò alle mie spalle, verso l'interno del bar.
Sospirai. D'accordo, non era una novità che fossi un tipo che viaggiava parecchio per cercare l'ispirazione, ma come aveva fatto ad azzeccare tutto? Bevvi un sorso del mio cappuccino, cercando di farla uscire dai miei pensieri. Avevo già qualcosa di interessante su cui indagare, non avevo assolutamente bisogno di lei. Non avevo bisogno di nessuno.
Cercai di riprendere le mie ricerche, ma quella ragazza si era insinuata nella mia mente e come una pulce non riuscivo proprio a staccarla. Continuavo a chiedermi se sapesse qualcosa riguardo alla strana presenza nei boschi; se viveva qui da anni, sicuramente doveva saperne qualcosa, e forse qualche sua dritta si sarebbe rivelata utile per la mia ricerca. Combattei questo pensiero per tutta la mattinata, tra una ricerca e l'altra, ma alla fine la curiosità cedette. Dovevo chiederle qualcosa a riguardo, e così, attento a non alzarmi dal tavolo alle undici puntuali per orgoglio, mi incamminai verso il ponte sul fiume Mera.


Terrori nel boscoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora